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Pd, Graziano Delrio l'uomo nuovo della minoranza: candidato contro Matteo Renzi nel 2017?

Andrea Tempestini
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E se fosse Graziano Delrio l'homo novus della sinistra anti-renziana? Se fosse lui, cattolico, emiliano (è di Reggio Emilia), ulivista, renziano della prima ora, ma in progressivo allontanamento dal Rottamatore, l'uomo capace di fermare il ciclone Matteo Renzi? Il fatto è che attorno al ministro delle Infrastrutture si stanno appuntando gli occhi di molti. Nel cerchio stretto del premier è scattato l'allarme dopo che Repubblica, domenica, ha raccontato di un fastidio di Delrio rispetto all'allargamento della maggioranza a Denis Verdini e ai suoi. Ieri sera a Otto e mezzo ha smorzato i toni: «Chiacchiere». Ma la sua posizione è stata confermata in un'intervista da Matteo Richetti, vicinissimo a Delrio, emiliano come lui (è di Modena) e renziano della prima ora. Ma, come il ministro delle Infrastrutture, ha sperimentato la velocità con cui il premier è capace di dare il benservito a chi gli è vicino. Nel caso dell'ex sottosegretario alla presidenza, in realtà, la rottura si è consumata con il cosiddetto «giglio magico», in particolare con Luca Lotti. Ma il risultato è lo stesso. Questo, però, è il passato. Il presente è l'attacco politico di Delrio al premier e su un punto di sostanza: la natura del Pd. A cosa punta, si chiedono in tanti? C'è una circostanza che non passa inosservata: quella del ministro è la stessa battaglia che nei giorni passati ha lanciato Pier Luigi Bersani, intimando all'ex berlusconiano di «restare fuori dal giardino di casa nostra» e chiedendone conto al premier. Fallito l'attacco sulle riforme, infatti, la battaglia sul presunto “snaturamento” del Pd e dei valori della sinistra potrebbe essere più popolare tra i militanti. Giacomo Portas dei Moderati, eletto nel Pd e molto attento alle vicende dem, non crede a questo pericolo: «Renzi fa come i tonnari: li fanno entrare, poi chiudono le sbarre e chi è dentro viene macellato». Verdini è stato utile per le riforme, ma ora verrà scaricato. Anche Portas, però, che è amico di Bersani, qualche coincidenza la nota. «C'è un problema emiliano...», dice. Qualcuno sostiene che i bersaniani sperano che l'aiuto di Verdini diventi decisivo nella legge di stabilità, dove quasi certamente il governo porrà la fiducia. Se così accadesse, se Verdini e i suoi votassero la fiducia, magari per consentire al governo di non fare quei cambiamenti chiesti dalla sinistra Pd (a cominciare da Tasi e limite dei contanti) chiaro che si porrebbe un problema politico. Il Quirinale non potrebbe non chiedere una verifica. Ragionamenti che si inquadrano dentro un altro problema: fra due anni, nell'autunno 2017, ci sarà il congresso del Pd. E gli anti-renziani sono in cerca di un candidato. Ci sarebbe Roberto Speranza, ma non ha il phisique du role per mettere alle strette «Matteo». Poi c'è il fattore territoriale. Delrio e Bersani sono emiliani. E proprio nell'ex regione rossa si sta compattando un fronte in vista del congresso. Chi si sta muovendo è anche Vasco Errani, che in Emilia è un punto di riferimento. Poi c'è Romano Prodi che, certo, si tiene alla larga dalle vicende interne al Pd, ma resta una personalità molto ascoltata tra i militanti. E negli ultimi mesi ha accumulato motivi di ostilità nei confronti di Renzi, a cominciare dalla sua bocciatura come mediatore Onu in Libia. Derio potrebbe essere la mossa del cavallo dei bersaniani. Non viene dalla filiera ex Pci, ma da questa è apprezzato (è stato a lungo sindaco di Reggio Emilia). Ha condiviso la scalata al potere di Renzi, è autorevole. A differenza di molti altri, non gli si può rimproverare di essere legato a un'idea vecchia di sinistra. Raccontano che a giugno, dopo le amministrative, quando il governo aveva toccato il punto più basso nei consensi, Bersani e i suoi sondarono i parlamentari per capire se poteva avere chance un governo del Pd guidato da Delrio. Poi non se ne fece nulla. Ma è la prova di un “annusamento” che procede da mesi. Il ministro delle Infrastrutture è poi punto di riferimento di molti ex popolari. Mesi fa Delrio cercò di strutturare una componente di cattolici. Ora, con le unioni civili, potrebbe riprovarci. Soprattutto sul punto delle adozioni da parte dei gay, infatti, cresce la fronda dentro il Pd. Non è un caso che il governo abbia deciso di lasciare libertà di coscienza su questo. Ieri sera a Otto e Mezzo, Delrio ha smorzato ogni polemica con Renzi. «Sta lavorando per un Pd più forte». Ma sul partito della nazione, ha confermato i propri dubbi: «Sono nato nell'Ulivo e cresciuto con il sogno del Pd. Milito perché si rafforzi il Pd, non penso ad altri progetti». Dal canto suo, il premier, al Tg5, ha attaccato la sinistra: «C'è una parte del Pd che si oppone a prescindere, come avrebbe detto Totò». E sulle unioni civili ha confermato la linea morbida: «Faremo di tutto per approvare la legge», ma «con buon senso e dialogo». di Elisa Calessi

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