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Vittorio Feltri e il suo inno d'amore alla Lombardia: "Una vergogna, dimostra che la lotta politica è mer***"

Vittorio Feltri
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Parlare male della Lombardia ormai è una consuetudine. Le si attribuisce una grave colpa: quella di essere stata decimata dal Covid, come se questo fosse stato creato in una officina brianzola. I denigratori della regione sono prevalentemente di sinistra, i quali godono nell'elencare le disgrazie di questa terra meravigliosa e ricca, invidiata per decenni per il suo diffuso benessere e ora denigrata come fosse la peggiore d'Italia nonché meritevole di essere accusata di ogni nefandezza. Milano è addirittura dileggiata quasi fosse un manicomio a cielo aperto, dove la gente paga giustamente la propria munificenza esibita. La città ha accolto centinaia di migliaia di immigrati di ogni tipo, ha dato loro lavoro sicuro, casa e istruzione e anziché ricevere apprezzamenti e riconoscenza, viene sfottuta da chi ha beneficiato della sua generosità.

Mai come in questo momento si rivela azzeccato un vecchio detto tipicamente nordico: non fare mai del bene a nessuno se non sei sicuro di poterne sopportare l'ingratitudine. I lombardi sono abbastanza calvinisti e sopportano qualsiasi molestia, si concentrano sul pezzo, risparmiano, investono, producono e non badano a chi li denigra gratuitamente. Io sono bergamasco ma vivo dalle parti della madonnina da 50 anni, e dalla metropoli - tra le migliori d'Europa e del mondo - ho rivenuto molto di più di quanto io le abbia dato. Per questo quando discuto di essa mi tolgo il cappello e mi inchino. In verità è tutta la Lombardia da rispettare ed amare, una regione che funziona in ogni suo recesso, dalla piatta pianura padana ai borghi alpini sperduti sui bricchi. Qui si sgobba sempre senza mai lagnarsi, nella convinzione che il sudore nobiliti l'uomo e non lo renda affatto simile alle bestie. Anzi, gli conferisce una dignità impareggiabile. I lombardi in maggioranza sono miti e rispettosi, gli affari che si sviluppano tra loro ancora oggi si concludono con una stretta di mano, senza complicazioni burocratiche.

 

 

La cosa stupefacente è che quando un meridionale si insedia in questa stupenda regione, soffre per qualche mese, non essendo avvezzo a certi ritmi, poi si abitua a determinati costumi, li apprezza, si integra e diventa un lombardo ad honorem, accettando con favore le rigide regole sociali alla base di una esistenza ordinata. Il fascino della floridezza e dell'armonia organizzata seduce e tranquillizza anche i forestieri, i quali presto si innamorano dell'architettura asburgica che domina in quasi tutti i quartieri del capoluogo. Giova rammentare che perfino Radetzky, quello delle Cinque giornate, dopo le sommosse non tornò in Austria ma fissò la propria residenza a Milano dove morì ultranovantenne cadendo dalle scale, ma sempre accettato in Galleria che frequentava tutte le sere per bersi in compagnia un aperitivo.

Segno che Milano oltre che attiva e reattiva era ed è ospitale. Insultarla come molti fanno adesso in spregio alla realtà è ingiusto e offensivo. Il governatore Attilio Fontana, personaggio mite e ragionevole, andrebbe applaudito per come ha gestito l'infezione micidiale provocata dal virus, e invece non soltanto viene insultato ma addirittura minacciato di morte dai comunisti che intendono spodestarlo per sostituirsi a lui nella gestione del Pirellone. Una pratica vergognosa e insensata che dimostra come la lotta politica avvenga nel fango o meglio nella merda. Se penso che un ministro di carta velina quale Boccia intenda mettere le mani sulla Lombardia onde impossessarsene non mi viene voglia di sparare, ma di sputare sì. Tra l'altro segnalo che non appena l'epidemia sarà un brutto ricordo, il che succederà presto, la famosa ripresa economica sarà opera prevalente della Lombardia, la quale è attrezzata per produrre. Il risorgimento bis partirà ancora qui e non certo nell'ex regno delle due Sicilie.

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