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Franco Bechis: "I 49 milioni di euro della Lega? Non sono mai esistiti"

Cristina Agostini
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I 49 milioni di euro della Lega che sarebbero scomparsi non sono mai esistiti. Franco Bechis, sul Corriere dell'Umbria rivela che "quella cifra non solo non c'è oggi, ma non c'è mai stata nemmeno per sbaglio". Il direttore ha scorso "anno dopo anno tutta la documentazione contabile ufficiale della Lega dal 2007 ad oggi e una cifra simile non è mai apparsa nemmeno in sogno". Il livello massimo di liquidità mai raggiunta dai bilanci della Lega "è stato di 31 milioni di euro, ed era una posta contabile un po' finta, perché si trattava della liquidità ricevuta temporaneamente dai maxi rimborsi elettorali che venivano erogati solo ad esercizio ampiamente avanzato e poi spesi a cavallo di due anni". Leggi anche: La pernacchia a Travaglio. Parla Di Maio: "Salvini...?". Inchiesta-Lega, il direttore demolito "L'altra cifra che si avvicina un po' a questa leggenda è la consistenza del patrimonio netto della Lega al 31 dicembre 2011: ammontava a 46 milioni e 300 mila euro. Lì ci siamo vicini, ma quella ricchezza anche qui solo contabile è stata erosa pesantemente di anno in anno fino ad arrivare ai 4,51 milioni che risultavano a fine 2017". Insomma, dai bilanci una cosa è chiara: la Lega ha cumulato fino a oggi "38,07 milioni di euro. I bilanci infatti erano in rosso nel 2012 (persi 10,76 milioni), nel 2013 (14 milioni), nel 2014 (8,38 milioni), nel 2015 (2,72 milioni), nel 2016 (1,06 milioni) e nel 2017 (1,15 milioni)". Perché il Carroccio ha perso tanti soldi? "Semplice", continua Bechis: "Le entrate sono diminuite a precipizio di anno in anno: nel 2010 erano di 36,4 milioni di euro e nel 2017 sono state 2,88 milioni. Una caduta di 33,59 milioni di euro. E il motivo lo conosce assai bene chi guidava il partito negli anni d'oro, e cioè proprio Bossi. Quelle entrate infatti erano composte da due voci essenziali: i contributi dello Stato" e "i contributi da persone fisiche e giuridiche che per la gran parte venivano dalla autotassazione degli eletti in Parlamento e nei consigli regionali". I rimborsi elettorali "erano assai generosi, ed erano un finanziamento pubblico vero e proprio: non erano affatto parametrati alle spese elettorali di ciascun partito, ma esclusivamente ai voti ottenuti in ciascuna tornata elettorale. Per questo risulta incomprensibile l'inchiesta dei magistrati di Genova: per avere quei soldi non dovevi presentare scontrini e ricevute da farti rimborsare, ma semplicemente conteggiare i voti che avevi ottenuto nelle varie consultazioni". Ergo, "l'unica truffa possibile a proposito di quelle entrate riguardava dunque i voti ricevuti. A certificarli però erano le corti di appello elettorali, non la Lega".  

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