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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Eleonora Crisafulli
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Dov'è finito Romano Prodi? Nessuno lo sa: del professore che si vantava del successo della moneta unica, nell'ora in cui l'euro è ai minimi e rischia di fallire si sono perse le tracce. Non un'intervista, nemmeno un commento: probabilmente chiuso nella sua casa di Bologna, l'ex presidente del Consiglio e della Ue pare in silenzio stampa, come i calciatori quando la squadra è in zona retrocessione. Le ultime notizie segnalano la scorsa settimana un suo passaggio a Moncalieri, dove agli studenti del Regio collegio avrebbe dispensato pillole di saggezza, unico antidoto, a sentir lui, capace di curare la malattia dell'euro. Congedandosi, agli increduli allievi radunati per l'occasione, avrebbe pure fatto ottimistiche previsioni, giurando che non vi era motivo di preoccupazione: «La crisi greca di risolverà, anzi, si poteva risolvere con costi infinitamente minori». Visto l'evolversi della situazione e il clima da tregenda che tira dalle parti di Bruxelles, basterebbe questo a spiegare perché oggi stia zitto e cerchi di farsi dimenticare.  Il problema è che se anche rimanesse muto per i prossimi dieci anni, sarebbe difficile scordarsi tutto quello che ha detto prima, quando si attribuiva il merito  d'aver portato l'Italia in Europa e pure di aver aperto le porte del Vecchio Continente ai Paesi dell'ex Cortina di ferro. Romano Prodi non è mai stato un grande economista, ma si è sempre dato molto da fare per fingere di esserlo:  i falsi risanamenti dell'Iri  e quello successivo dell'Italia ne sono prova. Ma mai come a proposito dell'euro, il professore non ne ha azzeccata una. Appena due mesi fa, in una lectio magistralis all'Università Bicocca di Milano, aveva rassicurato i presenti, garantendo che la crisi della Grecia non avrebbe avuto alcuna ripercussione sull'Europa, anche per via dello scarso peso economico del Paese ellenico. E altrettanto ottimismo aveva sparso nel mese di marzo a Shangai, spiegando di non avere alcuna ragione di ritenere che l'euro  potesse collassare o soffrire a causa di Atene. Del resto, fino a due anni fa, per il professore il pericolo arrivava da un euro troppo forte: a dimostrazione che aveva capito tutto. Ma al di là di profezie che paiono più del mago Otelma che di Cagliostro, Prodi porta sulle spalle la responsabilità della scellerata entrata nell'euro con un cambio sballato della lira e anche la pessima gestione dell'Europa proprio nel periodo in cui fu introdotta la moneta unica. Ora a chi denuncia i bilanci truccati della Grecia risponde facendo spallucce e dicendo che anche quelli dell'America e della Gran Bretagna lo sono. Ma quando era alla guida dell'Europa nulla fece per dare una controllatina ai conti dei Paesi membri. Anzi, nonostante Eurostat, l'istituto di statistica cui spetta il compito di verificare i bilanci, fosse guidato da un direttore sotto accusa per corruzione, Prodi si guardò bene dal rimuoverlo, lasciando che la burocrazia di Bruxelles continuasse a fingersi  efficiente, e consentendo che divenisse al contrario ancora più inutile e impotente, come s'è visto alla prima occasione. Nonostante le abbia sbagliate tutte, quando avrà finito di nascondersi, il professore tenterà comunque di ritornare in cattedra. Dare lezioni agli altri rimane, infatti, la sua passione, e anche, ahinoi, l'unica materia in cui eccelle.

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