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Berlusconi, perché il ricorso a Strasburgo può cancellare la condanna Mediaset

I dubbi sollevati sulla legge Severino potrebbero anticipare un punto molto più importante: le presunte violazioni patite dal Cav nei Tribunali italiani

Giulio Bucchi
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«Ritengo che il ricorso a Strasburgo di Berlusconi sulla retroattività della legge Severino sia propedeutico ad un ricorso molto più importante, sulle presunte violazioni perpetrate nel corso del processo». Nel suo ufficio milanese di corso di Porta Vittoria, l'avvocato Fabio Schembri non ha dubbi su quale possa essere l'ultima arma usata dal Cavaliere dopo la condanna per frode fiscale: «Contestare la violazione dell'articolo 6 della Convenzione per i diritti dell'Uomo, quella sui diritti all'equo processo». L'articolo 6 della Convenzione è diviso in due parti. Una riguarda la lentezza processuale, l'altra le violazioni del diritto della difesa. Secondo i dati pubblicati dalla Corte di Strasburgo in una tabella che riassume le condanne comminate agli Stati europei dal 1959 al 2012, per lentezza processuale «vantiamo» 1.171 condanne (ogni condanna può riassumere anche decine di casi), ossia più del doppio della Grecia, dieci volte quelle della Germania, circa 100 volte di più della Spagna. Tuttavia sono numerosissime anche le condanne per violazione dell'equo processo: ben 249, otto in meno della Francia, che in compenso è assai più rapida nel giungere a sentenza. Il resto dell'Europa occidentale è lontana anni luce (18 condanne la Germania, 35 la Spagna) e per trovare dati simili bisogna andare in Romania, Russia e Turchia. Per molti decenni vincere una causa a Strasburgo contro l'Italia per processo non equo significava semplicemente ottenere un indennizzo da parte dello Stato. Finchè, nel 2011, la Corte Costituzionale ha emesso una sentenza storica. Tutto cominciò per la causa vinta da un cittadino contro l'Italia nel 1998. Si chiama Paolo Dorigo ed era stato condannato per un attentato alla base di Aviano. Ad incastrarlo erano state le testimonianze di due persone, che però non erano mai arrivate in aula per il contraddittorio. Dopo diverso tempo, del caso fu interessata la Consulta. Ed ecco cosa è accaduto: «Con la sentenza 113» spiega Schembri «la Consulta ha stabilito l'illegittimità dell'articolo di legge sulla revisione processuale nella parte in cui non considerava le condanne di Strasburgo all'Italia tra i motivi di revisione. Prima in Italia la revisione di un processo si poteva fare solo per conflitto di giudicato – due colpevoli per lo stesso reato – o con nuove prove. Dal 2011 il processo può andare invece in revisione anche in caso di condanna all'Italia per violazione dell'articolo 6 sull'equo processo».   Come legale di Olindo Romano e Rosa Bazzi, i coniugi condannati per la strage di Erba, Schembri è stato probabilmente il primo ad inoltrare un ricorso del genere a Strasburgo a pochi mesi dalla sentenza della Consulta: «Lo abbiamo fatto per una serie di violazioni che la Convenzione fa presenti. Fra cui, ad esempio, il taglio di circa 70 testimoni. Ma un'istanza del genere può prendere in considerazione molteplici aspetti delle violazioni, dall'assenza di motivazioni fino alla parzialità di pubblica accusa e giudici. Dato che Berlusconi ha sempre lamentato una presunta non equità nel suo processo, la sede esatta per dolersene è proprio Strasburgo». I giudici a Strasburgo non sono ovviamente solo italiani. Fino ad oggi le numerose condanne inflitte all'Italia non hanno mai portato ad alcun riflesso sulle responsabilità dei magistrati che hanno commesso errori, dando luogo a processi «non equi». Tantomeno quando si è verificato un errore giudiziario o altro. Nemmeno in sede disciplinare. Racconta Stefano Zurlo ne «La legge siamo noi» (Piemme), che  tra il 1999 e il 2006, su 1.010 procedimenti disciplinari, 812 sono finiti con l'assoluzione o il proscioglimento; 126 con l'ammonimento, 38 le censure. Ma solo 22 volte c'è stato un vero provvedimento minimo (rallentamento di carriera) e 6 volte l'espulsione. Ventotto provvedimenti concreti su 1.010. Con l'eventuale ricorso di Berlusconi alla Corte Europea per i diritti dell'Uomo, gli scenari che si potrebbero aprire sarebbero solo due. Nel caso in cui il ricorso fosse respinto, la vita politica di Berlusconi sarebbe probabilmente terminata. Ma in caso di condanna all'Italia per processo non equo al leader di uno schieramento politico, cosa accadrebbe? «Il processo dovrebbe essere rifatto» conclude Schembri. di Edoardo Montolli

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