Roma, (askanews) - "Il penitente" di David Mamet in scena all'Eliseo è un testo recentissimo che lo stesso Luca Barbareschi, protagonista e regista, ha tradotto. Un lavoro affascinante in continua evoluzione, spiega: "Ci lavoro ogni giorno, sono 180 pagine di scrittura. E' un viaggio affascinante perché mamet è molto criptico. Il buon teatro è sempre difficile da leggere, come Cechov; il teatro bello da leggere è quello letterario, ma è il più noioso in scena perché la regola numero uno è che l'attore non racconta mai la storia, l'attore recita". "Il massimo della libertà - prosegue Barbareschi - sta nella limitazione. Io sono musicista, non ho mai pensato di cambiare le note. Quello che conta è l'interpretazione; le variazioni Goldberg di Glenn Gould sono una cosa, fatte da un pianista di piano bar sembrano lo scioglilingua di un cretino. Muti, Abbado, Karajan non hanno mai campiato una virgola del Requiem di Verdi eppure ognuno di loro lo intepreta diversamente. Questo vale per la grammatica della scrittura. In 44 anni io non ho mai "riscritto" nulla. Perché riscriverlo? E' già scritto".
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