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Isabella Biagini: "Ho rinunciato a King Kong e alla carriera per amore di mia figlia"

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Andrea Tempestini
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Isabella Biagini era bella, sexy, imprevedibile e affascinante. Ipnotizzava gli italiani negli anni Sessanta con gli occhioni spalancati e con due tette così, ma anche con la voce, capace di impensabili acrobazie. Anzi, le voci. Mina, Anna Magnani, Ornella Vanoni: Isabella era la star dei varietà televisivi (“Lei non si preoccupi”, 1966; “Sim Sala Bim Special”, 1976; “Bambole non c'è una lira”, 1977) con imitazioni e balli. Poi il cinema, “Amore all'italiana” (1965), “Slalom” (1965) e gran parte delle commedie all'italiana degli anni Settanta di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Una carriera improvvisa, il boom, il flash dei riflettori. Che però, in breve tempo, verranno oscurati dal buio di una vita tormentata, difficile. Ma affrontata sempre con orgoglio. L'orgoglio di una donna che a 65 anni non si arrende. E si racconta: «Non lavoro da più 30 anni e su di me si è detto di tutto. Adesso vi racconto la verità». Divani rossi, cuscini arancioni, fiori gialli. Che bella casa colorata, signora Biagini. Complimenti. «Tutto opera mia. Vede quel quadro laggiù? L'ho dipinto io: è mia madre e le braccia che si vedono spuntare da dietro sono le mie». E questa statua di Cleopatra a dimensioni reali? «Un regalo di Liz Taylor, era in barca con me a inizio anni Sessanta. E guardi la scarpa che c'è sul tavolo». Color oro, tacco alto. La usa come portaoggetti? «Già. Scarpa di Pompei, marca famosa. La mettevo nei miei primi spettacoli. Tutti erano convinti fossi una sventola, invece incollavo il vestito al tacco, così non si vedevano i 18 centimetri e sembravo alta». C'è molto di orientale in questa casa. Molta India. Come mai? «Non è casuale. Sono religiosa, ma poco praticante. Credo in qualcuno che sta al di sopra, non conta come si chiama. Mi trovo bene con il Buddismo, mi ci sono avvicinata da quando non c'è più Monica». Già, sua figlia. Quando è morta? «Monica non è morta, vive in America, è in giro per il mondo». Scusi, ma... «Mi piace pensarla così, è meno doloroso. Non ho mai parlato di lei finora». Le va? «Se ne è andata il 18 dicembre 1999, aveva 39 anni. Appena successo, ho dormito tre giorni e tre notti con lei nel cimitero, per terra, coperta solo con un plaid». Malattia lunga? «Un tumore, lei sapeva ma non mi ha detto niente. Me ne sono accorta perché è stata male mentre provava il vestito del matrimonio, si stava per sposare». Pensa a lei e le viene in mente quando... «Ospedale, sta male. Entro in bagno, mi trucco, parrucca gialla, rossetto pomodoro, esco che sono un personaggio felliniano. Monica sussurra: “Ma come ti sei conciata?”. “Ho un film, vado a recitare”. Non era vero, ma farle credere che avevo un lavoro era un modo per tranquillizzarla, farla sorridere. È un po' vergognoso dirlo, ma questa è stata la più bella interpretazione della mia carriera». Isabella, come è ora la sua vita? Cosa fa? «Sto a letto da nove anni, mangio tra le lenzuola, guardo la televisione. Mi rimbocco la lapide. Sotto il cuscino tengo i vestiti di mamma e di Monica, aspetto il momento in cui le raggiungerò». Perdoni la durezza. Depressione? Riesce a dormire? «Non ho mai dormito. Ma non voglio prendere niente: sono astemia, non mi drogo e non utilizzo farmaci. Così sono nata, così voglio andarmene». Di cosa vive? «Ho una piccola pensione, 650 euro. Poco, ma tiro avanti con grande dignità, “So' ricca e faccio pure regali. Sono romantica, a me mi frega un petalo, non un brillante”. Nonna era pugliese, ripeteva: “Concettì (vero nome di battesimo ndr), mangia pane e sputo o pane e acqua, ma non cambiare mai e resta come sei”. Io sono sempre quella, anche adesso che ho meno soldi di un tempo». Già, ora lavora poco. Perché? «Sono 30 anni che non lavoro! Ho detto no a due persone molto potenti della tv, ma non mi chieda i nomi». Cosa ha rifiutato: una proposta di lavoro o una cena? «Diciamo una cena, tra virgolette... In generale, però, ho sempre fatto molte rinunce professionali, questo mi ha