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Ecco le ‘prove' dei viaggi dei romani fino in America

Gli scambi tra il Mediterraneo e l'America in epoca romana sono provati anche dalle numerosissime rappresentazioni di ananas ritratti in mosaici, pitture e sculture di età Imperiale

Maria Rita Montebelli
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Le navi romane erano attrezzate per lunghe navigazione ed erano in grado di raggiungere le sponde del continente americano: potevano, infatti, navigare controvento ed erano “rinforzate” in piombo per affrontare in sicurezza le traversate transatlantiche. La loro velatura, in particolare, era strutturata per la navigazione di bolina sfruttando il vento contrario. La scoperta di questo dettaglio è dello studioso e divulgatore scientifico Elio Cadelo che ha dedotto la presenza del fiocco di prua nella rappresentazione di numerose navi romane ritratte nei bassorilievi di diverse città romane tra cui Leptis Magna. Le nuove prove sui viaggi dei romani in America sono contenute nell'ultima edizione del volume di Elio Cadelo “Quando i Romani andavano in America – Scoperte geografiche e conoscenze scientifiche degli antichi navigatori”, appena uscita in libreria per Palombi Editore (pagine 325, euro 15) che confermano che in epoca romana ci furono contatti e scambi tra le due sponde dell'Oceano Atlantico. Ma non basta. Nell'ultima edizione vengono descritte navi greche e romane, recentemente portate alla luce dagli archeologi sia in Italia sia in Francia, che erano “foderate” di piombo. Una scoperta che ha lasciato di stucco gli archeologi e che dimostra che queste navi erano destinate a lunghi periodi di navigazione e che erano in grado di raggiungere l'America. E le prove di questi scambi tra il Mediterraneo e l'America in epoca romana sono nelle numerosissime rappresentazioni di ananas ritratti in mosaici, pitture e sculture di età Imperiale. Questo frutto, che nelle case romane costituiva un lusso da esibire, poteva provenire solo dall'altra sponda dell'Atlantico poiché è originario del centro America. Da tempo Elio Cadelo aveva acceso l'attenzione sullo spostamento in età romana di numerose piante di origine americana in Europa e tra queste, oltre all'ananas, ritratta in numerosi mosaici di età imperiale, sono stati identificati numerosi frutti tropicali tra i quali la Anona squamosa, detta anche “mela di zucchero”, frutto originario e tipico delle coltivazioni mesoamericane. Per non parlare del mais, una pianta di sicura origine americana, le cui pannocchie sono descritte già da Plinio il Vecchio nella Storia Naturale 1500 anni prima della scoperta del Nuovo Mondo e del girasole i cui semi sono stati ritrovati in una imbarcazione del I° secolo affondata al lardo dell'Isola del Giglio. I Romani, quindi, andarono in America molto prima di Cristoforo Colombo. La tesi, da tempo sostenuta da Elio Cadelo, ha aperto un ampio dibattito nella comunità scientifica. Infatti, sono numerose le pubblicazioni che hanno seguito le ricerche di Cadelo che in quest'ultima edizione si arricchisce di una importante parte dedicata alla cartografia romana. Anche in questo campo i Romani dimostrarono una incredibile attenzione alle scienze riuscendo a perfezionare la cartografia e migliorando le loro conoscenze geografiche. Le prove dimostrano che i Romani avevano realizzato carte geografiche e portolani estremamente precisi che furono la base delle carte geografiche del ‘500. Infatti, riguardando con attenzione la mappa del Mondo di Claudio Tolomeo si scopre che nel II secolo era già indicata la costa dell'America del sud. (IS. SER.)

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