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Per battere Trump, i democratici vogliono stravolgere il sistema elettorale Usa

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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I Democratici sono, da quando hanno perso le elezioni del 2016 contro Trump, in preda a una frenesia programmatica rivoluzionaria che punta a smantellare le fondamenta della Repubblica nata con la Costituzione del 1787. Non alludiamo qui alle sparate socialiste di Bernie Sanders, della sua nipotina Alexandria Ocasio-Cortez, e di un numero rilevante di senatori candidati presidenti che hanno sposato il Green New Deal. Questa deriva l'abbiamo descritta in Blog precedenti. (qui e qui). La novita' e' che sta prendendo corpo un piano, promosso dai governatori Democratici degli Stati cosiddetti blu, di stravolgimento del sistema elettorale presidenziale attraverso la abolizione dei collegi elettorali su base statale che portano alla maggioranza necessaria a insediare il presidente degli Stati Uniti. Il malumore serpeggiava gia' dai tempi della elezione di George W. Bush, nel 2000, quando il numero di elettori pro Al Gore, a livello nazionale, era stato piu' alto della somma dei voti andati al Repubblicano. Grazie al Collegio nazionale costituito dai Grandi Elettori che sono nominati Stato per Stato, pero', il candidato del GOP ottenne la maggioranza di delegati qualificati a far eleggere il presidente. Poi Obama aveva vinto nel 2008 e 2012 e la polemica si era placata, per esplodere con virulenza nel 2016 quando per Hillary Clinton votarono circa 2,8 milioni di americani in piu' rispetto a Trump, ma quest'ultimo vinse per 304 a 227 Grandi Elettori. E' stato calcolato che meno di 80mila elettori, in tre contee in Wisconsin, Pennsylvania e Michigan, sono bastati a far perdere alla Clinton i tre Stati del MidWest che credeva di avere gia' in tasca, e a far trionfare Trump (il quale, comunque, e' stato il repubblicano a fissare il record di sempre per numero di voti nazionali mai avuti in assoluto, 62,98 milioni, superando i 62,04 milioni che diedero la Casa Bianca a George W. Bush nel 2000). I DEM gridano allo scandalo e alla mancata democrazia, ma la Costituzione parla chiaro. L'elezione del presidente e del vice presidente avviene mediante una procedura di secondo grado come disciplinato dall'articolo 2 - sezione 1 della Costituzione statunitense e modificato nel 1804 con la ratifica del 12º emendamento e nel 1961 con la ratifica del 23º emendamento. La introduzione del Collegio nazionale era una delle varie misure che hanno di fatto permesso la nascita degli Stati Uniti come federazione repubblicana, in cui sono i singoli Stati ad avere un peso nella determinazione del vincitore della presidenza. In ossequio al federalismo ogni Stato fissa le proprie regole per decidere chi vince le primarie in ogni partito e chi poi elegge i Grandi Elettori per la elezione finale del presidente. In 48 su 50 Stati vige il meccanismo del “chi arriva primo prende tutti i delegati” (le eccezioni sono il Nebraska e il Maine che hanno un loro sistema piu' articolato). Con questa procedura, che rispecchia la Costituzione, si spiega come a vincere la Casa Bianca possa essere un candidato che non ha il maggior numero di voti. I Democratici, non contenti dei risultati pro Bush e pro Trump, hanno studiato una soluzione legislativa a livello degli Stati, chiamata National Popular Vote Interstate Compact (misura per il voto nazionale popolare interstatale), in cui uno Stato si impegna a comporre la propria delegazione di Grandi Elettori che andranno a Washington per decidere il Presidente soltanto con persone che si impegnano a votare per il candidato che, alle elezioni precedenti di inizio novembre, ha avuto il maggior numero di voti a livello nazionale. A prescindere, cioe', dall'esito del voto reale nel proprio Stato. Il governatore del Colorado, il Democratico Jared Polis, ha detto che firmera' il Compact se il parlamento del suo Stato approvera' la relativa legge. Cio' portera' a 12 il numero degli Stati, tutti Blu ossia oggi a controllo Democratico, che prenderanno l'impegno di delegare di fatto all'elettorato nazionale il potere di scelta. Il Gruppo del Compact comprende gia' gli Stati di New York, Illinois, e tutti gli Stati del New England eccetto il New Hampshire. Finora questi Stati, con l'aggiunta del Colorado (e del Columbia District dove c'e' la capitale Washington), dispongono di 181 Grandi Elettori, ancora lontani dai 270 necessari per portare il vincitore del voto popolare alla Casa Bianca. L'argomento usato dai proponenti e' che il Compact “e' il modo per assicurare che ogni voto sia contato equamente”, come ha detto Emily Sirota, deputata DEM del parlamento statale del Colorado e sponsor della iniziativa nel suo Stato. Incostituzionalita' a parte, la misura che azzererebbe il concetto dei Grandi Elettori Stato per Stato per quanto riguarda il potere esecutivo (la Presidenza) non puo' non comportare una revisione radicale anche per la composizione del Senato (che divide con la Camera il potere legislativo). Altrimenti la contraddizione con il Compact sarebbe solare, e qualche liberal sta gia' suggerendo di eleggere i senatori su base proporzionale. Se l'obiettivo e' di far contare “equamente” ogni voto per la Casa Bianca, come si puo' tenere in vita l'attuale meccanismo della rappresentanza di cui i cittadini dispongono oggi per la composizione del Senato? I senatori sono 100, due per ogni Stato, e cio' si traduce nella disparita' ovvia tra i circa 60 milioni di abitanti di California e New York, che hanno due senatori a testa, e il poco piu' del milione complessivo di cittadini in Alaska e Vermont, che hanno pure loro due senatori a testa. Anche in questo caso e' sbagliato parlare di assurdita', pero'. Se i padri fondatori non avessero escogitato il compromesso della pari rappresentativita' nel Congresso delle prime 13 colonie, che non avevano di sicuro gli stessi abitanti e per di piu' avevano strutture sociali ed economiche diversissime, la Costituzione non sarebbe mai stata adottata dai primi Stati, e da quelli venuti dopo. Gli USA non sarebbero mai nati come uno stato federativo unitario, che 230 anni dopo e' arrivato dov'e' ora. Con tutte le sue apparenti contraddizioni e anomalie, che sono in realta' il cemento costituzionale del paese. di Glauco Maggi

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