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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Giulio Bucchi
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Va bene che tra poco è tempo di quaresima, ma vorrei che qualcuno mi spiegasse perché da qui all'estate a un cristiano toccherà di sopportare processioni settimanali nelle principali città italiane, con ostensione di cartelli anti Silvio e contestuale recita di un rosario di ingiurie nei confronti del premier e dei suoi sostenitori. Capisco che ogni culto ha i propri riti e la religione dell'antiberlusconismo  si nutre di piazzate, ma costringere gli italiani a vere e proprie settimane di passione con cortei che inneggiano sempre e solo alle dimissioni forse è un po' troppo anche per loro, che pure fin dagli anni Sessanta sono abituati alle sfilate di sinistra. Non bastassero poi le marce progressiste, ecco che se ne annuncia una anche della Cgil. Il 6 maggio il sindacato dei compagni ha indetto uno sciopero a favore del lavoro. Perché si rinunci a una giornata di lavoro per reclamare maggior lavoro ovviamente è qualcosa che ha a che fare con la commedia dell'assurdo, ma Susanna Camusso, la donna che ha raccolto il testimone lasciatole da Guglielmo Epifani, non pare preoccuparsene. Da quando è stata eletta alla guida dell'organizzazione rossa sembra interessata solo a rassicurare le sigle più estremiste della sua provata fede antigovernativa. Timorosa di perdere il consenso della Fiom e degli altri duri, la bionda segretaria è riuscita a scavalcare perfino Sergio Cofferati, il quale si era collocato all'estrema sinistra nella speranza che questa lo aiutasse a impadronirsi della leadership di tutta l'opposizione, piano che puntualmente non si è avverato. La Camusso per ora ha obiettivi meno ambiziosi. Le basta restare a galla e non fare la fine di Antonio Pizzinato, il segretario Cgil passato alla storia per essere durato poco. Dunque via con le manifestazioni e i cortei, che il lavoro non lo aumentano, ma in compenso possono garantire quello della bionda capa della confederazione. Tornando alle piazzate che ci attendono, la prima sarà l'8 marzo, festa delle donne, la quale forse dovrebbe essere onestamente battezzata festa delle donne contro Berlusconi, perché sono ormai anni che chi sfila ce l'ha con lui. Se potessero, le signore manifestanti le mimose le agiterebbero come manganelli sulla testa di Silvio e non solo. Finito il corteo rosa - che opportunamente sarebbe meglio chiamare rosso, giacché a patrocinarlo è l'Unità - il 12 marzo verrà il turno del C Day, cioè la giornata in difesa della Costituzione proclamata da Repubblica, il giornale concorrente di quello diretto da Concita De Gregorio. Fortuna che Il Fatto ha rinviato la sua manifestazione, altrimenti  i lettori, che spesso sono gli stessi, avrebbero dovuto spendere tutte le ferie. Passati  appena cinque giorni dalla piazzata organizzata dal quotidiano di Ezio Mauro, il 17 marzo sono previste le manifestazioni per il 150° dell'Unità d'Italia, le quali saranno un'occasione ghiotta per  protestare contro il solito Cavaliere. Osservata la liturgia delle Palme, con obbligatoria benedizione dell'Ulivo, il 25 aprile altra sfilata, questa volta in onore della Liberazione dai nazifascisti, ma con il neanche tanto segreto desiderio che diventi la data della liberazione da Silvio Berlusconi. Aspirazione che si replicherà di lì a una settimana, il Primo maggio, con il tradizionale concerto in cui gli slogan antipremier faranno da colonna sonora. E per concludere, come dicevamo, ecco arrivare la Camusso che, dopo avere iniziato il mese con la festa del lavoro, farà lo sciopero per chiedere lavoro. Tra un corteo e l'altro, tra un coro di «vattene» e una ola contro il Cavaliere, ovviamente ci sarà la campagna elettorale per le prossime Amministrative, che il 15 e il 16 di maggio si terranno in diverse città italiane, tra cui Milano, Torino e Napoli, per nominare i nuovi sindaci e consigli comunali. Da qui all'inizio dell'estate, dunque, ci attende un periodo piuttosto noioso, con una gran quantità di titoli che i giornali di sinistra dedicheranno agli italiani convenuti per le adunate pubbliche. I quali, ovviamente, saranno definiti milioni: due, tre o forse più, perché ormai uno non fa impressione e c'è bisogno di pompare i numeri. E a proposito di esagerazioni, ieri Pier Luigi Bersani ha annunciato di aver toccato quota 10 milioni di firme contro Berlusconi. Una campagna indetta al grido di «Dimettiti» che potrebbe far dire ciò che il capo comunista Giancarlo Pajetta rispose ai compagni quando gli annunciarono con fierezza d'aver occupato la prefettura di Milano: «E adesso che ve ne fate?». Ma non è questo il punto: come i cortei, anche la raccolta di firme è uno dei riti cari alla sinistra, la quale si eccita con questo genere di giochetti. La questione vera è però che gli autografi sono più falsi delle monete d'ottone spacciate per oro. Già alcuni nostri cronisti avevano dimostrato come ai banchetti si potesse siglare i moduli del Pd senza che nessuno accertasse l'identità dei sottoscrittori. Ma ieri la nostra Elisa Calessi si è presa la briga di scorrere sul sito del Partito democratico l'elenco dei firmatari, scoprendo che la lista è una patacca. Tra i nomi che sollecitano il Cavaliere a levarsi di mezzo si trovano infatti quelli di Marcello Dell'Utri, da Berzo Demo (Brescia); Benito Mussolini, da Naro (Agrigento); Piersilvio Berlusconi, da Rezzato (sempre Brescia) con l'aggiunta di Paolino Paperino, Mickey Mouse e Pippo Topolino. Non mancano personaggi storici come Vladimir Lenin, Joseph Stalin. Mao Tse Tung, Adolf Hitler e Karol Wojtyla, Scipione l'Africano e perfino musicisti come Giacomo Puccini (si registra invece con rammarico l'assenza dell'autore del Crepuscolo degli Dei). Ma le firme più interessanti sono altre, tra le quali “Ho firmato 300 volte”, “Il Pd non esiste”, “le Firme sono tutte  false”, “Dimettiti tu” e “Dieci milioni sto cazzo”, da Tortona (Alessandria).     Come dicevo, io capisco che a sinistra abbiano i loro riti e si divertano con cortei e sottoscrizioni. Ma almeno quando giocano fra loro evitino di barare.

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