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Yemen, nessuna rivendicazioneper il carabiniere rapito

Il caposcorta dell'ambasciatore italiano a Sanàa è stato sequestrato all'uscita di un negozio

Nicoletta Orlandi Posti
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  Non c'è ancora alcuna rivendicazione da parte dei gruppi jihadisti vicini ad al-Qaeda, nè   dalle milizie tribali attive nello Yemen per il rapimento del carabiniere italiano sequestrato ieri a Sanàa. Lo rivela la polizia yemenita, che afferma di non essere in possesso di elementi che possano portare a individuare chi siano i responsabili del sequestro del militare, 29 anni, rapito in una zona commerciale della capitale yemenita mentre era in abiti civili. Le mancate rivendicazioni avvalorano l'ipotesi che il friulano Alessandro S., caposcorta dell'ambasciatore a Sanàa, sia quindi nelle mani di una banda di criminali locali.Intanto il sito yemenita di informazioni 'Lahajnews' ricostruisce le ore seguite al rapimento. Citando fonti della polizia locale, il sito riferisce che sarebbero passate circa due ore prima che gli addetti dell'ambasciata italiana a Sanàa denunciassero il sequestro del carabiniere e lanciassero l'allarme alle forze di sicurezza locali. "Lahajnews' afferma che il nostro connazionale era uscito dalla sede dell'ambasciata italiana intorno alle 14 di ieri ora locale, le 15 in Italia, per recarsi in una zona commerciale della capitale yemenita. Dopo due ore, intorno alle 16 ora locale, le 17 in Italia, gli addetti dell'ambasciata hanno riscontrato che il carabiniere era   irreperibile e hanno attivato i canali necessari per rintracciarlo. Il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, domenica sera ha avuto una lunga conversazione telefonica con il collega yemenita Abu Bakr al Qirbi per essere aggiornato sulla vicenda del sequestro del carabiniere. Al Qirbi ha confermato la totale disponibilità del governo di Sanaa a fornire la massima collaborazione e impegno per la soluzione positiva della vicenda, assicurando che le competenti strutture di polizia e di intelligence sono state attivate immediatamente dopo il sequestro e seguono il caso con la massima attenzione. Terzi ha sottolineato al suo omologo che, come sempre in questi casi, la priorità assoluta deve essere anzitutto quella di tutelare l'incolumità dell'ostaggio.  I sequestri di stranieri sono frequenti in Yemen, messi in atto soprattutto da clan tribali che cercano poi di ottenere soldi in cambio della liberazione degli ostaggi. Negli ultimi 15 anni sono state sequestrate oltre 200 persone, la gran parte delle quali è stata poi rilasciata. Lo scorso aprile è stato liberato un operatore della Croce Rossa a Hudaida, città portuale al nord, mentre nelle mani dei rapitori resta una donna svizzera rapita lo scorso marzo, sempre a Hudaida.   

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