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Lanzarote, alle Canarie il paradiso degli italiani in smart-working. Sole, mare e fisco: le ragioni di una fuga di massa

Alessandro Gonzato
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Valentina, 30 enne milanese, capelli castani tendenti al rosso e fisico modellato dalle arrampicate, è una dei tanti giovani che hanno scelto Lanzarote per lo smart-working. Lanzarote: Spagna, di fronte al Marocco. Valentina vive qui da 5 anni. Fa la ghostwriter. Aiuta imprenditori, piccole aziende e privati a farsi conoscere sul web. La incontro a Famara, paesino di surfisti e aspiranti. «Lavoro da questo piccolo scoglio sperduto nell'Atlantico», mi dice, «e faccio quello che da sempre amo di più: scrivere». «A Lanzarote mi ha portato il bisogno di colorare il mio mondo con sfumature diverse dal grigio della città. Ho trovato il mio posto, scalato vulcani. Il mio compagno dell'epoca mi chiese: “L'hai mai assaggiato il Ron miel?”. “No mai”. “Allora vieni con me, ti porto a Lanzarote”».

Vittoria, anche lei lombarda, fa la life coach: aiuta la gente a plasmare i sogni. Cerca di incanalare le passioni verso opportunità di lavoro: col Covid, ormai, per molti è diventata un'esigenza. Lavora in remoto da 8 anni, da quando la sua ex azienda l'ha messa in mobilità per esubero di personale. Ha sconfitto una malattia infida. Ha un sorriso bianco e ipnotico. La carnagione degli indiani Sioux. «Amo la diversità, spostarmi col minimo indispensabile», racconta. Ha vissuto a Bali. «La società tenta di omologarci a un modello che non esiste. Cerco sempre punti di vista nuovi».

Foto di Andrea Leoni (Facebook: Andrea McKenzie Leoni)

Non sono storie di vacanzieri: spesso, chi lavora da qui, vede la spiaggia un giorno alla settimana. Da buen retiro a capitale europea del nomadismo digitale. Le Canarie erano note come il paradiso di migliaia di pensionati italiani, inglesi, tedeschi, anche spagnoli: clima mite e costo della vita inferiore. Ce ne sono ancora tanti e vivono soprattutto nel Sud delle isole, a Maspalomas (a Gran Canaria), Los Christianos (Tenerife), e a Puerto del Carmen (Lanzarote). A Fuerteventura, invece, è molto ambito il centro-Nord. Ora però sono gli smart-worker i protagonisti dell'arcipelago. Tabayesco, borgo nel Nord di Lanzarote, ha il nome che somiglia a una salsa messicana. È incastrato tra colline ocra. Da 3 settimane ospita 8 nomadi digitali italiani. Hanno tra i 30 e i 45 anni. Il più grande, Jonathan, origini tosco-friulane, ha i capelli all'Ultimo dei Mohicani, sembra un hippy ma è un cervellone che posiziona siti sui motori di ricerca. È tra i pionieri dei nomadi digitali italiani, il cui gruppo Facebook ha 10 mila iscritti. Andrea fa l'informatico per un'azienda di Phoenix, Arizona. Alessandro, ingegnere elettronico, parla 5 lingue.

A Gran Canaria, due isole più sotto, incontro Francesca, copywriter sarda. Vive a Las Palmas. Calima le scompiglia i capelli. Si è trasferita un anno fa. Dopo 6 mesi ha ottenuto la residenza fiscale. «La vita è molto più semplice», mi spiega seduta al tavolino di un bar di cubani. «La gente si accontenta di poco». Da qualche giorno il vento che soffia dal Marocco riscalda il clima. La panza de burro però l’indomani tornerà a fare il suo mestiere, quello di colorare il cielo di un grigio verso l’azzurro. La panza de burro è la “pancia dell’asino”: si gonfia quando gli alisei da Nord-Est spingono le nuvole contro le montagne.

La pausa pranzo di Francesca di molti “nomadi” è un pasto frugale in uno dei locali lungo la passeggiata di Las Canteras, la spiaggia più frequentata. Poi si torna al computer. Las Palmas è il santuario del telelavoro. I templi sono i coworking, ampi uffici dove si condivide lo stesso ambiente approfittando di ottime connessioni internet a costi contenuti. Il Covid ha imposto limitazioni, ma ci sono ancora parecchi italiani, britannici, tedeschi. Al Soppa de azul, in calle Americo Vespucci, in una vietta stretta il cui unico negozio vende narghilè, Michela è in teleconferenza. Lavora per il sito di una casa di moda. «Mi sento a casa. Passeggiare in spiaggia ogni mattina è fantastico. Lavoro sodo, ma non c'è paragone, e poi sono a 4 ore dall'Italia».

Lorenzo è un disegnatore e lavorava a Genova. Si è trasferito con la fidanzata. Tra i motivi, la tassazione. Per i freelance le aliquote non differiscono molto da quelle italiane, ma sono le detrazioni a fare la differenza. L’Iva si chiama Igic, nella maggioranza dei casi è del 7%. La Zec, zona especial Canaria, se si apre un’azienda che soddisfi certi requisiti consente un’imposizione del 4. Non è un paradiso fiscale ma è molto meglio dell'Italia. Dove difficilmente torna a vivere chi ha piantato qui la propria bandiera.

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