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Luciano Moggi, Giacinto Facchetti e gli arbitri: l'ultima sentenza conferma tutto

Gino Coala
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Amici lettori, mi corre l' obbligo di fare una premessa. Mi è sempre stato difficile parlare male di chi è assente, tanto più che il soggetto in questione è passato a miglior vita. Purtroppo alcune persone, tra cui il figlio, mi costringono a farlo perché trovo fastidioso sentire tante chiacchiere dettate da un tifo che va oltre il buonsenso, al confine tra ridicolaggine e minaccia. Con il tempo si è consolidato il motto (quello dei cosiddetti perdenti) «chi vince ruba», specialmente quando a vincere è la Juve che in Italia ha dominato e domina tuttora. Lo usano soprattutto gli interisti perché perdono sempre per colpa di altri. Alcuni ex giocatori nerazzurri sembrano diventati grilli canterini. Ad esempio, Cordoba ha detto che il 5 maggio 2002 l' Inter ha perso il campionato perché sono intervenuti dei fattori (?), ma non spiega quali, evidentemente fatica a trovare scuse. Lo aiutiamo noi: l' Inter perse quel campionato per colpa della squadra e dei dirigenti che andarono a Roma con la certezza (leggerezza?) che la Lazio potesse essere sottomessa agevolmente: bastava vincere la partita per tagliare il traguardo da primi. Loro invece persero malamente gara e scudetto. Di chi la colpa? La risposta non la danno mai. Magari si potrebbe ricordare al colombiano del passaporto falso di Recoba con i documenti trafugati alla motorizzazione di Latina, fatto per cui l' Inter doveva essere retrocessa d' autorità visto che il team manager fu colpito dalla giustizia sportiva e anche (più grave) da quella ordinaria. NELLO SPOGLIATOIO Oppure di quando il presidente nerazzurro entrò nello spogliatoio dell' arbitro Bertini prima della semifinale di Coppa Italia Cagliari-Inter facendogli capire che la sequela dei risultati conseguiti con lui (4 vittorie, 4 pareggi e 4 sconfitte) doveva diventare 5-5-5 . La verità è che gli onesti (almeno così l' Inter si è autodefinita) prima di Calciopoli navigavano a distanza siderale dalle prime dando la colpa al calcio corrotto. Adesso Calciopoli non c' è più, c' è addirittura il Var, e stanno ugualmente a 20 punti dalla Juve... Si chiama piangina chi, non riuscendo a vincere per sua incapacità, colpevolizza altri concedendo tra l' altro alibi ai giocatori. Ecco perché chi ha vestito quella maglia recita spesso la poesia a tinte nerazzurre: «Perdiam, perdiam per colpa di altri...». A Ronaldo potremmo ricordare (naturalmente al mattino...) che la Juve era già in vantaggio di un gol nella partita in cui lui dice di aver subito il famoso fallo da rigore, e sempre la Juve in quel momento era prima in classifica con tre punti di vantaggio sull' Inter: con quel penalty si poteva arrivare ad un pareggio che non avrebbe modificato la classifica. Lui sostiene che il rigore a favore gli avrebbe permesso di vincere partita e campionato. Si potrebbe magari obiettare che quella partita poteva non esserci se la squadra nerazzurra fosse stata retrocessa per passaportopoli. IL FIGLIO DI GIACINTO Intanto si è conclusa la querelle tra chi vi scrive e Gianfelice Facchetti, figlio di Giacinto ex presidente dell' Inter. E si è conclusa malamente per lui perché in appello c' è stata la conferma della sentenza di primo grado che recitava: «Giacinto Facchetti faceva lobbing con gli arbitri». Che fa scopa con quanto scritto dal Procuratore Federale, dottor Palazzi, al tempo del processo di Calciopoli: «L' Inter è la società che rischia più di tutte per il comportamento illegale del suo presidente Giacinto Facchetti». E badate bene, non si è trattato di un semplice processo per diffamazione ma, al contrario, per provare se veramente Facchetti era in combutta con gli arbitri: era questo il motivo della querela del figlio. È stato provato e la sentenza rivela che faceva addirittura lobbing con loro! Eppure, qualche settimana prima, durante la festa di compleanno dell' Inter, Gianfelice, parlando di Calciopoli, ha detto che la sua società non era stata mai invischiata in tale «spazzatura». Purtroppo nessun quotidiano ha riferito la notizia, eppure questa sentenza equivale a quella del Tribunale di Napoli, laddove, all' epoca di Calciopoli, l' Inter fu volutamente estromessa dall' oggetto delle indagini perché il Maggiore Auricchio disse esplicitamente ad un assistente di linea, che aveva manifestato l' intenzione di riferire notizie accusatorie sull' Inter, che a lui l' Inter non interessava. di Luciano Moggi

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