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Vaccino, l'Europa in ginocchio da Vladimir Putin dopo averlo deriso: la solita figuraccia

Alessandro Gonzato
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Quando lo scorso 11 agosto Vladimir Putin annunciò che la Russia aveva registrato il primo vaccino anti-Covid al mondo la sinistra europea non perse un minuto per attaccarlo. Cavalcò il parere negativo di alcuni esperti riportati dalla rivista scientifica Nature e ignorò i risultati promettenti, quindi scomodi, pubblicati da un'altra autorità del settore, The Lancet. I progressisti ironizzarono sul nome del siero, Sputnik V, primo satellite artificiale in orbita intorno alla Terra. Putin, poi, era un mostro perché aveva usato la figlia Maria, endocrinologa, come cavia per la sperimentazione.

Ora però l'Ue alle prese con la scarsità di vaccini Pfizer potrebbe ripensarci. Il Fondo russo per gli investimenti diretti (Rdif) ha presentato alle autorità sanitarie di Bruxelles la domanda per la registrazione dello Sputnik e se la documentazione verrà ritenuta idonea il siero potrebbe essere disponibile entro fine febbraio. Sarà l'Agenzia europea per il farmaco (Ema) a dare o meno il nulla osta. Il Fondo russo ha confermato che ieri c'è stata la "Scientific Review" «tra i team dello Sputnik V e dell'Ema» e che vi hanno partecipato «oltre 20 tra i migliori esperti e scienziati internazionali». «Si prevede», hanno spiegato da Mosca, «che le raccomandazioni basate sui risultati saranno inviate in Russia entro 7-10 giorni».

Nel frattempo lo Sputnik è stato approvato già in mezzo mondo: Argentina, Bolivia, Venezuela, Paraguay, Algeria, Palestina, Bielorussia, Turkmenistan. Ieri anche la Turchia ha aperto alla collaborazione con Mosca. La Serbia, che al momento si è garantita una fornitura complessiva di 2 milioni di dosi, ha ricevuto il primo lotto il 30 dicembre. Il vaccino russo finora ha dimostrato un'efficacia superiore al 90%, è più economico di quelli Pfizer e Moderna e può essere conservato tra i 2 e gli 8 gradi, anziché a -70 e -20.

 

 

Secondo gli esperti russi darebbe una risposta immunitaria più forte e duratura in quanto, questa la spiegazione, utilizza due diversi vettori adenovirali umani, e non solo uno. Il piano vaccinale russo prevede di somministrare lo Sputnik a 68 milioni di persone entro l'inizio dell'estate. Il premier ungherese Viktor Orbán ha rischiato l'ennesima crisi diplomatica con Bruxelles per aver ricevuto a fine dicembre 6 mila dosi dello Sputnik, ieri approvato dall'ente nazionale preposto. Per l'avvio della somministrazione di massa Budapest attende il nulla osta del centro di salute pubblica. Da lunedì alcuni esperti ungheresi sono in Russia in visita agli stabilimenti di produzione del vaccino e oggi il ministro degli Esteri magiaro, Peter Zsijiarto, è atteso a Mosca per discutere dell'importazione del siero.

Orbán peraltro, preso atto dello slittamento delle forniture da parte di Pfizer, ha aperto anche a quello della cinese Sinopharm. Il mese scorso il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, aveva accusato «alcuni Paesi e le loro gigantesche aziende farmaceutiche» di lavorare per impedire allo Sputnik V di farsi largo nel mercato estero. Peskov aveva sottolineato che «la concorrenza internazionale per creare il vaccino» aveva assunto «una dinamica politica». «Questo non è stato notato solo dal Cremlino», aveva aggiunto, «ma si può vedere a occhio nudo».

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