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Inps, Filippo Facci: vince la dittatura della burocrazia, virus per cui non esiste vaccino

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Ultimo ma non ultimo è il sito Inps irraggiungibile fin dalle prime ore del mattino di ieri, nel primo giorno utile per chiedere il bonus di 600 euro: col presidente grillino Pasquale Tridico, già inventore del reddito di cittadinanza, che annaspa e dice che i sistemi dell' Inps «stanno reggendo» mentre invece crollano, e annuncia un «nuovo provvedimento» per rifinanziare quello che non hanno ancora finanziato. Penultimo ma non penultimo è poi l' annuncio della ministra Luciana Lamorgese di una circolare per chiarire il significato della circolare precedente, così si potrà capire che cosa cambia in termini di passeggiate, jogging e aiuto e agli anziani, cambiamenti che però il governatore Attilio Fontana ha già detto che non riguarderanno la Lombardia. Tutto così: servirebbe un virus che sterminasse la burocrazia se non fosse che il virus è proprio la burocrazia, il più resistente dei morbi, inesorabile nel moltiplicarsi, nel contagiare ogni semplificazione e nel debellare qualsiasi vaccino che opponga logica umana e intuitività.

 

IL RITORNO DELLA STAMPANTE
È la strada più distante tra due punti, e dovevamo capirlo sin da subito, quando si rese necessaria «la stampante», questa cosa obsoleta che ormai ha fatto fallire tante aziende che le producevano al pari, chessò, delle macchine per scrivere e dei fax: «la stampante» per avere moduli che sembrano multe e che poi sono cambiati almeno quattro volte, la stampante che c' è nelle copisterie che però sono chiuse, o in qualche cartoleria che però è chiusa, salvo scoprire che forse no (forse) non serve, forse (forse) i moduli te li dà la polizia se ti controlla, sempre che abbia quelli nuovi.

Ma è un problema da niente, a fronte di oltre 300 pagine di decreti legge, decreti ministeriali, del Presidente del consiglio dei ministri, ordinanze della protezione civile e contro-ordinanze regionali, e rimandi, modifiche che a ben vedere non sono neanche scritte nell' ortodosso burocratese di una volta: è una meta-lingua nuova, un misto di espressioni ambigue mischiate all' art.1 comma 2 lettera c del Dpc del 23 febbraio, e dibattiti infiniti sui negozi che possono chiudere o aprire, aprire parzialmente, sino a che ora, aprire ma coprendo gli scaffali del superfluo, il concetto di «comprovata necessità» lasciato al vaglio di un appuntato di Reggio Calabria, e correre? Si può? Quanto? Dove? Da soli? Col cane? E perché il cane sì e il figlio no? Ma «in prossimità» è uguale a «nei pressi»? A spiegarti l' interpretazione autentica si incaricano ogni volta vigili urbani, poliziotti, il vicino di casa, suo cognato, il governatore regionale, il sindaco, un video di Vincenzo De Luca, integrazioni e precisazioni e conferenze stampa suppletive, oltre naturalmente al «va tutto benissimo» a computer unificati nelle ore più cretine, in diretta dall' iperspazio.

 

C' è anche la burocrazia che passerà alla Storia, come l' ormai celebre decreto CuraItalia strombazzato in diretta Facebook e nato però due giorni oltre la scadenza che avrebbe dovuto spostare: compare la mattina del 18 marzo con la data del 17 e parla di una scadenza del 16 prorogata al 20, cioè in pratica due giorni dopo, perché la burocrazia è anche simpatica, ti prende pure per il culo.

Ma la burocrazia del coronavirus non ammette ignoranza: è lei l' ignoranza, lei e i suoi dissociati e scombiccherati esattori che generano complessi di inadeguatezza e lasciano alla società civile l' eterna e civica domanda: «Ma insomma, che cazzo devo fare?». Anche perché la massa dei pennivendoli (che siamo noi) intanto è ridotta al ruolo di decrittazione del burocratese e non dà mai buone notizie: qui si legge che vogliono punire le imprese, qui dice che non conoscono la realtà economica del Paese, d' un tratto dicono che vieteranno i licenziamenti anche per giustificatissimo motivo, condannando molte piccole aziende al fallimento, qui c' è scritto che sospenderanno per tre mesi i controlli del fisco ma per contrappasso estenderanno di due anni i tempi per gli accertamenti: è lo Stato che ti fotte, sempre più un nemico che, ora, approfitta del virus per finirti, per costringerti a ricercare ricevute e cartacce che ormai avevi buttato via, per scoraggiare una volta per tutte la residua voglia di fare impresa. È uno Stato che non sono neanche più i politici - inetti, ignoranti e incapaci come i grillini notoriamente sono - bensì appunto sono loro, i burocrati, i veri padroni del vapore, gli ipnotisti di una classe politica insipiente e imbarazzante anche fisicamente. La burocrazia ammazza più del virus perché lo è, il virus, è la patologia che ormai ha avvelenato anche la tripartizione legislativo/esecutivo/giudiziario e ha ammazzato anche i regolamenti e gli usi e consuetudini della nostra vita ordinaria, come fare la spesa, portare a spasso il cane, derogare agli arresti domiciliari.

E POI SPARISCE
E poi, d' un tratto, tace. Sparisce. Ti lascia lì come una stalattite a pendere nel buio di una trentina di decreti attuativi che ovviamente mancano, come nel caso dell' obbligo di chiedere la cassa integrazione in venti regioni diverse: ciascuna col regole proprie, migliaia di altre cartacce da fotocopiare e inoltrare a enti e sindacati e associazioni parassitarie che di lavoro fanno quello, frenano, invischiano, non arretrano neanche quando attorno la gente crepa e medici e sanitari s' ammazzano in corsia. A Milano hanno fatto un vero ospedale in tempi cinesi perché la burocrazia l' hanno fottuta, l' hanno saltata proprio, hanno fatto una fondazione di diritto privato e ciao, i ventilatori e i materiali (che dovevano arrivare col ridicolo bando Consip) se li sono procurati da soli in giro per il mondo, i soldi li hanno presi da privati, da Roma zero, medici e professionisti sono di Infrastrutture lombarde. È un virus secessionista, ma non separa una regione dal resto d' Italia, separa la burocrazia dalla voglia di vivere e sopravvivere.

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