segnato. Quando c'è stato da scegliere tra carriera o figlia, non ho avuto dubbi: Monica è il mio grande amore. Non sarei mai stata capace di fare la mamma a ore. Le racconto un episodio». Prego. «Mi chiamano in America per fare King Kong, a New York mi stanno aspettando De Laurentiis e Sinatra, mi presento all'aeroporto con mia figlia, mostro il passaporto, sto per partire ma scopro che per poter portare con me anche Monica serve la firma del padre. Niente da fare, rinuncio al lavoro: mi ero separata e mia suocera ne avrebbe approfittato per portarmela via». E il film? «Mi sostituirà Jessica Lange. Conservo ancora una sua lettera: “Cara Isabella, meriti l'Oscar come miglior mamma». Ha sempre mantenuto sua figlia da sola? «Certo. Ho rifiutato di ricevere gli alimenti da mio marito. Facevo serate per guadagnare, film veloci e che si girassero soltanto a Roma per non allontanarmi». Isabella, facciamo un salto ancora più indietro. Dove nasce? «In treno». Oplà. Scusi? «Mamma è di Taranto, a 14 anni è incinta e vuole partorire a Roma. Ma non fa in tempo ad arrivare». Siamo nel 1943, tempi duri. «Papà è in guerra, e morirà. Cresco con mia madre, nonna e uno zio manesco, violento». Primo contatto con il mondo dello spettacolo? «Mamma fa la costumista, è sempre a casa di Anna Magnani e di Visconti». Ricordo dell'infanzia? «Zio usa le maniere forti, mi picchia e mi lega per farmi studiare. In più ho uno shock nei confronti degli uomini: un falegname mi fa proposte strane, un prete mi confessa e fa domande imbarazzanti, quando le donne si appartano con i mariti sento versi che non capisco e penso stiano soffrendo. Allora un giorno decido: mi farò suora. Mi accordo con Emi Caltagirone, compagna di scuola e sorella di Francesco e Camillo, e scappiamo di casa per cercare un monastero di clausura a Firenze». Urca. Età? «Dieci anni. Arrivate a Chiusi ci ferma la polizia, ci mette in cella e il giorno dopo ci rispedisce dallo zio. E giù botte...». Diceva che stava spesso a casa della Magnani. Che ricordo ha? «Palazzo Altieri era pieno di gatti, ce ne erano di tutti i colori, anche celesti. Mi voleva bene, Anna, le sarebbe piaciuto farmi fidanzare col figlio Luca. Un giorno le regalano due cani, mi chiede di accompagnarla a Villa Borghese per farli correre. Li slega e inizia a parlarmi del figlio. “Concetta, ma Luca come lo vedi?”». Imitazione perfetta, complimenti. Vada avanti. «Sto per rispondere e urla: “Annamoooo!” (andiamo). Poi riprende: “Concetta, un fidanzato tu ce l'hai?”. Sto per rispondere, e lei: “Tietteee” (Stai lì). La scena si ripete due o tre volte, poi mi stufo. “Ma insomma, che devo fare? Rispondo o sto zitta?”. Lei ride: “Ao', Concetta. Ma non hai capito che Annamo e Tiette sono i nomi dei cani?”». Buona questa. Scusi, perché quello sguardo? «Anna stava con Rossellini ed era gelosissima di Ingrid Bergman. Quando tornavo dalle feste in cui era presente anche l'attrice svedese, Anna mi aspettava in un angolo, mi caricava in auto e mi faceva il terzo grado. “Ciao nì”». Scusi, ma “Ciao nì” non lo diceva Renato Zero? «Noooo, è un modo di dire de Anna, non di Renato. Lui l'ha imparato dalla Magnani». Ok, continui. «Mi diceva: “Come è 'sta Bergman? Alta? Quanto alta? E i capelli?”. Io la facevo divertire: “Quali capelli? C'ha du' peli!!”. “E come ha l'occhi?”. E io: “Da pesce fradicio”. E ci divertivamo». Gelosia per la Bergman, che poi si metterà con Rossellini. Che rapporto aveva, invece, con le altre star? «La Lollobrigida non la poteva vedere. Quando passava sotto Palazzo Autieri, Anna urlava a tutti: “Ao', raccogliamo la pipì in un secchio che poi passa sotto la Lollo e...”». Gavettone? Mai fatto? «Ahahaha. No. Forse uno, ma era acqua». Isabella, un aneddoto che non dimenticherà mai di Anna Magnani attrice? «Teatro Aquilino, è in scena con “La lupa”. Ad un certo punto borbotta “Ce dovemo sbriga'!”. Finisce il primo tempo, la raggiungo in camerino, spiega che l'hanno chiamata al telefono, le è scappata la micia sui tetti. Torna dal pubblico: “Ao', annatevene pure a casa, io c'ho 'n problema”. Chiama l'autista, saliamo in macchina e via, di corsa a casa. Saliamo sui tetti, io sono terrorizzata, lei cammina ricurva alla ricerca del gatto: “Micia-micia-micia-micia!!!!”