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Il libro di Mons. Gänswein pro Bergoglio e contro Codice Ratzinger: cosa non torna

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Il libro di Mons. Gänswein “Nient’altro che la verità” si è rivelato completamente diverso dalle aspettative: poche critiche a Francesco, abbastanza insignificanti nonostante siano state dipinte dal mainstream (probabilmente apposta) come grandi ribellioni. Il testo è invece schiacciato in modo deludente su una narrativa pienamente legittimista di Bergoglio, perfino con pseudo-assoluzioni della Pachamama. Chissà cosa ne avrebbe pensato papa Benedetto.

Alcuni giornali parlano, infatti, di “disgelo” fra i due arcivescovi (di cui uno vestito di bianco) dopo il loro colloquio di due giorni fa, e certo è che, dal volume, tutti i più fidati amici di papa Benedetto escono con le ossa rotte: il card. Sarah, fatto passare per una sorta di pasticcione con manie di protagonismo, Vittorio Messori, che viene smentito nel suo resoconto, ma soprattutto c’è un paragrafo che attacca pesantemente l’inchiesta dello scrivente riassunta nel bestseller “Codice Ratzinger” (Byoblu 2022). Una doccia fredda simile a quel “teologicamente pazzoQUI che si prese don Minutella, (Benedetto vivente) ma che adesso segna un radicale cambio di passo e rimane, per la prima volta, molto difficile da spiegare secondo il noto codice con cui fino ad oggi abbiamo sempre trovato una immancabile lettura “B” benedettina nascosta dietro quella “A” bergoglianamente corretta.

Nonostante la pioggia di pomodori marci che arriverà dai nostri nemici, la cosa non ci turba minimamente, perché l’intera faccenda riguarda il Santo Padre Benedetto (e non il suo segretario), la logica, il diritto canonico, il latino, l’italiano e il tedesco. Per essere definita, la questione della Declaratio dovrà essere discussa pubblicamente da una commissione di canonisti e linguisti mista, fra vaticani e indipendenti, non certo chiarita dal solo Mons. Gänswein, per quanto il suo ruolo di testimone sia importante.

Questi, infatti, per quanto ne sappiamo, potrebbe essere stato minacciato, o nutrire interessi personali, aver cambiato casacca, o intrapreso una diversa linea da quella prevista da papa Benedetto. Chi lo sa?

Converrete che se la regina Elisabetta fosse sospettata di essere stata costretta a un’abdicazione, da lei stessa invalidata per autodifesa dall’usurpatore, certo gli inglesi non si affiderebbero unicamente alle spiegazioni del suo segretario, quanto piuttosto a una commissione d’inchiesta. E finché questa non ci sarà, in Vaticano, continueremo a indagare. Magari chissà, dopo quella su Emanuela Orlandi, fra 40-60 anni ne apriranno anche una su papa Benedetto: siate fiduciosi.

Il centinaio di implacabili messaggi del papa emerito-impedito in Codice Ratzinger ci ha sufficientemente corroborato e, quand’anche si scoprisse, per quelli ritenuti fino ad oggi univoci, una lettura “A” bergoglianamente corretta, ciò farebbe solo aumentare la genialità di Benedetto XVI, dato che resterebbe comunque impossibile smentire l’onnipresente lettura  “B”  sedeimpeditista.

Ad esempio: lo stesso Mons. Gänswein ammette che ci furono degli errori di latino nella Declaratio, evidenziati a caldo, da vari filologi e perfino dal card. Ravasi, sui giornali. Così, quando Benedetto dichiara assurdamente, nel 2016, di aver scritto la Declaratio proprio in latino “per non fare errori”, da un lato questa può essere stata una distrazione senile, dall’altro si può perfettamente riferire al fatto che solo in latino esiste la dicotomia munus/ministerium che gli avrebbe permesso di non commettere l’errore storico di abdicare rinunciando al ministero-ministerium e non al ministero-munus.

