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Nicholas Farrell: "Minacce, furti, insulti. La Sicilia mi fa venire voglia di suicidarmi"

Eliana Giusto
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Ormai sono di una certa età e ho già visto non tutto, ovviamente, ma tanto. Nella mia vita mi sono successe delle cose che mi hanno tolto la voglia persino di vivere. È così. E ora è penoso dirvi una cosa, ma la dico lo stesso: la Sicilia, davvero così bella da vedere, è un posto desolante nella realtà. Ti ammazza. Sono stato sull'isola per seguire Matteo Salvini che da lombardo è venuto qui per pescare voti da terroni, ladri, parassiti, eccetera. Questo padano simpatico - a mio parere lo è - ha una visione interessante: creare un partito nazional-federalista piuttosto che un partito nazional-socialista. Ha scelto una strada diversa ad esempio dei nazionalisti scozzesi, o dei separatisti della Catalogna. E i siciliani, che cosa pensano di Salvini? Vedremo. Anzitutto oggi: il popolo siciliano va alle urne. Ma ecco quello che concludo io La Sicilia - e parlo da essere umano e non da professionista della politica chiaramente - mi ha fatto contemplare il suicidio. Sul serio. Per colpa di come è messa la Sicilia e per come sono messi i siciliani. Ma anche ovviamente per colpa di come sono messo io. La Sicilia insomma è lo specchio del mio - ma anche del vostro - lato peggiore. Suicidarsi, ma come? Bella domanda. Me lo sono chiesto giovedì mattina a Motta Sant'Anastasia, piccolo paese in provincia di Catania quando proprio lì, installato in un bar nella piccola piazza centrale - il Bar 102 - qualcuno mi ha rubato il cellulare. Che fine ha fatto il mio cellulare? Pazienza ragazzi, siamo in Sicilia, o no? Andiamo al sodo. Quale era il mio modo preferito di suicidarmi? Eccolo. IL PIANO - Rimanere proprio lì a Motta piantato in piazza come una zecca, da solo, con in testa il mio capello Panama da inglese «creativo» e con of course sempre davanti e me un calice di veleno-medicina, cioè, di vino. Senza mangiare. E così, dopo un paio di giorni, muoio come è morto Gustav Von Aschenbach, lo scrittore cinquantenne come me protagonista del romanzo del 1912 di Thomas Mann Morte, a Venezia. Da solo. Seduto in spiaggia. In un paese straniero. Lontano da casa sua. Davanti a tutti. Tutti sconosciuti. Vent' anni fa ormai, quando sono venuto a vivere qui in Italia fra i comunisti - nella rossa Romagna a Predappio - per scrivere una biografia di Mussolini Benito detto il Duce - questa cosa l'ho fatta non perché fascista ma perché avevo un sogno. Un sogno molto bello. Volevo trovare un modo di vivere diverso: quello mediterraneo. Che voleva dire, a mio parere, passione e sole. Mi sono sposato con una romagnola molto più giovane di me e abbiamo sei figli dai 14 anni in giù che sono dunque angloromagnoli. E sono bellissimi. C' è stata tanta passione e tanto sole e quei bambini ne sono la frutta ma. Ma pian pianino mi è stata tolta la poesia. E questa visita in Sicilia per seguire il lombardo ne è stata la prova regina. Consentitemi, dunque, cari amici italiani, di dire la mia da inglese, venuto qui fra di voi per causa di quel bel sogno: l'Italia è un Paese incantevole da visitare. Ma vivere e lavorare in Italia è un incubo. E la Sicilia ci spiega tutto. La Sicilia ha più di 20 mila forestali: più del Canada e dieci volte più del Trentino. Eppure la scorsa settimana ho fatto fatica a vedere anche un albero in questa terra bruciata dal sole e dove non cambia mai nulla. Si dice: chi vince in Sicilia, vince in Italia. Nel 1860, ci è venuto Giuseppe Garibaldi per «unire» l'Italia. Nel 1943, ci sono venuti gli anglo-americani per «liberare» l'Italia. Nel 2001, ci è venuto Silvio Berlusconi per «sedurre» da lì l'Italia e ha vinto tutti i 61 collegi siciliani. E poi nel 2012 - eh sì e ci mancherebbe - Beppe Grillo ha attraversato lo stretto di Messina a nuoto per mandare a quel paese i corrotti e incompetenti - mafia compresa. Adesso, invece, è venuto Salvini.  