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Pietro Senaldi sulla legge elettorale: "Zingaretti e Pd mentono", come proveranno a fregare Salvini e Meloni

Pietro Senaldi
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È ormai prassi che a ogni legislatura il Parlamento cambi la legge elettorale. Normalmente se ne occupa la maggioranza di governo, che si industria per approntare un sistema di voto che le consenta di vincere e perciò opera in solitaria, escludendo l'opposizione da qualsivoglia confronto democratico. Inesorabilmente, nelle urne gli elettori si incaricano di vanificare i calcoli dei legislatori, consegnando la vittoria a chi è stato escluso dalla fattura della norma. A questo giro, con le Camere che si sono decimate, il cambio della legge elettorale, oltre che rispondere a interessi di bottega, avrebbe per una volta anche una motivazione tecnica.

La storia insegna che il sistema maggioritario è quello che più garantisce la stabilità dei governi, mentre il proporzionale li rende alquanto ballerini, tanto più in un quadro politico come quello attuale, con la maggioranza composta da quattro o cinque fazioni divise su quasi tutto e il centrodestra fatto di tre partiti in concorrenza tra loro. Se fosse vero quello che Zingaretti, il Pd e i giornali della sinistra vanno dicendo da una settimana, ovverosia che Salvini ha perso le elezioni, i dem sono la prima forza in Italia e i giallorossi troveranno la quadra per stare insieme, i progressisti dovrebbero spingere verso un sistema maggioritario puro. Il proporzionale rende infatti la maggioranza ostaggio dei partitini e fa del cosiddetto centro, ovverosia di Renzi, Calenda e Berlusconi, l'ago della bilancia parlamentare.

 

 

Uno Zingaretti forte, convinto che spostare il Pd più a sinistra sia una scelta vincente, certo che i sovranisti siano in declino e confidente dell'alleanza con M5S, darebbe ascolto alla componente veltronian-prodiana dei dem, favorevole a riesumare il Mattarellum, perché questo è il sistema che meglio consente a chi prende più voti di governare senza subire ricatti. Guarda caso però, il segretario ha puntato la barra dritta verso il proporzionale, offrendo una scialuppa di salvataggio a Renzi, Calenda, M5S e tutti coloro che ostacolano la leadership dei dem. Zingaretti lascia cadere nel vuoto gli appelli al maggioritario della Lega e di Fratelli d'Italia in nome della governabilità e ignora la proposta di Giorgetti di una Costituente per riscrivere insieme le regole. Segno che sa che la sinistra è minoranza, malgrado riesca ancora a conservare il governo di Emilia-Romagna e Toscana, un po' per il fattore soccorso rosso, un po' anche per gli errori del centrodestra nell'assalto alle due roccaforti dei compagni.

RIBALTONE
Quello che infatti nessuna alchimia parlamentare può modificare è il sentimento popolare, che vede l'opinione pubblica spostata decisamente verso il centrodestra. Come dimostra lo studio demoscopico pubblicato ieri da Ipsos-Corriere della Sera infatti, con qualunque sistema elettorale si andrà al voto, Salvini, Meloni e Berlusconi vinceranno e il partito del Cavaliere, benché in declino, ha un ruolo indispensabile e insostituibile per garantire la maggioranza al centrodestra. Cambiano solo le dimensioni del successo, largo con il maggioritario, più risicato con il proporzionale, che lascia aperta alla sinistra la possibilità di esercitarsi nel ribaltone, pratica in cui i progressisti sono campioni del mondo. Poiché la nuova legge elettorale chiama naturalmente le urne, è probabile che di essa per il momento si parli fino allo sfinimento ma che il suo varo venga procrastinato il più possibile. Motivo in più per cui, in tempi così difficili per il Paese, i partiti farebbero bene per una volta a mettersi al tavolo senza fare calcoli di bottega, che tanto vengono inevitabilmente smentiti, ma pensando all'interesse del Paese e alla governabilità. Purtroppo però, in Italia, queste cose stanno sempre a cuore all'opposizione, saggia e generosa quando cerca voti, miope ed egoista una volta che li ottiene e diventa maggioranza.

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