. Lo troviamo, paura passata e via, di corsa a teatro». Vuoto? «Macché, tutti ancora lì. Anna entra in scena, applauso. E un tizio urla: “L'hai ritrovata la micia?”. Lei: “Eccerto, era sui tetti”». Meraviglioso. «Anna è Anna, unica». Isabella, torniamo a lei. Primo film? «Ho 10 anni, sono con mamma in via Veneto e cammino a testa bassa perché nonno ripeteva sempre: “Cuncetti', se un uomo ti guarda il ventre resti incinta”. Camminiamo, un signore mi fissa. E io: “Mamma, quel mostro mi guarda!!”. Anna mi zittisce: “Ma che dici, è Antonioni, il regista”. Lui osserva la mia faccetta triste, la Magnani incalza: “La devi fa' recita'”. E mi prendono in “Le amiche”». Beh, precoce. «Ma a scuola avevo già conosciuto Fabrizi e Totò, che poi diventerà un amico. E una volta...». Cioè? Non rida, racconti. «Stiamo parlando del mio amore per i cani, Totò si avvicina e sussurra: “Concetta, perbacco, ti confesso un segreto. Anzi, vieni con me”. Andiamo da un macellaio, compra 50 chili di carne, magra e senza ossa, la fa cuocere e poi saliamo sulla sua Cadillac. Quando siamo in aperta campagna dice all'autista di fermarsi, scende e lascia la carne, a mucchietti, qua e là. “Concetta, vedi? Questa è per tutti i cani randagi: una volta ogni settimana vengo a sfamarli». Grande. Altri attori da raccontare? «Marlon Brando, timidissimo, non vuole recitare se c'è troppa gente sul set. In “Queimada” allora, per riuscire a girare, il regista Gillo Pontecorvo fa costruire un buco nel muro in cui passa solo la macchina da presa: così Brando non vede nessuno oltre all'obbiettivo ed è tranquillo». Biagini attrice, bella e brava. Chissà quanti corteggiatori. A proposito, lei si sposa giovane, vero? «Matrimonio combinato dalla famiglia, mai vissuto un solo giorno insieme a mio marito, mai baciato con la lingua». La “prima ” volta è stata con lui? «Mi ha sposta solo per quello. È stato un trauma, mi sono ritrovata in ospedale svenuta e ricucita...». Isabella, lei comunque era un simbolo erotico per gli italiani. Il suo rapporto con il sesso? «Orrendo, ero all'antica, una rompipalle, ai miei uomini dicevo di essere frigida, che volevo solo rapporti platonici». L'immagine che dava era diversa, però. «Mi dava fastidio passare per una facilona, lo consideravo offensivo per me e per tutte le bionde con il seno grosso». Mai avuto storie nel mondo dello spettacolo? «Un grande amore, Enrico Montesano. A fine anni Sessanta siamo stati insieme due anni, un uomo meraviglioso, ci divertivamo dalla mattina alla sera». Già, ma... Sì, insomma... Sessualmente? «Uno spettacolo. Nel senso che lo facevamo sempre scherzandoci sopra: lui faceva avances con la voce di Totò, io rispondevo con quella di Tina Piga, oppure della Vanoni o di Sofia Loren. Stavamo sempre a ride'. Era un modo per sdrammatizzare, e io superavo ogni paura. Su Montesano c'è da dire una cosa molto importante: negli ultimi anni è stato l'unico a ricordarsi della mia amica Gabriella Ferri e l'ha invitata al suo show prima che morisse». Altri flirt famosi? «Paolo Limiti, siamo stati insieme 10 anni. L'avrei sposato, era un grande amore, un vero signore. Ci siamo mollati perché non la pensavamo allo stesso modo su questioni professionali». Appunto, Isabella. Tv, cinema, teatro e poi basta. Ma ora cosa le piacerebbe fare? «Di tutto, pensi che ho chiesto di fare anche la comparsa. Io dico: possibile che non ci sia un ruolo per me, tipo 'na nonna: la rincoglionita la posso fa'... Ahahah». Ultime domande veloci. 1) Miglior attrice di sempre? «Anna Magnani tra le italiane. Bette Davis tra le straniere». 2) Miglior attore? «Marlon Brando. E soprattutto Giannini: sono artisticamente innamorata di lui pur non conoscendolo di persona». 3) Una nuova Isabella Biagini? «Non so. In questi anni hanno “biaginato” in tante...». 4) Miglior imitatori? «Noschese e la Goggi». 5) Qualcuno con cui vorrebbe lavorare? «Verdone, lo trovo irresistibile, mi fa morire». Ultimissima. Isabella, chiuda gli occhi e sogni. «Mi arrampico su una scala, arrivo sulle nuvole da mia figlia Monica. Gioco, cerco di prenderla, lei si diverte ma non mi vuole tirare su. Allora scendo e aspetto». di Alessandro Dell'Orto

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