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Il dottor Fuortes tra Rai e Maggio Fiorentino

Per l'istituzione lirica fiorentina, in crisi, si pensa a sostituire Pereira ma salta il commissariamento. Tra i candidati l'attuale amministratore delegato della tv di Stato. Ma qua si tratta di una questione di egemonia culturale...

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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Alexander Pereira al Maggio Musicale Fiorentino Foto: Alexander Pereira al Maggio Musicale Fiorentino
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Cosa sta succedendo al Maggio Musicale Fiorentino?
Come può la crisi della roccaforte lirica Dem intrecciarsi con quella della Rai; e spegnere la fiamma della mitica «egemonia culturale della sinistra» (tanto per essere gramsciani)?
Accade che, da mesi, l’istituzione fiorentina, sostenuta dal sindaco Dario Nardella che si batte strenuamente «per non lasciarla alla destra...»- sibila a margine di mille consigli comunali- sprofondi nel dramma. Il suo sovrintendente Alexander Pereira è inguaiato per la nota faccenda delle presunte spese di rappresentanza gonfiate e farlocche al vaglio della magistratura con tanto di avviso di garanzia. E i suoi conti stanno ancora peggio; oltre allo sprofondo rosso del bilancio calmierato dal Mibac ai tempi di Dario Franceschini c’è una nuova indagine e un invito a comparire il 9 febbraio in Procura sempre per Pereira. Stavolta la Guardia di Finanza torna per indagare sull’uso da parte del sovrintendente del fondo di “ripatrimonializzazione” dello Stato che dovrebbe essere usato soltanto -appunto- per il patrimonio e non per coprire le spese del teatro.
Da Roma non sarebbe mai arrivata l’autorizzazione a usare le risorse – di 35 milioni, 27 sono già arrivati – per le spese del teatro.

AUTO-FINANZIAMENTO «L’operazione che il sovrintendente ha fatto è un’operazione di auto-finanziamento: ha usato parte del fondo dicendo, ora copro le spese e poi ripiano quell’ammanco. Si capisce la ragione, se non lo avesse fatto non avrebbe potuto pagare gli stipendi da novembre. Si tratta grosso modo di una decina di milioni, una cifra su cui vogliamo fare degli accertamenti in maniera più precisa, anche se lui stesso ha dichiarato di aver speso tanto” denuncia al Corriere Fiorentino Roberto Benedetti, presidente del Collegio dei Revisori dei Conti del Maggio Musicale Fiorentino. Cioè Pereira -soggetto per l’Istat a regola di finanza pubblica- avrebbe utilizzato il “Fondo di Rotazione”, 50 milioni aiuti pubblici non per ripianare la baracca, ma per pagare gli stipendi a orchestrali e artisti, in chiara violazione della legge 234/2021 –art. 1 comma 359-360-363. Cioè: il sovrintendete, ricevuti i soldi della salvezza, di fatto sarebbe già sotto di 4 milioni. Certo, le spese del Maggio sono storicamente implacabili.
«È un progetto comprensibile, quello di Pereira, ma debole, in quanto il Maggio non ha mai fatto utili, le produzioni sono molto costose, e tra l’altro 12 anni sono un arco di tempo che impegna una durata di sovrintendenza che va al di là del suo mandato. Significa in sostanza lasciare dei debiti. Per altro noi sappiamo che il finanziamento dei 35 milioni è vincolato e non può essere distratto per altri fini», dicono sempre i revisori dei conti. I sindacati dei dipendenti del Maggio stanno sulla stessa scia e invocano un commissario che giunga con la spada di fuoco dell’angelo vendicatore. L’angelo s’appaleserebbe –per usare un’inattaccabile pezza giuridica- in virtù del primo comma dell’art 21 Dlgs 367/1996: «Il Ministro per i beni e le attività culturali, anche su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze: a) può disporre lo scioglimento del Cda della fondazione quando risultino gravi irregolarità nell'amministrazione, ovvero gravi violazioni delle disposizioni legislative». Senza evocare la successiva legge Bray che muove dallo stesso principio, o gli eventuali bilanci preventivi in perdita. Un Commissario, dunque sarebbe la scelta migliore.
Dal ministero dei Beni Culturali lo invocherebbero come una sorta di Ispettore generale di Gogol, sventolandolo contro la precedente disastrosa gestione della sinistra franceschiniana. Ma pare che gran parte dei dirigenti del dicastero (ancora naturalmente spostati verso il Pd: per applicare uno spoil system culturale decente a destra ci vuol tempo, mancando gli uomini) premerebbero sul ministro per una soluzione più pacificatrice nei confronti di Nardella che resta pur sempre il sindaco di una città-simbolo. E qui arriviamo all’intreccio con la Rai.
Nardella si incontra a Roma col Ministro Gennaro Sangiuliano per arrivare al compromesso che eviti l’apocalisse del teatro (e la sua); e la proposta del sindaco Pd sarebbe non di commissariare ma di licenziare Pereira, e nominare un nuovo sovrintendente. E il nome del primo candidato è l’uovo di Colombo: Carlo Fuortes, attuale ad della Rai, il cui abbandono di viale Mazzini accenderebbe la miccia delle nuove nomine e della rivoluzione a destra della tv di Stato. Ma se Fuortes, che notoriamente ambisce alla Scala, non accettasse?
Nardella propone una rosa di altri sovrintendenti papabili: Luciano Messi e Anna Meo, rispettivamente attuale ed ex numero uno a Parma, e di Peter de Caluwe, sovrintendente e direttore artistico del Théâtre Royale la Monnaie, l’Opera nazionale del Belgio. Peccato che saremmo daccapo. E peccato che i suddetti siano tutti nomoni solenni di un progressismo tenacemente à la page. Nardella ci prova, insomma.

NOMI INCONTESTABILI Fortunatamente qualcuno, da destra, fa sommessamente notare che anche da questa parte della barricata le competenze non mancano. Anzi. Da Cristiano Chiarot deus ex machina della Fenice all’eterno Carlo Fontana –coetaneo di Pereira- a Nazzareno Carusi musicista di fama internazionale e consigliere di amministrazione della Scala: nessuno di costoro, di professionalità riconosciuta, pare sia un pericoloso fascio eversore.

Il fatto è che, a partire dai corridoi dei Beni Culturali, dovremmo cominciare a superare gli endemici complessi d’inferiorità verso la sinistra, proponendo –come suggerisce su Libero Massimo Bernardini, solido intellettuale cattolico- idee e uomini nuovi. A patto che non si usi il Manuale Cencelli con logiche di reconquista, e che gli uomini siano culturalmente all’altezza. Diceva Sergio Romano sulle feluche imposte dalla politica ai ministeri: «L’importante è che siano bravi, perché di cretini abbiamo già i nostri...».

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