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Mara Carfagna: "Sparare fango su Silvio Berlusconi ha portato male a tutti"

Andrea Tempestini
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«Ma quale resurrezione, è una parola sbagliata. Il centrodestra di Silvio Berlusconi ha vinto tutte le prove elettorali di questi ultimi anni con la sola eccezione delle Europee che diedero il 40% a Renzi sull'onda degli 80 euro a dieci milioni di persone. Berlusconi non è risorto: ha raccolto i risultati del suo lavoro. È stato oggetto di una persecuzione senza precedenti, ma le leadership forti non si emarginano». Possiamo almeno dire che è risorto l'antiberlusconismo? «A leggere Il Fatto e Repubblica, nei giorni scorsi, mi sono stranita. Mi è sembrato di tornare indietro di qualche anno, ai tempi dell'antiberlusconismo più cieco e violento. Vorrei dire una cosa: attenti, sparare fango sul Cavaliere non ha portato bene all'Italia. Non vorrei che con il probabile ritorno del centrodestra al governo ripartisse il carosello di accuse a vanvera». Leggi anche: Renzi parla, la Carfagna lo inchioda: messo al tappeto, così Gli antiberlusconiani non si capacitano che gli italiani si lascino ancora sedurre da Berlusconi, benché condannato… «Gli italiani hanno scoperto il giochetto: una piccola parte della magistratura in questi anni ha utilizzato gli strumenti di cui disponeva per tentare di abbattere l'avversario politico che la sinistra non riusciva a sconfiggere nelle urne. C'è qualche tribunale che invece di perseguire reati ha preferito fare politica e questo ormai è evidente a tutti. Gli antiberlusconiani dovrebbero piuttosto riflettere sulle loro ossessioni e sul totale fallimento della loro ventennale campagna per demolire il Cavaliere attraverso strumenti giudiziari. Quella campagna è fallita». Prima dell'antiberlusconismo era tornato in auge l'antifascismo: lei che ne pensa? «Prendo a prestito le parole del ministro Minniti: il fascismo è morto e sepolto. Ci possono essere singoli o piccoli gruppi di nostalgici ma l'Italia ha le leggi per perseguirli e gli anticorpi per emarginarli. Non scomodiamo il male assoluto per raccattare qualche voto in più». Crede che l'Italia sia diventata razzista? «No, stiamo diventando adulti. Abbiamo capito che non si offre equità e giustizia né a noi né agli immigrati accettando quote di illegalità sempre più alte. Abbiamo capito che deve occuparsene lo Stato e non la pur lodevole iniziativa caritatevole privata. Il razzismo è altro: giudicare inferiore o titolare di minori diritti un'altra razza». Candidata a Napoli per Forza Italia, Mara Carfagna, ex ministro di Forza Italia, destinata a ridiventarlo in caso di vittoria del centrodestra, ha la faccia di chi vede il peggio dietro le spalle e l'eloquio attento di chi ha troppo da perdere a spararle grosse. Però sul futuro nutre pochi dubbi. «Vinceremo le elezioni» attacca, «saremo la coalizione più forte, avremo con tutta probabilità la maggioranza dei seggi, andremo al Quirinale presentando un governo di centrodestra con numeri per cinque anni di stabilità e di profonde riforme per rilanciare l'Italia e restituire benessere alle famiglie». Mi scusi onorevole, chi andrà al Quirinale, Berlusconi? «Sì certo, accompagnato dai capigruppo: lo ha già fatto, perché non dovrebbe andare?». E se il centrodestra non avrà i numeri come vi comporterete? «Al momento è un'ipotesi irrealistica. Ce lo dicono tutti i sondaggi». Lo spiega lei al presidente della Commissione Ue, Juncker, che ha parlato di «rischio di governo non operativo» dopo il voto? «L'ossessione dell'Italia ingovernabile non ha fondamento nella realtà e nella storia. Ci sono stati momenti più difficili di questo e sono sempre state trovate soluzioni. Il messaggio di Juncker comunque era rivolto a Gentiloni e Padoan e alla loro incomprensibile velleità di continuare a governare dopo il 4 marzo, giorno per il quale prevedo un bagno di sangue per il Pd». Come ha fatto Berlusconi a convincere la Merkel a cambiare idea e puntare su di lui? «Berlusconi ha avuto la tenacia di demolire l'immagine demonizzante che gli avversari gli avevano cucito addosso. Chi in Europa pensava che Renzi fosse il giovane favoloso su cui puntare si è ricreduto davanti ai pasticci combinati anche all'interno del suo partito. Quanto a Di Maio, non è solo incompetente, è completamente inaffidabile: fino a un mese fa si dichiarava favorevole all'uscita dalla Ue. Oggi in Europa chi ha fatto cadere Berlusconi ha avuto modo di pentirsi: sette anni senza un'Italia forte e stabile hanno indebolito la Ue. Non credo che nessuno voglia ripetere l'esperimento». Eppure è ripartito il tormentone. Repubblica ricorda che nel 2011 l'Italia di Berlusconi era al collasso e scrive che gli impegni impossibili presi dal centrodestra in campagna elettorale la riporteranno in quella situazione. In effetti nel programma sembrano esserci più promesse che soldi... «Ci sono le tabelle, studiate fino alla virgola. L'obiezione della sinistra - “i soldi dove si trovano?” - è l'obiezione di chi non entra nel merito, e anziché contestare dati specifici si affida al ritornello della mancanza di risorse. Studiassero e contestassero le singole voci del nostro programma, sempre che a loro interessi ancora: a me pare che abbiano gettato la spugna e pensino più a salvare il salvabile che ad altro». Perché Berlusconi non indica con chiarezza il premier: sogna di farlo lui? «Non è detto che non lo farà. Ma c'è piuttosto