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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

francesca Belotti
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Qualche settimana fa intonammo per il nuovo segretario del Pd il de profundis: «Bersani è già bollito», e fu il titolo di prima pagina. A molti sembrò l'eccesso di una banda di goliardi tentati dal desiderio di copiare il Vernacoliere o, viste le nostre opinioni, un desiderio spacciato per realtà. I fatti della Puglia e il successo di Nichi Vendola contro Francesco Boccia si sono incaricati di attribuire il giusto significato alla nostra apertura di giornale, che non solo si è rivelata motivata, ma addirittura ha anticipato quel che sta accadendo. La sconfitta del candidato pd è infatti principalmente la disfatta della nuova leadership del Partito democratico e con essa di tutti i progetti di riedizione di un centrosinistra con Casini nel ruolo che fu di Prodi. Ovviamente, insieme con Bersani, a Bari è finito alle corde anche l'allenatore della squadra, un perdente di successo, quel Massimo D'Alema che da sempre considera la Puglia un suo feudo privato e come un feudatario si comporta. Il rovescio della coppia sfortunata del maggior partito d'opposizione e il naufragio del loro progetto politico non deve però far gioire il centrodestra. È vero che con Vendola candidato è più facile vincere, ma ciò non deve impedire di vedere che oggi la minoranza non ha più una guida, avendo bruciato e reso inservibile un'intera classe dirigente. Basti pensare che nel giro di due anni, sull'onda degli insuccessi, sono stati archiviati uno dietro l'altro Prodi, Veltroni, Rutelli, Fassino, Franceschini, D'Alema e, da ultimo lo sarà Bersani. I ragazzi di Berlinguer e non solo, anche quelli di Zaccagnini, stanno definitivamente uscendo di scena. Con quel che ne consegue. L'effetto della crisi del Pd è che gli eredi di quello che resta del maggior partito comunista dell'Occidente e i loro alleati postdemocristiani non hanno più leader da gettare in campo. C'è un esercito, seppure in rotta, ma non ci sono generali che ne possano prendere il comando o assumersi l'obbligo della resa. Ed è questo l'effetto paradossale dei fatti pugliesi. Mentre fino a ieri era pensabile una tregua tra maggioranza ed opposizione, soprattutto sui temi della giustizia, oggi ogni intesa appare impraticabile. D'Alema e Bersani, pur senza dichiararlo, erano favorevoli alla reintroduzione dell'immunità parlamentare e a una riforma giudiziaria che restituisse autonomia alla politica, rimettendo a posto le Procure. Ma ora sono troppo deboli per poter sostenere un simile accordo e dunque al centrodestra viene a mancare la sponda con cui far finta, se non di dialogare, almeno di litigare. Si tratta di un problema non di poco conto per il centrodestra, tanto che se fossi Berlusconi, prima che ci pensi Di Pietro o qualcun altro del suo giro, proprio per evitare la bancarotta politica dell'opposizione, lancerei un'Opa, un'offerta di pubblico acquisto come si fa in Borsa, sul Partito democratico. In fondo, a queste quotazioni, viene via a poco e forse, finalmente, avremmo il bipartitismo perfetto che ci serve per sembrare europei.

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