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DiMartedì, Gianrico Carofiglio contro Matteo Salvini: cita un misterioso libro sulla destra Usa: fino a dove si spinge

Francesco Specchia
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Dunque l'origine del Male, l'oscuro vibrare del pensiero politico di Matteo Salvini, starebbe tra le pagine d'un libro maledetto. Asserisce Gianrico Carofiglio, con quell'aria da scrittore blasé e da intellettuale fané, davanti alle telecamere del DiMartedì di Floris: «Sono affascinato dalla tecnica argomentativa con cui Salvini espone i suoi slogan che corrisponde in modo straordinariamente puntuale a un manuale. Ecco, sentite! Anche questo suo respiro fa parte della tecnica (e in quel momento fissa cupo il Salvini che, poveretto, tentava di soffiarsi il naso, ndr...). Sono cose che suggeriva un manuale che circolava negli ambienti della destra americana e che mi dicono è circolato anche altrove (cioè dalle parti del Carroccio, ndr). Il succo è questo: non rispondete a nessuna domanda, ripetete in modo ossessivo quello che state dicendo all'inizio...».

 

 

Così discetta Carofiglio nel talk televisivo incentrato sulle «tecnica di banalizzazione della realtà di Salvini» (sempre Carofiglio). Mentre l'ospite Salvini tenta banalmente di imbastire un discorso sulla scuola, sulle imprese che chiudono, sugli adempimenti fiscali da far slittare; epperò il dibattito brandito da Carofiglio e da Concita De Gregorio, slitta sui soliti «59 milioni della Lega», argomento oggi assai à la page. E, appunto, la stessa trasmissione pone la vigile, quasi poliziottesca, attenzione di Carofiglio proprio sul suddetto "manuale della destra americana" distrattore di masse e manipolatore di coscienze. Un argomento affascinante, questo degli insegnamenti negromantici di cui s' impregnerebbe la narrazione leghista. l'enigma del testo Affascinante al punto che uno, poi, si chiede a quale misterioso libro - una sorta di demoniaco Necronomicon della comunicazione politica - Carofiglio si riferisca. Forse alle riflessioni delle sceneggiature novellizzate di Michael Moore in Trumpland? Oppure al Words That Work: It' s Not What You Say, It' s What People Hear best seller citato spesso dal New York Times firmato da Frank Luntz, guru dei Repubblicani da almeno un ventennio? Oppure la citazione di Carofiglio riguarda la versione cartacea di Gab.ai, una sorta di Twitter dell'estrema destra suprematista da cui, quindi, la Lega potrebbe aver tratto linfa diabolica per la sua propaganda? Mah. Non è dato di sapere.

 

Carofiglio preferisce il non-detto buttato lì con levità, e l'attacco politico diretto: «Noi stasera stiamo sentendo una ossessiva ripetizione di non argomenti e una mancanza di risposte. Non voglio parlare delle indagini sulla Lega, né dei processi che la riguardano, né del suo assenteismo quando era ministro dell'Interno, perché queste sono tutte cose sulle quali lei non risponde e non risponderà mai». Ora, nonostante la curiosità su quel libro degli orribili incanti padani sia rimasta appesa al nulla d'un banale botta-e-risposta da talk, be' la polemica di Carofiglio è legittima. Ma di parte. Molto di parte. Essendo stato Carofiglio, da senatore dem l'eminente e romanzesco rappresentante di una sinistra barese assai radical, suggestiva, dalle venature ora laiche ora sincretiste, almeno da quando Vendola governatore pugliese riuscì nell'intento di solidazzare e con la curia e con gli atei che avrebbero di lì a poco sposato l'utero in affitto. Carofiglio, con quella sua prosa sale e pepe, è figlio della sua terra e del suo tempo. Noi che ne abbiamo apprezzato la grazia di narratore nei casi dell'avvocato Guerrieri e nel Premio Bancarella Il passato è una terra straniera (oltre alla decisione di non rientrare in magistratura dopo la parentesi politica) ci siamo sempre deliziati da uno suo pamphlet ad uso di pochi. S' intitolava La manomissione delle parole (Rizzoli) e denunciava l'imbarbarimento del gergo giuridico, l'ordalia barbarica degli orpelli linguistici astutamente mescolata agli antichi brocardi. Era un libello per avvocati che metteva i guardia dai magistrati dai pensieri e dalle sentenze troppo alate. parole manomesse Ecco. Ho quasi la sensazione che Carofiglio applichi quella stessa "manomissione delle parole" ai suoi pensieri politici e letterari. Magari lo fa inconsapevolmente.

Soltanto nel giugno scorso, da Maurizio Mannoni a Linea Notte, lo scrittore, sui cortei della destra, scivolò su una rara forma di razzismo, quella della sudorazione: «Siamo di fronte a un'opposizione che mostra la responsabilità che abbiamo visto qualche giorno fa in piazza con un manipolo di gente sudata, accalcata, senza mascherine». Nel 2019, a Otto e mezzo su La7 sempre riguardo all'amico Salvini, aveva sfoderato epiteti come «Ministro della Propaganda» dai «discorsi peggiori di quelli dei nazisti e dei fascisti». Questi gli scivoloni da ultrà dem. Poi ci sono quelli da narratore puro. Una per tutti, c'è la faccenda del suo libro Il silenzio dell'onda arrivato terzo allo Strega e ritenuto da Vincenzo Ostuni, noto editor dell'editore Ponte alle grazie «Un libro letterariamente inesistente, scritto con i piedi da uno scriba scribacchino mestierante, senza un'idea, senza un'ombra di "responsabilità dello stile"»; e l'elegante Carofiglio, lì, s'incazzò come una bestia scaraventando contro Ostuni una mitica causa per danni (poi, certo, scrittori un po' più noti come Balestrini, Cordelli, Belpoliti, ripeteranno le stesse frasi incriminate in nome della difesa della libertà d'espressione). Insomma, la strategia comunicativa delle parole e la loro pericolosità è elemento comune ai politici e ai letterati. Anche ai politici-letterati. Che la si ricerchi o meno dentro libri misteriosi...

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