La scorsa domenica sera sono arrivato in Sicilia da Roma a Palermo con un volo Alitalia per seguirlo. Il taxista che mi portava in centro si chiamava Federico, 46 anni. Ci siamo fermati un attimo per strada nel punto dove nel 1992 era stato ammazzato dalla mafia il giudice Giovanni Falcone. Questo taxista era un grillino. Paga - mi diceva - mille euro di pizzo al mese alla mafia perché la sua famiglia ha una sala giochi. Era simpatico. A differenza del taxista successivo. Me l'hanno chiamato da un ristorante: dovevo trovare un hotel, ma alla fine anche un bancomat. E lui si è incazzato. Ed eccoci per strada a Palermo alle 3 di notte E lui che mi grida come un cane posseduto dalla luna piena: «Sei un coglione!». L'ha ripetuto tante volte. E poi (gridando alla notte, ai suoi amici mafiosi): «Sei un morto di fame!». «Ti ho visto prima all'aeroporto con il tuo cappello del cazzo!». «Ti porto in un posto ». Coglione. Morto di fame. Ecc. «Si calmi», ho detto. Ma avevo paura. Pazienza. Procediamo. NEL CAPOLUOGO - La mattina dopo becco Salvini e la sua troupe alla stazione di Palermo. Sta andando da Trapani a Agrigento in treno. Nove ore per fare 200 km. Ma poi a Favara, paese in collina in provincia di Agrigento che è senza acqua dal rubinetto, perdo Salvini. Devo rimanere in quel paese mentre lui va verso Scala dei Turchi. A tarda notte, riesco a partire anche io. Arriviamo a Scala dei Turchi sulla costa sud della Sicilia. In Sicilia lo Stato non c' è, quindi l' unico modo per viaggiare sono i taxi. Qui Salvini parla di alberghi trasformati in centri d' accoglienza per profughi. Procediamo. La strada statale - SS 115 - fra Agrigento e Gela è bloccata. Incidente. Aspetto lì nell'ennesimo taxi per una ora e torno indietro. A Licata. Mi fermo in un bar. La sera di Halloween. Dopo un po' mi rendo conto di un rogo feroce a 100 metri di distanza da me. Enorme. Apocalittico. Non c' entra il diavolo. I cittadini di quel paese lo fanno ogni giorno ormai da un bel po' - mi spiegano - perché le immondizie non vengono mai raccolte. Il giorno dopo riprovo a ritrovare Salvini con un altro taxi. Dopo un po', ci troviamo bloccati. Ancora. Per un'ora. Questa volta? Tutti i santi. Tutti al cimitero quindi che si trova sulla statale SS115. Pazienza. Alla fine becco Salvini a Catania, mercoledì, e mi invita a cena. In un bellissimo ristorante, La Corte dei Biscari. Pesce crudo e poi tagliolini all' aragosta e dolci tipici siciliani. Circondato da catanesi benestanti ho sentito Salvini dire almeno una volta «minchia». Grande. Finalmente la mattina dopo lo becco per l' intervista all'Hotel Sigonella Inn davanti alla base americana. Questo albergo è stato sequestrato alla mafia. E così, dopo, mi trovavo in piazza a Motta Sant' Anastasia in quello stato psichico pessimo di cui dicevo all'inizio del pezzo. Cellulare rubato. Il padrone del bar mi ha detto: «Dammi cinque minuti». Dopo un'ora mi riportava il telefono. Dopo poco tempo mi sono reso conto che i ladri siciliani di quel paese siciliano mi hanno rubato la sim card. Ho cercato di avvisare la Vodafone tramite altri telefoni. E cerco ancora di farlo. Non mi risponde nessuno. Ogni volta che chiamo sento solo invece la canzone registrata: «Young Thing! Happy! It' s so nice to be happy! Everybody should be happy! It' s so nice to be happy!». Happy del cazzo. Telefono Happy. di Nicholas Farrell

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