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Donne jihadiste: colte e ben inserite per diffondere il seme della Guerra santa

Giulio Bucchi
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Quanto l'ideologia e la fede possono influire sul comportamento umano? Una domanda alla quale non è facile rispondere anche se, quasi quotidianamente ormai, network di tutto il mondo denunciano l'allarmante fenomeno delle donne che abbracciano la jihad come scopo di vita. Dal 2013, infatti, sono centinaia le europee e le nordafricane che abbandonano famiglia, lavoro, studi per combattere gli "infedeli". Jihad al nikah – Nel 2013 l'Occidente conosce una nuova dimensione della jihad, quella del sesso, la jihad al nikah. Nel maggio dello stesso anno il network iraniano Alalam.ir riporta la notizia del rapimento di tremila ragazze tunisine, finite nelle mani dei miliziani al Nusra, braccio operativo di Al Qaeda in Siria. Ostaggi? No, mogli da sposare per poi ripudiare. Una prassi sconvolgente, ma nel contempo, vecchia come il mondo: il soldato in prima linea che desidera il calore di una donna. E che, nel caso in questione, viene accontentato con giovani musulmane, talvolta neanche ventenni. Pochi mesi dopo il servizio di Alalam.ir, la televisione tunisina Eretz Zen trasmette un'intervista rilasciata da un combattente qaedista, secondo il quale affianco alle rapite ci sarebbero anche decine di "volontarie" provenienti da Europa, Russia e Cecenia. Una realtà confermata dalle autorità della Tunisia in una relazione presentata alla National Constituent Assembly, a seguito dell'arresto di donne rientrate in patria dopo aver servito la causa di al Nusra. Compagne e guardiane – Siria ma anche Iraq, altro teatro operativo nel quale la jihad al nikah è praticata a beneficio del Califfato islamico. Donne che contraggono matrimonio e vengono subito ripudiate per potersi risposare con un nuovo marito, pratica che consente ad una moglie di avere più sposi, senza rendersi colpevole del peccato di adulterio e di prostituzione. Non solo il corpo come sostegno alla guerra: è notizia di poco più di un mese fa che duecento donne europee, in gran parte britanniche, abbiano costituito una brigata di polizia religiosa, la Al Khansaa al servizio del Califfo Abu Bakr al Baghdadi, alla quale spetta il compito di controllare che le leggi sulla morale e il costume siano rispettate. Da studentesse a jihadiste – La propaganda e la raccolta di informazioni rivestono nella jihad un ruolo importante, che trova un valido alleato. Lo dimostrano i recenti casi di adolescenti francesi e inglesi finite in Irak via Turchia, convinte a raggiungere il campo di battaglia da coetanei che raccontano con orgoglio la propria esperienza al fronte.  Età media, secondo i ricercatori del King's College di Londra, non superiore ai vent'anni, brave a scuola e di buona famiglia. Ma cosa può spingere una persona nata in un contesto culturale e familiare occidentale ad abbracciare la causa del Califfato? Da Cambridge a Raqqa - "Fate di casa vostra il campo di battaglia", scrive Aqsa Mahmood, studentessa modello britannica, rivolgendosi alle amiche in patria. Una storia, la sua, che pare ricalcare quelle di Kim Philby, Donald Maclean, Anthony Blunt, John Cairncross, Guy Burgess, brillanti allievi di Cambridge, rampolli dell'alta società inglese che, nel 1934, diventano spie sovietiche. Per circa trent'anni i giovani agenti forniscono al Cremlino importanti informazioni militari. Inoltre, i Cambridge five erano animati dal rifiuto per gli standard e per lo stile di vita inglese nel quale erano nati e cresciuti. L'Unione Sovietica si prospettava come un traguardo per il quale arrivare a tradire il proprio paese. E' ipotizzabile che lo stesso senso del rifiuto animi, oggi, le scelte di Aqsa e delle sue coetanee. Ed è anche plausibile che l'Isis, come l'NKVD, ricorra a persone colte e ben inserite per meglio veicolare i precetti della jihad in Europa e negli Usa. di Marco Petrelli @marco_petrelli                             

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