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Riforme, patto Renzi-Berlusconi-Calderoli

Ignazio Stagno
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L'intesa è vicina. La grande trattativa per le riforme sta per chiudersi. L'assetto del nuovo Senato e l'accordo sulla riforma del Titolo V della Costituzione dovrebbe nascere da un patto Pd-Forza Italia-Lega. Matteo Renzi ha capito che senza il Cav le riforme non si fanno. Così pian piano il premier ha deciso di abbassare le pretese e di piegarsi alla linea dettata da Forza Italia. Il Pd ha abbandonato l'idea di un Senato sul modello francese composto per due terzi (prima versione) e per un terzo (nella seconda versione) dai sindaci.  Sul modello si era registrata la netta contrarietà di Forza Italia e Lega, perché quel Senato, di fatto, regalerebbe alla sinistra una maggioranza per l'elezione del prossimo capo dello Stato. La nuova base dell'accordo (portata avanti da Anna Finocchiaro, con la Lega ma anche con pezzi di Forza Italia) prevede che il Senato debba essere eletto con un elezione di “secondo livello” è ormai un dato acquisito. Il piano - E condiviso da tutti. E anche sulla “composizione” l'impianto è cambiato. Si passa dunque da un modello che “parla francese” a uno che “parla tedesco”. Il numero dei sindaci è ridotto, mentre per la gran parte il Senato sarà composto di rappresentanti eletti dai “consiglieri regionali”. I dettagli saranno oggetto dell'ultima settimana di incontri. La quota di sindaci offerta dal Pd è molto ridotta. Per chiudere i dem scenderanno a un quarto del totale. Ma c'è anche un'altra ipotesi sul tavolo che prevede solo “21 unità”, insomma un sindaco per regione. Approvato l'accordo comincia la corsa contro il tempo per approvare il testo della riforma. La data chiave è quella del 3 luglio. Il governo vuole andare in Aula prima della chiusura dei lavori per le ferie estive e soprattutto dopo il voto della Commissione Affari Costituzionali.       

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