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Tatjana Rojc, la senatrice in prestito dal Pd agli "europeisti" responsabili: "La destra non deve vince, l'ho fatto per papà nel lager"

La senatrice del Pd Tatjana Rojc passa dal Pd agli "europeisti", i responsabili che stanno facendo di tutto per tenere in vita Giuseppe Conte. Ci mancava il "prestito" in questa folle, imbarazzante crisi di governo: dal mercato delle vacche ora siamo al vero e proprio calciomercato in Parlamento, per giunta alla luce del sole. L'onorevole di origine slovena esce "temporaneamente" dal Partito democratico per consentire al gruppo europeista di nascere, in mancanza di numeri in Aula. "Non mi sono proposta io - ha spiegato candidamente al Corriere della Sera -, è una cosa di cui ho parlato con il mio partito, Marcucci e Zingaretti (rispettivamente capogruppo dei senatori dem e segretario, ndr), e abbiamo deciso che, se era necessario, potevo spostarmi, provvisoriamente".

L'ipotesi del Conte Ter sta in piedi soltanto se il premier presenterà a Sergio Mattarella, in questo giro di consultazioni, numeri certi in Parlamento e una maggioranza più solida di quella di prima. Nelle ultime ore ai "costruttori" si è aggiunto il forzista Luigi Vitali (che però ora parla di "nessun appoggio politico a Conte, solo confronto sulla giustizia". Si vedrà) ma ci sono varie defezioni a cominciare da quella clamorosa di Sandra Lonardo (per questioni di simbolo e di orgoglio di famiglia) e addirittura il "nuovo Razzi" Lello Ciampolillo si dice incerto se entrare tra i neo-contiani o meno. Urgono dunque rinforzi: "Martedì sera ero a casa e stavo preparando il discorso per i 100 anni del Pci - rivela la Rojc -. Io non sono comunista. Sono una letterata. Mi sono iscritta al Pd perché credo che la politica sia una cosa importante". Come da tradizione comunista, vince il senso di lealtà al partito: "Innanzitutto credo che Conte abbia fatto bene e sarebbe assurdo andare al voto in piena pandemia". La vera motivazione del suo sostegno ai responsabili, però, forse è un'altra: "Per non far vincere la destra. È il Giorno della Memoria. Mi è venuto in mente mio padre. Lui è stato deportato in Germania, a Dachau. Dopo la guerra è tornato a casa a piedi. Non ha mai voluto raccontarmi niente di quello che è successo lì. Mi ha solo detto che lo hanno fermato per questioni razziali". "Ecco - prosegue -, pensando a mio padre, al Giorno della Memoria, al razzismo, mi sono detta che in questo momento la politica doveva essere responsabile". Un bel salto pindarico, non c'è che dire.

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