da chiedersi perché gli altri propongano se stessi per una premiership impossibile, posto che con il sistema proporzionale sarà il Quirinale e non i partiti a valutare il nome che offre maggiori garanzie». Lei si batte per le donne da sempre: vorrebbe che la Meloni divenisse il primo premier donna? «Giorgia è una leader forte per il suo partito e una figura molto interessante per la politica italiana, che ancora fatica a produrre leadership femminili e Fratelli d'Italia è un alleato prezioso, ma rappresenta il 5% dei consensi». Silurata. Non litigate un po' troppo nel centrodestra? «Lei ha dimenticato gli anni in cui Bossi aveva soprannominato Berlusconi “Berluskàz” e Fini diceva “siamo alle comiche finali”. Quello era litigare un po' troppo. Oggi è dialettica tra alleati. Noi lottiamo per affermare le nostre idee, che all'interno di una coalizione possono anche non coincidere. Altri si scannano per il potere o per scontrini e rendicontazioni che non tornano». Se Salvini avrà più voti di voi, lo sosterrete come premier? «Visti i sondaggi pubblicati prima del silenzio pre-elettorale, mi sembra una domanda lunare». Ce la farà la coalizione di centrodestra ad avere un momento comune con i leader in piazza? «Ci stiamo lavorando. E comunque sicuramente questo momento comune non ci sarà per il centrosinistra e nessuno solleva il problema: solita informazione partigiana?». Chi guiderà il centrodestra tra dieci anni? «Aspetti che consulto la sfera di cristallo...». È la settima volta che Forza Italia si candida a guidare il Paese: perché stavolta dovrebbe riuscire a fare la rivoluzione liberale? «Perché abbiamo più esperienza e forse idee più chiare che in passato, quando la crisi era un'emergenza nuova e molti pensavano che sarebbe bastato aspettare per lasciarsela alle spalle. Oggi sappiamo che non è così e che senza un'azione rapida e profondamente innovativa su tasse, lavoro, welfare, la crisi rischia di diventare permanente». Al Sud avete regalato un po' troppi parlamentari alla Lega? «In effetti siamo stati generosi perché lo sfondamento della Lega al Sud finora non c'è stato. Forza Italia e in alcune situazioni Fdi invece hanno conservato e talvolta aumentato il loro tradizionale radicamento. Comunque quello che conta non sono quattro o cinque seggi in più ma l'unità della coalizione». È un dato di fatto che nel suo Sud Cinquestelle andrà bene: come se lo spiega? «Dopo cinque anni di irrilevanza del Sud nei programmi dei governi di sinistra, dimostrata dal fatto che il ministro per il Mezzogiorno è costretto a candidarsi a Sassuolo, la protesta in quelle terre è dilagante, ed M5S è un partito di protesta…». In Emilia è stata paracadutata anche la De Girolamo: cos'è successo, volevate farla fuori? «Il partito ha fatto le liste, lei non ha gradito la sua collocazione e, a differenza di altri, ha deciso di farne un caso». Le sorti del voto saranno decise da trenta collegi meridionali in ballo tra M5S e centrodestra: cosa sarà decisivo per vincerli? «Gli ultimissimi giorni, quando ogni elettore si dirà: ora che faccio? Mando tutti a quel Paese votando il M5S oppure provo a vedere se qualcosa cambia scegliendo affidabilità ed esperienza? Punto ancora su assistenzialismo e statalismo e mi condanno al declino o provo a risorgere optando per chi ha un programma per liberare le migliori risorse del Sud? Chi sceglierà la seconda strada voterà per noi». Però Berlusconi è pronto a reclutare i parlamentari espulsi da M5S per governare: è giusto? «Noi non ci carichiamo nessuno, accettiamo i loro voti se condividono i nostri programmi. Il problema degli espulsi è di Di Maio, non nostro: loro sono come Highlander, ogni giorno ne cade uno». Lei è di Salerno: cosa pensa del caso De Luca? «I campani pensavano di aver eletto San Gennaro. Non lo era e i nodi sono arrivati al pettine. Certo lo scandalo peserà nelle urne». Quindi De Luca rappresenta un grave problema per Renzi? «De Luca e Renzi sono serviti l'uno all'altro. Renzi ha mandato la Boschi a sostenerlo e quando ha girato l'Italia in treno l'ha accolto nella chiesa di Paestum. Non capisco come si possa atteggiarsi a rottamatore e poi cercare voti appoggiandosi su un dirigente che apparteneva al Pci del secolo scorso». Boschi si è candidata in 5 posti e lei solo a Napoli: perché? «Mi candido solo a Napoli per rispettare sul serio le quote rosa, visto che è evidente che prendersi 5 capolistati più un uninominale blindato significa fare da ombrello ai 5 uomini sistemati al numero due. Forza Italia me lo aveva chiesto. Ho detto no. Non do giudizi su chi si è comportato diversamente, ma di sicuro non ha fatto un favore alle candidature femminili». Il Pd ha puntato molto sui diritti e la tutela delle donne: è soddisfatta? «Lo ha fatto a sei mesi dal voto. Anche su questo terreno noi abbiamo fatto più e meglio di loro. Il Pd ha abolito il ministero delle Pari Opportunità e solo dopo un mio intervento ha ritirato la norma che consentiva ai condannati per comportamenti persecutori di cavarsela con una multa. Sono lieta, fra l'altro, che Berlusconi voglia ripristinare il ministero delle Pari Opportunità». Sottoscrive la battaglia terminologica della Boldrini? «Non la vedo come una priorità, e nemmeno come un dato simbolico così rilevante. Chiamatemi come vi pare, l'importante è che io abbia pari diritti, pari opportunità, pari dignità sul lavoro e nella vita in generale». di Pietro Senaldi @PSenaldi

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