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Il tetto al contante? Prima che illiberale è inutile

La Lega presenta una proposta di legge per portare il limite consentito dei pagamenti in contanti a 10mila euro e Giorgia Meloni difende l’iniziativa? Apriti cielo. Il centrodestra sta con gli evasori, si fa un regalo ai farabutti, è una beffa per i cittadini onesti che versano le tasse. Ora, partiamo dal presupposto che raramente una persona normale si presenta dal concessionario con 10mila euro in tasca per comprare un’auto e che sicuramente il fisco riesce più facilmente a tenere sotto controllo il nostro reddito se può sbirciare nei movimenti dei conti correnti. Ma basta questo per limitare la nostra libertà, per impedirci di scegliere se pagare commissioni bancarie, costi del bancomat o canoni di connessione a internet, per imporci di rinunciare alle nostre abitudini? Secondo la Bce «la possibilità di pagare in contanti rimane particolarmente importante per taluni gruppi sociali che, per varie legittime ragioni, preferiscono utilizzarlo al posto di altri strumenti di pagamento». Il contante inoltre, prosegue la Bce, "è un mezzo di pagamento che consente di regolare istantaneamente un’operazione ed è l’unico metodo di regolamento in denaro per il quale non sussiste la possibilità giuridica di imporre tariffe per il suo utilizzo". Insomma, c’è più di un buon motivo per non limitarne l’uso. Resta il problema dell’evasione. Molte istituzioni finanziarie convergono sulla tesi che più si usano i pagamenti elettronici e meno nero c’è. Bene, vediamo ciò che è successo in Italia confrontando il tetto al contante con il tax gap calcolato tutti gli anni dal Mef. L'ufficio studi di Unimpresa ha preparato una tabella che non lascia dubbi. Il livello massimo di evasione fiscale si è registrato dal 2012 al 2014, quando la soglia per i pagamenti cash era la più bassa della storia, a 1.000 euro. Mentre quando era a 5mila, nel 2010, i soldi sottratti al fisco hanno raggiunto il livello più basso. La sostanza è che il tetto, ancor prima che illiberale, è inutile.

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