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Forza Italia, sulle primarie è tutti contro tutti

Andrea Tempestini
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Volti nuovi e giovani, primarie, tattiche di riavvicinamento con il Nuovo centrodestra e con Fratelli d'Italia, rottamazione - prima che arrivi un rottamatore alla Renzi -, rapporto di sudditanza o meno al governo del Pd, alleanza con la Lega e strategie: il dibattito sul futuro di Forza Italia e dell'intera galassia del centrodestra, lanciato da Libero, alla luce dei deludenti risultati delle Europee, registra però posizioni contrastanti. Se fino a all'altro giorno era chiaro che ci volevano le primarie e una strategia comune, ora tornano i distinguo e i paletti, per esempio proprio sulle alleanze. «Penso che anche il centrodestra si debba rinnovare come ha fatto la sinistra e che il centrodestra si debba autorottamare e non aspettare che arrivi un Renzi a rottamarlo. Ma la sinistra a rinnovarsi ci ha messo anni. Credo che in Forza Italia decida sempre Berlusconi: è colui che può unificare il centrodestra», spiega Nunzia De Girolamo, dell'Ncd, la quale sottolinea che bisogna «decidere se rifondare la coalizione o se fare le comparse intorno ad un Pd protagonista al governo». Nota polemica sulla questione delle primarie: «Il fatto che Berlusconi non abbia affidato il compito di stilarne il regolamento a Denis Verdini ma lo abbia affidato a Laura Ravetto significa che le primarie del centrodestra non si faranno mai. Perché Verdini è l'uomo macchina dei numeri e delle regole», sostiene infatti la De Girolamo. Nuove regole, sì, anche per il voto, ma con le preferenze, per non precipitare nel groviglio degli scontri interni. Lo afferma Michaela Biancofiore, di Fi: «Concordo pienamente con chi ritiene che la selezione debba avvenire da parte degli elettori e il metodo migliore è quello di lasciarli esprimere, ma nelle urne il giorno delle elezioni ufficiali. E per questa vera selezione democratica, basta inserire nell'Italicum le discusse preferenze che sono comunque la certezza che a scegliere sia il popolo. Altri meccanismi, nei quali è impossibile il controllo, finirebbero per acuire gli scontri interni e portare a votare magari la parte avversa per non far vincere chi ha carisma e appeal elettorale. Ci servono regole. La prima fra tutte, valida anche nel calcio, è che squadra vincente non si cambia, squadra perdente sì». Non solo. Chi dovrebbe organizzare primarie o congressi che siano, si chiede ancora la Biancofiore, «una classe dirigente, sempre la stessa, che dal 2008 ha disperso dieci milioni di voti tributati solo ed esclusivamente all'unica leadership conclamata anche dal voto del 25 maggio, cioè a Berlusconi?» Se si volesse davvero far rinascere il partito, avverte, «il primo dovere di costoro dovrebbe essere quello di farsi di lato e lasciar scegliere a Berlusconi chi meriterà di gestire e rilanciare il partito sulla base di un'analisi del consenso e della credibilità di ciascuno». Secondo Barbara Saltamartini, deputato e portavoce nazionale del Ncd, comunque il risutato elettorale ottenuto, - un milione e duecentomila voti «partendo da zero» - deve essere utilizzato «per ricostruire il centrodestra italiano» e in tal senso occorre «ripartire dal dialogo con Forza Italia purché abbandoni la via dell'insulto e ci si confronti sui contenuti, e ripartendo anche dalle primarie per la scelta della leadership della coalizione». Altro tema caldo: quello dell'alleanza con la Lega, che si sta riavvicinando a Berlusconi. «Nulla è scontato per le prossime Regionali. Lepenisti e moderati hanno poco in comune». Lo scrive in un tweet rivolto al governatore della Lombardia Roberto Maroni, il presidente dei senatori del Nuovo Centrodestra, Maurizio Sacconi. E Maroni replica affermando che prima o poi Angelino Alfano dovrà scegliere se stare con il centrodestra (all'opposizione) o con il Pd. di Caterina Maniaci

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