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Donald Trump, la piccola rivincita dei Repubblicani al Congresso: vincono in Mississipi

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Trump ha dimezzato il controllo sul Congresso, avendo il GOP perso la maggioranza alla Camera il sei novembre. Ma ieri, nel previsto ballottaggio per il secondo seggio del Mississippi, il GOP ha vinto la rivincita del Senato, conquistando il 53esimo senatore su 100 e solidificando ulteriormente la maggioranza striminzita di 51 seggi che aveva finora. Cindy Hyde-Smith, la vincitrice con il 54% contro il 46% dello sfidante DEM (che era stato ministro dell'Agricoltura sotto Bill Clinton), e' anche la prima donna a diventare senatrice nello stato meridionale tradizionalmente conservatore, un risultato storico. Non aspettatevi pero' che la stampa mainstream dia alcun riconoscimento a questa conquista “femminista”, perche' solo se a vincere sono le deputate e le senatrici DEM la caratteristica di genere va strombazzata. Il margine attuale di 53 a 47 a favore dei repubblicani in Senato e' una vittoria per Trump piu' grande di quanto non dicano i numeri. Basta pensare alla dura battaglia per la conferma di Kavanaugh alla Corte Suprema, la cui sorte e' stata appesa fino all'ultimo istante al si' di almeno una delle due senatrici meno trumpiane, Susan Collins del Maine e Lisa Murkowski dell'Alaska. Se i loro voti fossero stati due “no” (la Collins invece fu a favore, e la Murkowski contro), il GOP e il presidente avrebbero perso. Il partito repubblicano infatti contava, e ancora oggi conta, 51 seggi contro 49 (il ricambio del Congresso avverra', come di norma, il prossimo primo gennaio, anche se le elezioni sono state il sei novembre). Ma non e' solo una questione matematica. Il recente rinnovo dei senatori e' stata pure l'occasione per la formazione di una squadra piu' fedele a Trump, che del resto ha contribuito non poco al successo del GOP impegnandosi senza risparmio, ed esponendosi al rischio del fiasco, in una raffica di comizi a favore dei candidati repubblicani in bilico. Oltre alla Hyde-Smith, anche i senatori repubblicani eletti in Florida (Rick Scott), Missouri (Josh Hawley), Nebraska (Deb Fisher), Nord Dakota (Kevin Cramer), Texas (Ted Cruz), Utah (Mitt Romney), Wyoming (John Barrasso), Indiana (Mike Braun), Tennessee (Marsha Blackburn), Mississippi (Roger Wicker) devono dire grazie all'appoggio esplicito del presidente, che dai risultati ottenuti con questa sua forte esposizione diretta puo' trarre motivi di soddisfazione e di speranza per la rielezione fra due anni. Mentre il passaggio della Camera ai DEM segna la fine della possibilita' di realizzare una agenda politica legislativa al 100% repubblicana e impone un regime bipartisan quale condizione di nuove riforme, la confortevole maggioranza del GOP al Senato apre la strada a significativi avanzamenti nella nomina di giudici federali per coprire le posizioni oggi vacanti nelle Corti di Appello e, dovessero crearsi dei vuoti, nella Corte Suprema. E' il presidente che ha infatti il potere di scegliere i giudici, mentre spetta poi al leader della maggioranza in Senato, che nel 2019-2020 sara' ancora il repubblicano Mitch McConnell, stabilire il calendario delle votazioni per le ratifiche. E bastera' la maggioranza assoluta che il GOP ha in cassaforte:  51 voti o, al limite, 50 perche' in quel caso lo stallo sarebbe rotto dal voto del vicepresidente Mike Pence, che di diritto e' anche il presidente del Senato. Quindi, depotenziata la possibile fronda interna delle due senatrici citate prima e di un paio di altri senatori Never Trump che non si sono ripresentati il sei novembre, McConnell avra' la chance di immettere molti giudici federali conservatori nei Circuiti delle Corti d'Appello, dove ora ci sono da riempire 136 vuoti ancora da nominare da Trump. Sessantanove magistrati, gia' scelti, sono in attesa di conferma. Per la Corte Suprema, i Democratici staranno sulle spine fino alla fine del 2020 perche' due dei quattro giudici liberal sono ultraottantenni, Ruth Bader Ginsburg e Stephen Breyer. di Glauco Maggi

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