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Pietro Senaldi vota Sì al referendum: "Che senso ha salvare questa masnada di vili e ipocriti?"

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Carisssimi Giuseppe e Paolo, in genere quando qualcuno vuole svicolare da un argomento scivoloso sostiene che il tema non lo appassiona e ficca la testa giù per terra come uno struzzo, lasciando però in bella mostra le natiche. Libero non ha fatto battaglie né contro né a favore del referendum sulla drastica riduzione dei parlamentari per il quale domenica e lunedì siamo chiamati alle urne. Non è che il voto non ci appassioni, semplicemente lo spettacolo inscenato dai partiti intorno a esso ci procura rabbia e sconforto.

COSA SERVIREBBE
Il problema della politica italiana non è il numero dei deputati bensì il bicameralismo. La macchina è ferma perché ci sono due motori, e nessuno gira a dovere; è illusorio pensare che riducendo la potenza di entrambi si viaggi meglio. La sola riforma sensata l'aveva pensata il fu Renzi, prevedendo l'eliminazione del Senato, che avrebbe automaticamente tagliato bruscamente il numero degli eletti e reso più fluida l'approvazione delle leggi, rafforzando il Parlamento anziché indebolirlo. Il rottamatore pasticciò, si rimangiò l'idea, partorì un ibrido e trasformò il referendum in un plebiscito su di sé; comprensibilmente quindi gli italiani lo mandarono a quel Paese. Poiché in politica dal letame non nascono i fiori, il risultato è che oggi ci troviamo con un referendum che non serve a nulla, che nessuno dei parlamentari in cuor suo voleva ma che tutti hanno votato. Siccome poi tendenzialmente nessuno ama tagliarsi i santissimi, una buona e poco onorevole parte di coloro che in pubblico si sono espressi per la riduzione della casta, nel segreto dell'urna opteranno per conservarla intatta. Capirai la desolazione che lo spettacolo ci dà.

SUICIDIO DI GREGGE
Le tue argomentazioni tecniche lasciano il tempo che trovano, perché indipendentemente dall'istinto di conservazione tardivo del Parlamento il taglio passerà. In fondo è giusto così, non solo in quanto è umano che gli italiani siano assetati di rivalsa nei confronti di una politica così pasticciona e incompetente, e quindi non si faranno scappare l'occasione di rifilarle una pedata. La riduzione passerà anche perché le retromarce dei partiti che l'hanno votata sono state affidate a esternazioni di singoli e non si capisce perché gli elettori dovrebbero salvare un gregge di onorevoli che si è gettato nel fosso da sé solo perché non ha avuto la forza di opporsi a tempo debito ai vaffa di Grillo e soci.

VOTO ANTI-M5S
La sola argomentazione vera per votare No domenica e lunedì sarebbe politica, ma tu non ne parli. L'ha detta l'ex calciatore Costacurta, più onesto e lucido di molti osservatori del Palazzo, il quale ha spiegato che si opporrà al taglio dei parlamentari perché non sopporta l'idea che Di Maio e Grillo se lo intestino come una vittoria personale. L'ex difensore del Milan ha ragione, ma per questo la rabbia mi monta ancora di più: non solo i nostri parlamentari si sono sottomessi imbelli al Movimento Cinquestelle, ma non sono neppure riusciti a salire sul carro del vincitore che hanno tirato come muli frustati. Lunedì sera, a Parlamento decimato, Di Maio festeggerà malgrado in due anni il suo partito si sia dimezzato nei consensi e polverizzato nella rappresentanza, abbia perso inesorabilmente tutti gli appuntamenti elettorali e alla fine risulterà la principale vittima della decimazione dei deputati: oggi ne vanta quasi 350, alla prossima legislatura non arriverà neppure a cento. A differenza di Costacurta però, la vittoria di Pirro dei grillini non mi preoccupa. Sarà un canto del cigno, perché la macchina anti-Casta che il Movimento ha alimentato in realtà ha già divorato anche lui. E poi talvolta capita anche a me di chiedermi cosa faccia in realtà quell'esercito di mille nominati a nostro carico oltre a prendere aerei gratis, trascinandosi dietro trolley.

EFFETTI MINIMI
Comunque, cari Giuseppe e Paolo, non temete. Il voto sul referendum non cambierà nulla nella sostanza. Quel che non facevano in mille, non lo faranno in seicento. In compenso forse, finalmente, avremo qualche partito e qualche scalda-poltrone in meno. Quanto ai nostri politici, dopo aver abdicato al proprio ruolo consegnando la democrazia prima nelle mani della magistratura e poi addirittura in quelle di Conte e Casalino, che da sei mesi governano a colpi di decreti presidenziali malgrado i lamenti di tutti i più grandi costituzionalisti italiani, alla fine avranno quel che si meritano. Se non hanno il coraggio di mettere la faccia neppure per difendere la loro poltrona e il loro reddito di cittadinanza moltiplicato per quindici che incassano ogni mese, perché dovremmo togliergli noi le castagne dal fuoco? Non difendo una masnada di ipocriti, quand'anche in parte avessero, per sbaglio, ragione.

 

 

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