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La città dei banchierinon paga l'Imu

Le Fondazioni in molti casi non pagano nulla sulle rendite catastali perché gli immobili servono ad "attività filantropiche"

Franco Bechis
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  Sulla carta è una piccola città nascosta al fisco italiano e inaccessibile perfino ad Equitalia. Una cittadina fatta di 1.572 fabbricati e 712 terreni, alcuni anche di proporzioni notevolmente estese. È una sorta di città della cuccagna italiana, perchè è uno fra i pochi luoghi inaccessibile allo spauracchio fiscale degli italiani, quella Imu che adesso molti cittadini tornano a pagare con la dichiarazione dei redditi anche sulla prima casa con aliquote aumentate alle stelle.  La cittadella è in realtà sparsa un po' in tutta Italia, perchè si tratta delle partecipazioni immobiliari dirette di tutte le fondazioni bancarie. Quelle grandi e grosse che sono dietro ai principali gruppi del credito italiano, come la Fondazione Cariplo e la Compagnia di San Paolo di Torino (Banca Intesa-San Paolo) o la fondazione della cassa di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona (Unicredit). Ma ci sono anche le piccoline, nate alle spalle di una cassa di risparmio locale talvolta inglobata in gruppo più grande, altre volte rimasta solitaria sul territorio di origine.  Le fondazioni hanno ben più di quei 1.572 immobili censiti dalla banca dati dell'Agenzia del catasto, perchè molte di loro hanno costituito società immobiliari strumentali. Queste ultime però non possono beneficiare di alcuna esenzione totale ai fini dell'Imu e quindi non sono state considerate nel calcolo della cittadella a prova di fisco. Anche per i 1.572 immobili il regime fiscale è diversificato.  Super ombrello Alcuni godono solo di agevolazioni comuni ai palazzi storici, perchè le fondazioni bancarie spesso hanno la sede principale nei palazzi originari delle banche poi confluite in grandi gruppi. Sono esentasse, e quindi non pagano un centesimo di Imu, tutti gli immobili utilizzati dalle fondazioni per quella che loro chiamano «l'esercizio dell'attività filantropica», e cioè per finalità sociali e culturali come non si stanca di precisare il direttore generale dell'Acri, Giorgio Righetti. Questo è il punto più controverso della vicenda, che in queste settimane ha alimentato numerose polemiche. Perchè il fine dell'utilità sociale e dello sviluppo del territorio assegnato alle fondazioni per renderle omogenee a tutti gli enti non commerciali, si trasforma inevitabilmente in un ombrello assai largo per mettere al riparo dello sguardo indiscreto del fisco troppe attività.  Agevolazioni fiscali per altro sono già previste dalla legislazione vigente per gli investimenti nelle attività stesse, e a questo vantaggio che già premia la quota di patrimonio investita in utilità sociale, si aggiunge in modo meno comprensibile anche l'esenzione Imu per l'immobile strumentale. Le polemiche sul regalo alle Fondazioni bancarie si sono moltiplicate quando nell'aprile scorso il governo di Mario Monti ha bocciato un emendamento parlamentare trasversale che sopprimeva l'esenzione Imu per le fondazioni, sostenendone l'incostituzionalità e proteggendo i banchieri piuttosto degli anziani ricoverati in ospizio, che verranno invece tassati sugli immobili di proprietà.  Monti ha sostenuto che è impossibile per il fisco raggiungere la cittadella della cuccagna bancaria, perchè si farebbe loro torto rispetto agli altri enti non commerciali: enti religiosi, onlus, associazioni (come l'Arci) varie. Certo per provare la reazione della Corte costituzionale di fronte a questa presunta disparità, bisognerebbe provare a tassare le fondazioni bancarie. Prima si incassa e poi si vede. Una differenza rispetto a tutti gli altri enti non commerciali è evidente non solo al cittadino comune. Gli enti non commerciali non hanno modo di fare soldi per altra via, quindi si detassa una attività benefica a chi non ha entrate diverse dalla generosità dei propri associati e benefattori.  Le fondazioni bancarie, nonostante lo spirito originario della legge che diede loro vita fosse quello di separarle definitivamente dagli istituti di credito, hanno ancora floride partecipazioni nelle banche conferitarie. È cosi nella stragrande maggioranza dei casi: delle 88 fondazioni esistenti solo 18 non hanno partecipazioni negli istituti di credito. Per 70 è ancora così. E di queste 15 hanno ancora la proprietà assoluta della banca (più del 50% diretto). Le altre 55 hanno partecipazioni inferiori alla maggioranza, ma di fatto sono le padrone delle banche unendo le loro partecipazioni (caso lampante quello di Unicredit). Forti coi deboli... Nel 2010 dalle loro partecipazioni bancarie, in un anno definito di crisi, le fondazioni hanno ricevuto proventi per 1,98 miliardi di euro. Quale ente religioso, quale associazione benefica, quale onlus può contare su questa entrata annuale (nel 2009 ammontava a ben più di 2 miliardi) per avere diritto alla detassazione Imu in aggiunta alle agevolazioni fiscali già previste per gli investimenti di utilità sociale?  La vera disparità che la Corte costituzionale dovrebbe sanare è proprio questa. Riportando la cittadella della cuccagna sotto l'alveo del fisco.  E tassando con l'Imu (che poi non sarebbe una tragedia: porterebbe via loro una decina di milioni di euro) tutti gli immobili delle fondazioni bancarie indipendentemente dalla attività ivi svolta. E avrebbe dovuto farlo il governo per primo. Impossibile però chiederlo a Monti, il premier portato a palazzo Chigi dalle banche e dalla grande finanza.  Hanno sempre più ragione quelli che descrivono un governo tecnico duro e forte con i deboli, debole e impaurito con i forti. di Franco Bechis  

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