L’idea che "siamo ciò che mangiamo" oggi acquista un significato ancor più profondo, alla luce delle più recenti ricerche scientifiche che connettono il regime alimentare non solo alla salute quotidiana, ma alla qualità dell’invecchiamento e alla durata della vita. È ormai chiaro come l'alimentazione possa agire in maniera significativa su meccanismi cellulari cruciali, come infiammazione cronica, autofagia, stress ossidativo, metabolismo e attivazione genica. Una vera rivoluzione silenziosa che attraversa laboratori di ricerca, cucine consapevoli e studi medici. Tra i protagonisti italiani più autorevoli in questo campo, il professor Giorgio Calabrese, medico nutrizionista, specializzato in Scienza dell'alimentazione ed uno dei maggiori esperti mondiali in materia di diete e nutrizione. Il professor Giorgio Calabrese ha recentemente avviato una nuova collaborazione con Palazzo Fiuggi Wellness & Medical Spa, struttura d’eccellenza riconosciuta a livello internazionale nel campo della longevità e del benessere integrato. In qualità di esperto di riferimento per la Scienza dell’Alimentazione e la Nutrizione Clinica, il Professor Calabrese contribuirà allo sviluppo di programmi personalizzati basati su evidenze scientifiche, volti a promuovere la salute, la prevenzione e l’ottimizzazione dell’età biologica.

«Finalmente abbiamo capito che l’infiammazione è un fenomeno molto grave se perpetuato nel tempo – spiega Calabrese – perché fa invecchiare le cellule e gli organi». Il concetto di "inflammaging", termine che unisce le parole inflammation e aging, indica infatti lo stato di infiammazione cronica di basso grado che caratterizza l’invecchiamento. Secondo gli studi più recenti, questa condizione silente accelera i processi degenerativi, abbassa le difese immunitarie e apre la strada a patologie metaboliche, cardiovascolari, neurodegenerative e oncologiche. Per contrastare tutto questo, afferma Calabrese, è essenziale «ricorrere al regime dietetico mediterraneo per rimediare a queste carenze». Il modello mediterraneo, infatti, si è dimostrato uno dei più efficaci nel modulare l’infiammazione, grazie alla sua ricchezza in fibre, polifenoli, acidi grassi insaturi e una bassa quota di zuccheri semplici. Il ruolo del microbiota intestinale, quella complessa comunità di batteri che abita il nostro intestino, è centrale in questa visione. Si tratta di un ecosistema vivente che dialoga costantemente con il sistema immunitario e il metabolismo, influenzando direttamente i livelli di infiammazione sistemica e la salute cellulare. Un microbiota in equilibrio favorisce la produzione di metaboliti protettivi, come il butirrato, capaci di regolare l’espressione genica e rallentare i processi di senescenza. Un'alimentazione ricca di fibre vegetali, legumi, cereali integrali e fermentati favorisce la diversità e l’equilibrio della flora intestinale, contribuendo a mantenere giovane l'organismo.Tra i meccanismi cellulari coinvolti nella longevità, uno dei più importanti è l’autofagia, un processo di "autodigestione" con cui le cellule eliminano le componenti danneggiate e rigenerano quelle funzionanti. L’autofagia è una sorta di spazzino interno che consente all’organismo di fare manutenzione e di prevenire l'accumulo di tossine e scarti cellulari, rallentando così l’invecchiamento. «Le strategie alimentari che possono modulare positivamente l’autofagia – sottolinea Calabrese – includono molto movimento aerobico ma non stressante, e una dieta mediterranea personalizzata che riflette tutti gli effetti metabolici positivi di protezione e prevenzione». In altre parole, non si tratta solo di cosa si mangia, ma anche di quanto e quando si mangia, e di come si muove il corpo.Accanto all’autofagia, un altro attore chiave nella biologia della longevità sono le sirtuine, una famiglia di proteine regolatrici che intervengono nei processi di riparazione del DNA, metabolismo, infiammazione e stress ossidativo. Le sirtuine, in particolare la SIRT1, sono state definite “geni della longevità” per la loro capacità di aumentare la resistenza cellulare e migliorare la salute metabolica. Tuttavia, come sottolinea Calabrese, «Esiste un rischio associato a un’eccessiva attivazione delle sirtuine attraverso integratori: c’è il rischio di attivare così tanto i recettori sirtuinici, grazie a un eccesso di uso di integratori, da mandarli in tilt e creare al contrario stati patologici». Il messaggio è chiaro: nessuna scorciatoia miracolosa, ma piuttosto un equilibrio delicato da raggiungere attraverso lo stile di vita.Ma uno degli aspetti più interessanti e promettenti della scienza nutrizionale contemporanea è la crononutrizione, ovvero l’arte di sincronizzare l’alimentazione con i ritmi biologici circadiani. «La crononutrizione" afferma Calabrese "è una metodica che ha due regole: quella generale, cioè i cinque piccoli pasti, e quella personale che può ridurre il numero di questi pasti a tre o meno, a seconda del metabolismo del paziente».

I ritmi circadiani influenzano infatti l’assorbimento dei nutrienti, la secrezione ormonale, la sensibilità insulinica e i processi riparativi. Mangiare nelle ore diurne e lasciare un adeguato digiuno notturno, ad esempio, migliora il metabolismo e riduce lo stress ossidativo.Un capitolo cruciale nell’ottica della nutrizione della longevità riguarda il bilanciamento dei carboidrati. I carboidrati sono la principale fonte di energia per il corpo, ma non tutti hanno lo stesso impatto. «È fondamentale mantenere l’equilibrio tra carboidrati complessi e semplici – spiega Calabrese – perché più carboidrati complessi e meno infiammazione, mentre se si esagera con quelli semplici questa azione protettiva si inverte e infiamma». I carboidrati complessi, contenuti in cereali integrali, legumi, ortaggi e frutta intera, rilasciano glucosio in modo graduale, stabilizzando la glicemia e riducendo l’insulino-resistenza, uno dei principali fattori di invecchiamento precoce.Tutto questo si traduce in un approccio integrato, personalizzato e dinamico alla nutrizione. Non si tratta di aderire rigidamente a una dieta, ma di adottare uno stile di vita alimentare che tenga conto della biologia individuale, dell’età, del livello di attività fisica e delle eventuali predisposizioni genetiche. Una longevità sana e attiva non si costruisce solo con supplementi o superfood, ma con una costanza fatta di abitudini quotidiane corrette, ascolto del proprio corpo e scelte consapevoli.Infine, è importante sottolineare che la longevità non è solo una questione di anni vissuti, ma di anni vissuti bene. Un invecchiamento di qualità richiede la preservazione della funzionalità cognitiva, della vitalità muscolare, dell’equilibrio metabolico e della resilienza immunitaria. E per ottenere tutto questo, la nutrizione rimane uno degli strumenti più potenti, economici e accessibili a disposizione della medicina preventiva.Come ci ricorda il professor Calabrese, la longevità è il risultato di un’armonia complessa tra genetica, ambiente, attività fisica, stress, relazioni sociali e, soprattutto, alimentazione. E se è vero che non possiamo scegliere i nostri geni, possiamo però decidere ogni giorno cosa mettere nel piatto, scegliendo il cibo come primo farmaco e come alleato fondamentale nel cammino verso un futuro più lungo, più sano e luminoso.
Autrice dell'articolo Orchidea Colonna
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