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Renzi: "Il Senato non sarà più elettivo"

Nicoletta Orlandi Posti
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"Il Senato non vota la fiducia. Non vota le leggi di bilancio. Non è eletto. E non ha indennità: i rappresentati delle Regioni e dei Comuni sono già pagati per le loro altre funzioni". Matteo Renzi parte dai quattro punti irrinunciabili della riforma del Senato per parlare con Aldo Cazzullo del testo che oggi andrà in Consiglio dei ministri. Nell'intervista al Corriere della Sera il premier respinge le proposte arrivate ieri dal presidente Pietro Grasso e sottolinea: "Sono molto colpito da questo atteggiamento del presidente Grasso. Io su questa riforma ho messo tutta la mia credibilità; se non va in porto, non posso che trarne le conseguenze. Mi colpisce che la seconda carica dello Stato, cui la Costituzione assegna un ruolo di terzietà, intervenga su un dibattito non con una riflessione politica e culturale, ma con una sorta di avvertimento: 'Occhio che non ci sono i numeri'. Se Pera o Schifani avessero fatto così oggi avremmo i girotondi della sinistra contro il ruolo non più imparziale del Senato". L'accordo con il Cav - Continua nella sua riflessione Matteo Renzi: "L'elezione diretta del Senato è stata scartata dal Pd con le primarie, dalla maggioranza e da Berlusconi nell'accordo del Nazareno. Non so se Forza Italia ora abbia cambiato idea; se è così, ce lo diranno. L'accordo riduce il costo dei consiglieri regionali, che non possono guadagnare più del sindaco del comune capoluogo. Elimina Rimborsopoli. E' un'operazione straordinaria, un grande cambiamento. E' la premessa perchè i politici possano guardare in faccia la gente. Se vogliamo eliminare la burocrazia, le rendite, le incrostazioni, la logica di quella parte dell'establishment per cui 'si è sempre fatto così', dobbiamo dare il buon esempio. Dobbiamo cominciare a cambiare noi. Con la legge elettorale, con l'abolizione delle Province, con il superamento del Senato. Rimettere dentro, 24 ore prima, l'elezione diretta dei senatori è un tentativo di bloccare questa riforma. E io domani (oggi, ndr.) la rilancio. Scendo io in sala stampa a Palazzo Chigi, con i ministri, a presentarla". "Mi gioco tutto" - Insiste il premier: "Quel che dev'essere chiaro è che su questo punto mi gioco tutto". E ancora: "Non puoi pensare di dire agli italiani: guardate, facciamo tutte le riforme di questo mondo, ma quella della politica la facciamo solo a metà. Come diceva Flaiano: la mia ragazza è incinta, ma solo un pochino. Nella palude i funzionari, i dirigenti pubblici, i burocrati ci sguazzano; ma nella palude le famiglie italiane affogano. Basta con i rinvii, con il 'benaltrismo'. Alla platea dei 'benaltristi', quelli per cui il problema è sempre un altro, non ho alcun problema a dire che vado avanti: non a testa bassa; all'opposto, a testa alta. Noi il messaggio dei cittadini l'abbiamo capito, non a caso il Pd vola nei sondaggi: la gente si è resa conto che ora facciamo sul serio. Avanti tutta". E al presisente del Senato Grasso risponde: "Sono molto colpito da questo atteggiamento del presidente Grasso. Io su questa riforma ho messo tutta la mia credibilità; se non va in porto, non posso che trarne tutte le conseguenze. Mi colpisce che la seconda carica dello Stato, cui la Costituzione assegna un ruolo di terzietà, intervenga su un dibattito non con una riflessione politica e culturale, ma con una sorta di avvertimento: 'Occhio che non ci sono i numeri'". Spallucce alle critiche - Renzi ne ha anche per Rodotà e Zagrebeslsky che gli hanno dato torto. "Ho letto altri commenti di tanti professori, molto interessanti. Non è che una cosa è sbagliata se non la dice Rodotà. Si può essere in disaccordo con i professoroni o presunti tali, con i professionisti dell'appello, senza diventare anticostituzionali. Perché, se uno non la pensa come loro, anziché dire "non sono d'accordo", lo accusano di violare la Costituzione o attentare alla democrazia? Io ho giurato sulla Costituzione, non su Rodotà o Zagrebelsky". Renzi apre, invece, alla richiesta di Mario Monti, che aveva chiesto di inserire rappresentati della società civile: "La proposta di Monti è già dentro il pacchetto del governo". Il ddl lavoro - Poi Renzi parla della legge delega sul lavoro e assicura il salario minimo, l'assegno universale per i disoccupati e la tutela della maternità alle donne che non le hanno. "Quello che conta adesso", specifica, "non è il programma, ma il crono-programma. Dobbiamo fare le cose in temppi certi"

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