Come vedete, per contestare il Codice Ratzinger non basta affermare la plausibilità di una lettura “A” bergogliana ed economica, anche perché questa, nella gran parte dei casi, era già stata studiata anfibologicamente dal Santo Padre: bisogna, piuttosto, smentire l’onnipresente, mirabile lettura “B” benedettina, come ripetiamo da mesi.

C’è da aggiungere che la nostra inchiesta è scevra da interessi di sorta. Lo scrivente non ha cariche ecclesiastiche da difendere o conquistare, non è segretario di papi vivi o deceduti, né rischia sanzioni canoniche, avvelenamenti o Mordkomplott (almeno ce lo si augura); ha realizzato 400 articoli in due anni, gratuitamente, alla luce del puro pensiero speculativo logico e non è mai stato smentito da Benedetto XVI, al quale il libro (con diritti minimi sottoscritti dall’autore) è stato inviato in luglio. Quindi, quanto realizzato fin qui è stato condotto su una linea di disinteresse materiale, onestà  intellettuale e lucida riflessione partendo da oggettive, clamorose incoerenze, silenzi e ambiguità provenienti dal Vaticano che non sono mai stati chiariti. Ora che è morto papa Ratzinger, con il libro del suo segretario sembra che si passi piuttosto da un Codice Ratzinger a una inedita Linea Gänswein.

E infatti ci chiediamo: perché con Benedetto XVI vivente, il suo segretario ha lasciato continuare a scrivere il sottoscritto per ben due anni e mezzo? Se l’inchiesta girava solo intorno a una incredibile serie di equivoci, non sarebbe stato doveroso stopparla con un chiarimento definitivo a tutela dei fedeli in modo da evitare lo “scandalo” per il legittimo pontefice, Francesco?

La lettera falsa a don Minutella QUI è stata smentita recisamente dopo poche ore, mentre un’inchiesta approfondita e notissima, “gravemente calunniosa e scandalosa” per la Chiesa, è stata lasciata proseguire indisturbata per due anni e mezzo. Quando nel 2021 papa Benedetto rispose al sottoscritto tramite Mons. Gänswein, QUI, entrambi potevano/dovevano sfruttare l’occasione per chiarire ogni cosa in modo definitivo, o almeno diffidare lo scrivente dal proseguire. Ma non l’hanno fatto.

Per nove anni studiosi in tutto il mondo si sono scannati sulla Magna Quaestio; ci sono stati preti perseguitati, scomunicati e spretati… Eppure, per pacificare il mondo cattolico, sarebbe bastato registrare col telefonino una dichiarazione univoca e definitiva di Benedetto XVI di 30 secondi. Ora, invece, giusto dopo la morte del papa, si scatena il legittimismo di Bergoglio da parte di Mons. Gänswein? Mmm…dà da pensare.

Venendo al paragrafo “UNA SEQUENZA DI INDIZI INFONDATI” contro il Codice Ratzinger, questo raccoglie una serie di argomentazioni, comprendenti anche le più superficiali sentite in giro, come l’accostamento banale ed estenuante al “Codice da Vinci”, o il fatto che Benedetto, per scrivere in modo “elegante” (!) la Declaratio, avesse utilizzato indifferentemente munus e ministerium come sinonimi (creando, in tal modo, una querelle atroce prolungatasi per nove anni?). Il latino della Declaratio è dozzinale, QUI  oltre che popolato da imperfezioni e alcuni errori. Altro che elegante. Il volume giuridico di Estefania Acosta, del marzo 2021, ha illustrato come il ministerium non possa mai essere sinonimo di munus e che la sua rinuncia non comporti abdicazione QUI  : una tesi condivisa da tanti studiosi, come il canonista Violi, il Prof. Enrico Maria Radaelli, il giurista prof. Antonio Sànchez e tutti i teorici dell’errore sostanziale americani. Peraltro, Gänswein non risponde all’assurdità di una abdicazione con differimento di 17 giorni: come se un papa, all’elezione, accettasse la carica, ma non prima di un mese e mezzo. Elezione e abdicazione sono “atti puri” che valgono simultaneamente.

