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Bernardo Caprotti, dopo 13 anni di lotta mister Esselunga abbatte il muro rosso di Livorno

Andrea Tempestini
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In principio fu il “no”. A pronunciarlo la giunta di sinistra che 13 anni fa governava Livorno. Un no ribadito successivamente anche durante il governo del penultimo sindaco di Livorno, Alessandro Cosimi, il protagonista della grande disfatta del Pd, quella che ha visto salire Filippo Nogarin e il Movimento 5 stelle sugli scranni di palazzo comunale. Tant'è: dopo quasi tre lustri, l'Esselunga sbarca nella città più rossa del Granducato. Ce ne è voluto di tempo perché il patron della catena di supermercati italiani, Bernardo Caprotti, vincesse la sua battaglia. Ma alla fine ce l'ha fatta, contro tutto e tutti, soprattutto contro Legacoop e le sue cooperative, accusate più volte da lui stesso di manovrare il potere politico in alcune zone. Un evento storico, così incredibile che qualcuno, nel centro abitato toscano, ha sarcasticamente detto che “Berlinguer potrebbe rivoltarsi nella tomba”, visto che Livorno è storicamente culla della sinistra, città in cui, all'allora teatro San Marco, nacque il Partito comunista italiano. La notizia è stata presa un po' come il crollo del muro di Berlino, dai livornesi, che però già si mostrano curiosi di provare la concorrente di Coop. Ad annunciare l'arrivo di Esselunga è stato il sindaco Nogarin, che ha spiegato che il supermercato si estenderà su una superficie di 4mila metri quadri e sarà realizzato nell'area ex Fiat di viale Ippolito Nievo. «Riqualificheremo l'intera area - ha chiarito il sindaco - e l'investimento porterà circa 200 nuovi posti di lavoro a tempo indeterminato. C'è inoltre un accordo con Esselunga affinché possa utilizzare il polo ortofrutticolo e il mercato ittico livornese per l'approvvigionamento dei supermercati toscani. Abbiamo risolto anche le preoccupazioni dei commercianti del quartiere in cui verrà realizzato il supermercato, eliminando - ha proseguito - le fidelity card e battendo una moneta alternativa che potrà essere spesa soltanto nei negozi del quartiere. Così il polo di attrazione di Esselunga sarà anche attrattivo per gli stessi commercianti». Gli store di Caprotti in Toscana erano 29 e solo a Livorno non erano ancora approdati. Come si ricorderà, la battaglia era cominciata 13 anni fa. Nel 2010 sembrava cosa fatta. Il gruppo stava per acquistare un terreno dalla famiglia Fremura. Offrì 40 milioni di euro, contro i 30 di Unicoop, che stranamente vinse. Caprotti allora comprò uno spazio su tutti i quotidiani italiani facendo scrivere: «Coop ha appena acquistato l'unico sito disponibile per un supermercato da 2.550 metri quadrati nella città di Livorno, terreno per anni trattato da Esselunga». I Fremura archiviarono in fretta la questione dicendo che in realtà l'accordo era stato fatto prima con Unicoop, ma Caprotti specificò che Legacoop, Conad e Coop a Livorno avevano il 72,2% delle proprietà dei supermercati. Stessa cosa a Modena, dove le cooperative rosse, secondo i dati, nel 2010 ricoprivano l'88,1% delle superfici di vendita. Caprotti, tenace fino in fondo, ha continuato a combattere fino a che non l'ha avuta vinta. Ma per averla vinta gli è servito un cambio di rotta nella città tra le più rosse d'Italia. In passato di battaglie il fondatore dei supermercati Esselunga ne ha già combattute e vinte tante. A La Spezia, in primis, dove riuscì ad aggiudicarsi un'apertura in una regione a monopolio Coop. E non si è arreso neanche a Genova, dove Coop Liguria da sempre gli fa la guerra. Così come a Modena, dove ha rischiato di perdere 24 miliardi di lire per un terreno poi reso inutilizzabile da un accordo tra Coop Estense e vari altri poteri forti. Si rivolse all'Antitrust e riuscì a prevalere. Coop Estense fu costretta a pagare una multa salatissima, che raggiunse la cifra di 4,6 milioni di euro. Con l'apertura di Esselunga a Livorno, il patron della catena milanese di supermercati sigla un cambiamento vero e proprio. Sulla vicenda e sul monopolio delle coop rosse in Italia Caprotti scrisse anche un libro: “Falce e carrello”. Oggi, a Livorno, è rimasto il carrello. La falce è stata sotterrata sotto le macerie del Pd. di Chiara Giannini

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