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Lombardo chiede a Liberodi salvare la Sicilia

Il governatore della Regione siciliana

Andrea Tempestini
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  Il governatore della Regione siciliana, Raffaele Lombardo, aveva promesso la guerra. A Mario Monti, che gli aveva chiesto le dimissioni immediate poiché l'isola è sull'orlo del fallimento. E anche a noi di Libero, che abbiamo lanciato una campagna contro gli sprechi della Sicilia. E guerra fu: il governatore ci ha querelato, una richiesta di danni per 1 miliardo di euro. E nasce un sospetto: forse il governatore ambisce a risanare i disastrati conti della Sicilia facendoci causa, considerando il "conguaglio" monstre che vorrebbe ottenere. La querelle è iniziata con l'edizione di Libero di venerdì 13 luglio, con il totlo d'apertura: "Una regione da tagliare". Quale? La Sicilia, che come spiega il direttore, Maurizio Belpietro, "vive sulle nostre spalle: ventimila dipendenti, un intero paese di forstali, spese 11 volte superiori alla Lombardia, una sanità che costa quanto la Finlandia ma non funziona e i politici più cari d'Italia". Una regione da tagliare, insomma, e uno Statuto speciale, quello di cui gode l'isola e fonte della maggior parte degli sprechi, da abolire. L'appello di Libero è stato poi raccolto da Mario Monti, il premier che è entrato a gamba tesa sull'isola. Martedì 17 luglio l'annuncio del presidente del Consiglio: "La Sicilia è sull'orlo del fallimento". E contestualmente l'ultimatum a Lombardo: "Dimettiti subito". Il premier insiste per commissariare l'Isola, a un passo dal default. Le minacce di Lombardo - Da quel momento è partita la battaglia di Lombardo, che prima ha annunciato che avrebbe chiesto formalmente su quali basi Monti sia arrivato alle conclusioni della lettera-ultimatum in cui intimava le sue dimissioni entro il 31 luglio (l'incontro tra i due è previsto per martedì 24 luglio). Poi il governatore siciliano liquidava chi lo accusa di voler ancora prendere tempo respingendo l'ipotesi di un commissariamento: "Per quanto mi riguarda - spiegava - è come se mi fossi dimesso ieri. Non voglio però che la Sicilia diventi merce di scambio, in caso di elezioni contemporanee con le politiche, per un ministero in più". Quindi la bordata contro la stampa: "Quereleremo quei giornali, in particolare Libero e Il Giornale, i quali hanno scritto che la Sicilia è in default". Ed eccola, la querela è arrivata. Le dimissioni, invece, non ancora.   

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