Mons. Gänswein definisce, in sintonia con i nemici una cum, le nostre interpretazioni come “letture abnormi”. Possiamo considerare abnorme l’ovvio stupore per il fatto che Benedetto, per nove anni da “emerito” abbia continuato fino a febbraio 2022 a impartire per iscritto la sua benedizione apostolica, prerogativa esclusiva del papa in carica? Di questo si meravigliò anche il card. Brandmueller. Può essere considerata lettura abnorme notare come Benedetto scrivesse che “nessun papa si è dimesso negli ultimi mille anni”, con quattro papi abdicatari,  e trovarne coerente spiegazione impeditista in relazione alla Riforma gregoriana? QUI  Oppure possiamo essere considerati dei mitomani quando papa Ratzinger, dopo due anni che lo descrivevamo in sede impedita, manda a dire alla Lumsa: “Se non credete, la risposta è nel Libro di Geremia”, dove figura la frase “IO SONO IMPEDITO”? QUI 

C’è anche, nel libro, una dichiarazione sconcertante e contraddittoria di Mons. Gänswein, al di fuori da possibili interpretazioni anfibologiche: “E poi (Benedetto) ha sempre celebrato la santa Messa, durante la settimana, in italiano e la domenica in latino, utilizzando il Messale romano di Paolo VI e pronunciando ovviamente la preghiera eucari­stica con l’esplicita menzione della comunione con il Papa regnante, Francesco, come possono testimoniare tutti quelli che hanno concelebrato con lui”.

Siamo sicuri?

Lo scorso ottobre, un sacerdote bergogliano QUI chiama Mons. Gänswein e gli chiede in comunione con chi celebrasse papa Ratzinger. La risposta, ovvia e diretta come quella sopra riportata, doveva essere: “Benedetto ha sempre celebrato in comunione con papa Francesco”. E invece no, Mons. Gänswein risponde: “Papa Benedetto non ha mai menzionato nessun altro nome nel Canone della Messa. Non ha mai nominato se stesso nel Canone”. Come vedete bene, è una ben laboriosa costruzione per evitare di dire la cosa più semplice, ma questa gli consente di contemplare perfettamente il fatto che Benedetto avesse sempre celebrato “in comunione con me stesso, indegno servo”, con la formula liturgica propria del vero papa. Infatti, in quel caso, come leggete, non avrebbe citato né il proprio nome, né nessun altro.

“Tutto quello che dici potrà essere citato contro di te”, ironizza Mons. Gänswein: e allora l’arcivescovo poteva ben fare a meno di fornire queste risposte così sublimemente anfibologiche e assicurare, già allora e in modo chiaro, che Benedetto celebrava in comunione con Francesco.

La questione  sulla preghiera eucaristica  si è chiusa, peraltro, quando il segretario ha smentito la falsa lettera inviata a Don Minutella QUI - nella quale c’era espressamente scritto che Benedetto celebrava in comunione con Francesco  Gänswein dichiarò:  “La lettera è un falso e una menzogna. Pura fake news”. Allora, se la logica elementare e la lingua ci assiste, menzogna e pura fake news si riferivano al contenuto. Quindi non era vero che Benedetto celebrava in comunione con Francesco, pertanto celebrava “in comunione con se stesso indegno servo”.  Vi fila?

Oggi però Mons. Gänswein, nel libro, afferma il contrario.  Scusate, ma qui non è Cionci che fa letture abnormi, è qualcun altro che dovrebbe mantenere una linea più limpida e coerente.  

Il sospetto legittimo è che, dopo la morte di Benedetto, Mons. Gänswein abbia abbandonato il progetto di papa Ratzinger, da compiersi magari con un disvelamento contenuto in una di quelle carte private ormai destinate al fuoco, per aderire a una strategia una cum-viganiana che ci regalerà un altro antipapa con un prossimo conclave spurio, comprendente gli 83 cardinali invalidi di nomina bergogliana.

