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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Andrea Tempestini
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In questi giorni ricevo diverse telefonate astiose.  Si tratta di parlamentari del centrodestra che fino alla scorsa settimana non avrei esitato a definire amici o comunque qualcosa più di conoscenti occasionali. Con molti di loro le frequentazioni risalgono a dieci o quindici anni fa:  se non le vacanze, abbiamo condiviso cene, dibattiti, qualche festa di partito. Perché allora improvvisamente manifestano ostilità nei miei confronti? Cosa ho fatto di tanto sbagliato da suscitare il loro rancore e il tono freddo e distaccato che sfoggiano? La risposta è semplice:  mi sono permesso di criticare alcune loro scelte in materia di misure economiche e di invitarli a un sano bagno di realismo nel rapporto fra eletto ed elettore.  E questo a quanto pare è  intollerabile per alcuni. Il suggerimento di dare un taglio all'ostentazione del potere  e rinunciare ai privilegi li ha colpiti nel vivo più di tante discussioni politiche e, a giudicare dal comportamento tenuto, non intendono perdonami l'impertinenza. Ovviamente mi dispiace perdere rapporti  consolidati nel tempo. Ma ancor più mi rincresce che nel centrodestra non ci sia la consapevolezza di quel che sta accadendo.   Anziché prendersela con i giornalisti per ciò che pubblicano, deputati e senatori dovrebbero domandarsi come mai in questo periodo gli italiani ce l'abbiano tanto con loro.  Non che in passato i parlamentari nel loro complesso abbiano goduto di grande prestigio. Il qualunquismo ha spesso identificato gli inquilini di Montecitorio e Palazzo Madama come i responsabili di ogni guaio, accusandoli d'aver  badato più agli interessi propri che a quelli collettivi. Ma nella graduatoria della considerazione popolare, ultimamente, gli onorevoli  sono precipitati ancor più in basso, al punto che oggi a qualificarsi come tali si rischia di essere indicati come profittatori sociali o giù di lì. Le ragioni di una simile fama sono molte e fra queste le colpe di chi fa il mio mestiere sono tra le ultime e non le più importanti. Certo: i giornali non mancano di segnalare le pensioni di lusso di cui godono alcuni cosiddetti rappresentanti del popolo, così come non hanno taciuto i menù a prezzo di favore che passa la mensa del Palazzo. Quotidiani e settimanali da molti anni pubblicano inchieste sulla Casta e nel passato hanno avuto una discreta fortuna i libri dedicati all'argomento. Eppure, al di là di una certa indignazione del momento, sapere che un senatore poteva pranzare spendendo cinque euro non aveva mai fatto infuriare nessuno.  Perché invece adesso fa uscire di testa gli italiani apprendere che per un solo giorno da deputato c'è chi incassa una pensione di quasi 1800 euro? Non ci vuole un genio per capirlo. Finché le cose andavano bene, agli elettori-contribuenti  importava poco o nulla che la Casta scialasse. Al massimo l'argomento era fonte di  sdegno da bar, ma non si andava oltre. Oggi che tutti sono costretti a tirare la cinghia, si chiedono tasse straordinarie e si impongono ticket  a chi ha il mal di pancia, i cittadini non sono più disposti a sopportare. Intendiamoci:  i politici non sono milionari. O per lo meno non lo sono grazie allo stipendio che passano loro il Parlamento e le Regioni. Diciamo però che grazie all'appannaggio pubblico godono di una retribuzione che è al di sopra di quella  del 99 per cento degli italiani. Duecentomila euro - tale la cifra - li dichiarano in Italia meno di centomila persone, ovvero lo 0,2 per cento dei contribuenti. Gli onorevoli dunque stanno nella fascia alta degli italiani, almeno in base alle statistiche. Le quali, tengono conto solo del reddito dichiarato e non del resto.  Ma così come non calcolano i patrimoni dei veri ricchi, non rilevano neppure i numerosi benefit e regali di cui godono deputati e senatori.  Tutto ciò, essendo i politici sotto i riflettori, è però noto e, con l'avanzare della crisi, diviene particolarmente insopportabile.  Come può un contribuente accettare di pagare una supertassa sui propri redditi quando Camera e Senato in un anno costano più di quanto si ricaverà grazie alla nuova imposta? Si possono chiedere sacrifici a chi già ne fa  molti pagando fino all'ultimo euro il proprio tributo al Fisco e poi continuare a comprare palazzi nel centro di Roma per dare un ufficio a onorevoli e portaborse?  Le risposte sono scontate. Ma evidentemente non per  i parlamentari, i quali preferiscono attribuire i malumori che salgono dal basso a me e a  quei pochi colleghi che raccontano i privilegi della Casta. È vero che i politici non sono i responsabili di tutti i mali di questo Paese (di molti sì, però). Ma grazie alla loro apatia decisionale e alla supponenza legata alla carica finiranno per apparirlo. Infilando, senza rendersene conto, la testa nel cappio.   

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