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Pd, Renzi uomo disperato. L'insulto peggiore: "O me o i barbari di destra"

Giulio Bucchi
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"Se il Pd fa il Pd e smette di litigare al proprio interno possiamo raggiungere, insieme ai nostri compagni di viaggio, la percentuale che abbiamo preso nelle due volte in cui io ho guidato la campagna elettorale: il 40%, raggiunto sia alle Europee che al Referendum". Dopo il disastro siciliano Matteo Renzi prova a rialzarsi fissando l'asticella nella sua e-news. Ma il livello della sua disperazione politica è altissimo, almeno giudicando le indiscrezioni di Repubblica sulle reazioni del segretario Pd subito dopo il voto. Il tema ricorrente è uno solo: "Se perdiamo noi, vincono i barbari di destra". L'insulto peggiore, un refresh dell'anti-berlusconismo ancora più lunare. "Si chiamano Berlusconi o Salvini, Di Maio o Casaleggio. Ma è chiaro: i barbari sono alle porte e sono un'altra cosa rispetto alla sinistra, alla sua storia, alla sua gente", spiega Renzi ai suoi. O ancora: roba come "Chi oggi attacca il leader eletto alle primarie, chi attacca il Partito democratico fa il più bel regalo a Grillo e Berlusconi" o un analogo "sparare su di me non porterà alla vittoria del socialismo ma al trionfo delle destra e del populismo". Lo schema è chiaro: mettere a tacere la minoranza interna che dopo il tonfo delle regionali vuole la testa del leader in ogni modo. Offrendo a Franceschini e Orlando, per esempio, l'opzione di un nuovo assetto nel centrosinistra. Non più il Pd "autonomo e autarchico" ma una coalizione allargata anche ai cespugli di sinistra. Addirittura, Renzi è disposto a non candidarsi premier. "Ci può essere Grasso, ci può essere Pisapia. Giocheremo a più punte. Come fa la destra", è la proposta del segretario, che ha messo il fido Lorenzo Guerini a lavorare sulle alleanze. "Basta parlarsi addosso. Da sei mesi tutti misurano il tasso di sinistra doc nel Pd. La sinistra c'è, allarghiamola adesso - è il rilancio di Renzi -. Come? Mettendo in campo i migliori candidati nei collegi, parlando agli italiani, senza perdere un minuto in più nei discorsi in politichese". L'impressione però è che a credere nel "nuovo Ulivo" dentro il Pd e soprattutto tra i renziani siano pochi, pochissimi. E il sospetto è che Renzi abbia cambiato registro non tanto per far vincere il centrosinistra tanto per non perdere l'unico pezzo di potere che gli è rimasto dopo 3 anni di incubi elettorali e scelte suicide.

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