Ma, se la nostra fiducia in Mons. Gänswein oggi, per la prima volta, purtroppo vacilla, quella in papa Benedetto no. Continuiamo ad essere convinti che questa vicenda, prima o poi, avrà comunque una chiusura netta, definitiva e purificatrice, con, o senza Mons. Gänswein.

La Seconda Lettura da San Pietro apostolo, scelta da Benedetto e citata durante il funerale del Santo Padre, ci avverte: “…ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova … torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà”.

Santità: non siamo neanche afflitti per questa “prova”. Acqua fresca. Riteniamo il libro di Mons. Gänswein contraddittorio e privo di coerenza con fatti e documenti reali. Pensiamo che tale mossa possa rispondere, purtroppo, a una svolta diplomatico-funzionalistica verso il mondo una cum, con l’appoggio a un drammatico conclave-inciucio che sancirà la fine della Chiesa canonica visibile.  

Il futuro ce lo dirà. Per ora siamo ottimisti e fermamente convinti di avere ragione, perché il nostro riferimento è papa Benedetto. Poi, se volete credere che lo scrivente aveva torto, che la nostra inchiesta si fonda su una “tempesta perfetta” di centinaia di incredibili, perfette coincidenze fra documenti, diritto canonico, dichiarazioni, gesti pubblici, simboli, teologia, storia della chiesa, ambito profetico,  se volete convincervi che Bergoglio è un vero papa nonostante le Pachamame, i riti negromantici con i pellerossa e le benedizioni alle coppie gay, “Codice Ratzinger” non potrà che rimanere un monumento laico, quasi prometeico, alla ricerca della verità, di fronte a una Chiesa, evidentemente devastata in mondo irrimediabile dal Concilio, che per nove anni ha negato al popolo la Summa charitas, cioè la verità, la chiarificazione su questioni-base. Una Chiesa dilettantesca, distratta e insensibile che, se non fosse stata usurpata/impedita (cosa di cui invece siamo certi), avrebbe colpevolmente preferito il silenzio sdegnoso, l’ambiguità, la contraddizione, lo scandalo, la persecuzione di preti innocenti invece di chiarire doverosamente una situazione fomite di mille, inaccettabili inquietudini.

Visto che gli ecclesiastici non rispondevano a interrogativi stra-legittimi, abbiamo dovuto darci le risposte da soli, a lume di Logica, con l’eroica partecipazione di tante persone di buona volontà, che volevano sapere chi fosse il papa, senza incertezze. E l’impianto che abbiamo ricostruito è perfettamente, mirabilmente coerente, in tutti i dettagli, come lo era la mente di quel santo papa Benedetto XVI. E l’ultimo scarto improvviso del suo segretario che – per ora -non riusciamo a inquadrare, ci incuriosisce, ma non ci smuove di un millimetro.

Andremo quindi avanti come treni nelle presentazioni di “Codice Ratzinger” in tutta Italia, (il 13 a Siena) spingendo le persone a ragionare, a farsi domande su fatti, documenti e ragionamenti oggettivi, anche offrendo gli stralci di questo ben strano libro di Mons. Gänswein come contributo necessario e indispensabile. E’ finita l’era di una Chiesa che come nei “Promessi sposi” dice “Sopire, troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire”, che mette la polvere sotto al tappeto, sfacciatamente incoerente con le sue stesse regole interne e col messaggio che pretende di trasmettere.

E agli una cum che ora, giubilanti, illusi per un prossimo conclave ritenuto valido per le dichiarazioni di Gänswein, ci tireranno le uova, ricordiamo che “se non è Zuppi, è pan bagnato”. Difficilmente con 83 falsi cardinali bergogliani verrà eletto un cardinale cattolico. Sarebbe comunque un altro turbo-modernista che darà il colpo di grazia a quel poco che resta della Chiesa.

E quando vi comunicherete con l’ostia alla farina di cavallette, vi ricorderete di queste parole.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PS: notare comunque che l paragrafo di intitola "una sequenza di indizi infondati"

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