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Tornano i comunisti? Per ora in Transatlantico

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Sono tornati i comunisti. Almeno in Transatlantico. Oggi pomeriggio si aggirava Jacopo Venier, ex deputato di Rifondazione comunista, oggi direttore a tempo pieno di Libera Tv. Seduto su un divanetto, si è visto chiacchierare per tutto il pomeriggio con un compagno di un tempo. Ma è stato avvistato  anche Roberto Soffritti, ex deputato del Pdci, per un periodo tesoriere, nonché sindaco ventennale di Ferrara (all'epoca del Pci-Pds). Che ci fanno qui?, si sono chiesti in tanti. Anche perché in questi giorni, nella galassia della sinistra-sinistra, detta anche “a sinistra del Pd”, c'è un gran movimento. A far crescere l'agitazione è l'aria di elezioni. Il problema è che se si va al voto, la Federazione delle sinistre, quella che raccoglie i cocci di Pdci, Prc e Socialismo 2000, non ce la farà mai a superare il 4% di sbarramento, soglia per chi si presenta da solo. L'unica salvezza, per loro, sarebbe di allearsi con Pd, Sel, Idv. In quel caso basterebbe superare il 2%. Ma Bersani può permettersi di imbarcare un partito con la falce e il martello? E loro possono permettersi di allearsi con il Pd, dopo aver predicato dal 2008 in qua che quelli sono liberisti, mai più l'Unione e mai più con il Pd? Gli ultimi comunisti rimasti sono i primi a sapere che no, Bersani non può. E loro nemmeno. Di conseguenza, è scattato il “si salvi chi può” (che nel caso di Cesare Salvi è nomen omen). Oliviero Diliberto sta trattando con Bersani per avere tre posti nelle liste del Pd, una sorta di diritto di tribuna. Salvi e Giampaolo Patta, ex Cgil, negoziano per averne uno ciascuno: per loro stessi. E questa dei posti in lista è anche la soluzione preferita da Bersani: non corre il rischio di passare per quello che ha rifatto l'Unione, ma nello stesso tempo si “copre” a sinistra, rubando alla FdS i volti più rappresentativi (si fa per dire). Chi rimane a secco, in questo schema, è Paolo Ferrero,  quello che è riuscito nell'impresa di vincere un congresso di un partito e nello stesso tempo ucciderlo. Con il Prc tra i piedi, non può certo chiedere un posto in lista al Pd, lasciando i compagni alla loro sorte. Hai voluto il partito? Tienitelo. Ma non è finita. A sinistra della sinistra-sinistra, quindi a super sinistra del Pd e anche della Federazione delle sinistre, sta nascendo un altro partito. Quello di Giorgio Cremaschi, ex Fiom: sta raccogliendo attorno a sé pezzi di Fiom, di sindacati di base, di movimento. Sabato mattina ci sarà il lancio ufficiale al Teatro Ambra Iovinelli di Roma. E così sabato si vedranno in campo due sinistre: alla mattina quella di Cremaschi, al grido di “non vogliamo pagare il debito”, slogan del ritrovo. Al pomeriggio quella di Vendola che, insieme a Di Pietro, sarà a Piazza Navona al grido di “ora tocca a noi”. La prima sinistra vorrebbe che lo Stato mandasse al diavolo Bce, Commissione Europea e tutti quanti, fregandosene di risanare il debito pubblico riducendo la spesa e toccando lo stato sociale. E dunque è contro ogni ipotesi di governo. Perché nessuno, oggi, potrebbe governare con una simile posizione. La seconda, che non vede l'ora di andare al governo, cerca di unire l'orgoglio di sinistra e l'assunzione di responsabilità, per far dimenticare le tristi sorti dell'Unione. Ora tocca a noi. In effetti se Vendola fa il patto con Bersani, facendo di Sel un partito “governativo”, un qualche spazio, a sinistra della sinistra del Pd, potrebbe crearsi. Anche perché la FdS è agonizzante. L'idea di Cremaschi, quindi, potrebbe avere un senso: dar vita al quarto polo di sinistra. E a guidarlo sarebbe Cremaschi, nel ruolo di Bertinotti del 2011. Come lui, viene dal sindacato. E come lui è agguerrito e imprevedibile. Così il cerchio si chiuderebbe. Bersani rifa l'Ulivo. Cremaschi rifa Bertinotti.

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