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Patrimoni, persi 11.400 euro a famiglia

Enrico Letta e Mario Monti

Matteo Legnani
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Undicimilaquattrocentoquaranta euro di patrimonio per ogni famiglia sono andati bruciati tra la fine del 2011, quando si insediò il governo Monti, e il giugno dell'anno in corso. L'aggressione dello Stato alla ricchezza dei nuclei familiari privati, che è anche l'unica vera ricchezza dell'Italia, si è fatta più cruenta negli ultimi anni. La conferma arriva dalle tabelle della Banca d'Italia sulla ricchezza delle famiglie italiane, contenute nel recente supplemento al Bollettino statistico. I calcoli tra la fine del 2011 e i dodici mesi successivi sono ufficiali. Per i primi sei mesi dell'anno in corso mancano invece numeri definitivi. «Secondo stime preliminari», scrive comunque Bankitalia, «nel primo semestre del 2013 la ricchezza delle famiglie sarebbe ulteriormente diminuita rispetto alla fine del 2012», segnando un calo in termini nominali pari all'«uno per cento» rispetto al dicembre precedente.  Il risultato fa paura. Alla fine del 2011 la ricchezza netta complessiva delle famiglie italiane era pari a 8.776 miliardi di euro. Un anno dopo era scesa a quota 8.542 (il raffronto è fatto a prezzi costanti 2012). In appena dodici mesi 234 miliardi se ne erano andati in fumo: il 2,7% del totale. La successiva diminuzione pari all'1% circa, segnata nel primo semestre del 2013, aggiunge altri 85 miliardi all'ammanco. Trasportato nelle contabilità delle singole famiglie, significa che la ricchezza netta di ogni nucleo è scesa dai 365.341 euro della fine del 2011 ai 357.476 euro del dicembre 2012. Un impoverimento di 7.865 euro, che a giugno 2013 è salito a circa 11.440 euro. A questa cifra, dunque, ammonta la distruzione del patrimonio della famiglia media italiana dal mese seguente all'insediamento di Mario Monti a palazzo Chigi sino al terzo mese successivo all'entrata in carica del governo Letta.  A livello pro capite, la ricchezza è scesa dai 147.754 euro del dicembre 2011 ai 143.124 della fine del 2012, sino ai circa 141.693 euro del giugno 2013 (sempre considerando per i primi sei mesi dell'anno un calo pari all'1%). In appena un anno e mezzo, dunque, il patrimonio dell'italiano medio si è contratto di 6.061 euro. La tabelle della Banca d'Italia non si addentrano nelle cause “politiche” dell'impoverimento. Che però non sono difficili da individuare. Il primo responsabile è il fisco. La causa principale della diminuzione della ricchezza delle famiglie va trovata nel crollo dei prezzi del mattone. «Alla fine del 2012», scrivono gli economisti di via Nazionale, «la ricchezza abitativa detenuta dalle famiglie italiane superava i 4.800 miliardi di euro; tale valore registrava una flessione del 3,9 per cento rispetto all'anno precedente (-6 per cento in termini reali)». A partire da quell'anno il prezzo di mercato degli immobili è stato depresso dall'introduzione dell'Imu sulla prima casa, anticipata «in via sperimentale» (grazioso eufemismo) dal governo Monti. Gli effetti del fisco si sono sommati così a quelli della crisi economica. Processo che è continuato nell'anno in corso: «Secondo i dati dell'Istat», avverte la Banca d'Italia, «nella prima metà del 2013 i prezzi degli immobili sono diminuiti del 2,1 per cento rispetto alla fine del 2012». L'altro impatto, il fisco l'ha avuto sulla capacità delle famiglie italiane di mettere soldi da parte. Sotto la voce «risparmio», infatti, i conteggi fatti a via Nazionale tengono conto della variazione del patrimonio dovuta ai trasferimenti in conto capitale, che comprendono le imposte sul patrimonio, incluse quelle sulle donazioni e le successioni. Nel 2012, per il settimo anno consecutivo, gli italiani hanno risparmiato meno del precedente, riuscendo a mettere da parte 36 miliardi di euro; per avere un raffronto, alla fine degli anni Novanta la capacità di risparmio delle famiglie ammontava a cento miliardi di euro attuali. Se non intervengono colpi di scena, il finale della storia è già scritto. Soprattutto a causa delle imposte, gli italiani riescono a risparmiare sempre meno. E per colpa della pressione fiscale che grava sulle case, il valore del patrimonio immobiliare delle famiglie si riduce ogni anno di più. In un Paese caratterizzato da un settore pubblico indebitatissimo, la ricchezza privata è l'unico asset che fa la differenza con i Paesi realmente poveri. La scelta di aggredire gli assi ereditari provenienti dalle generazioni passate, di trasferire ogni anno quote di patrimonio dal privato al pubblico, che le usa per finanziare la spesa corrente, cioè per bruciarle, è la peggiore che un governo possa prendere, perché impedisce il passaggio di questo patrimonio alle prossime generazioni e le condanna a un futuro di miseria. di Fausto Carioti

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