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Crolla tutto (o forse no?) e alla Camera si vota sulle Alpi

politica

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Cade, non cade, sta per cadere. L'aria che si respira oggi alla Camera è questa. In una situazione sempre più surreale. Mentre in cortile e nei divanetti si moltiplicano crocchi di deputati (per corrente e sotto-corrente), con Dario Franceschini che fa il punto coi suoi, Daniela Santanché, in soprabito arancione fosforescente che chiacchiera con Iole Santelli, Beppe Fioroni che prende sotto braccio questo e quello per dare la linea sul governone con tutti dentro, Casini che sfreccia con un sigaro enorme in bocca (spento, amici contro la casta),  mentre spunta tra le tante l'ipotesi di un governo Maroni (che peraltro sta riferendo sugli scontri del 15 dicembre, ignorato da tutti perché lo scontro epocale, oggi, è tra Bossi e Berlusconi, altro che black bloc), mentre Bersani si apparta mezz'ora a parlare con Maroni nel corridoio della posta, poi con Bindi su un divanetto, poi dice che non vuole commentare,  e intanto il suo raffreddore sta aumentando sensibilmente e il sottofondo di ogni conversazione è sempre lo stesso – ce la farà il governo, non ce la farà, cosa sta facendo Napolitano, cosa dice l'Europa, la Bce, cosa succede in borsa, sì ce la fa, hanno trovato un accordicchio, niente di che, ma l'hanno sfangata anche stavolta – mentre, dicevo, accade tutto questo, in Aula si vota su una Convenzione internazionale per la protezione delle Alpi. Proprio così.        

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