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Mugello, non rovinate il sogno di Nicola: è così raro che la realtà abbia un lieto fine

Renato Farina
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La realtà stavolta è una favola. Dio mio se non avevamo bisogno di un lieto fine. Disperavamo. Mille persone a cercare, i cani con il fiuto molecolare, i droni. Scene già viste. Non finiscono mai bene le storie di bambini o ragazzine spariti nella notte, scomparsi senza rumore. È una verità poliziesca, sicura come la morte: se passano più di 24 ore ci si deve preparare al peggio. O c'è un bruto o un tonfo in qualche crepaccio. Invece dopo un lieve lamento, e una vocina che diceva mamma, dall'erba alta sono usciti due grandi occhi. E così, ieri mattina alle 9 e 30, dopo 30 ore di vagabondaggio nella selvatichezza del Mugello, Nicola Tanturli, 21 mesi, è stato ritrovato sano e salvo, in una scarpata gremita di vegetazione, le gambine appena graffiate da qualche rovo, capita anche ai cerbiatti.

 

 

Era a tre chilometri dalla sua casa dove era stato lasciato nel lettone dai suoi genitori, fuori per incombenze da contadini solitari, che vivono ricavando miele dalle api. A mezzanotte di lunedì tornano nella loro dimora, dispersa tra radure e macchie boschive, un lago vicino, e scoscendimenti frequentati da animali selvatici, e Nicola non c'è più. Come al piccolo Mowgli - ricordate il protagonista de Il libro della giungla di Rudyard Kipling e poi di Walt Disney? - a lui la foresta non è stata ostile, capita alle creature innocenti, che vedono il bene ovunque, e lo trovano, e neppure le tigri lo feriscono. Che momenti quei momenti. Dieci minuti è durato l'incantesimo. Uno avrebbe voluto dire: fermati tempo, voglio restare lì, se l'eternità è così non sarà una noia. La tecnologia del Web aiuta a riviverli.

LA SVOLTA
Località Molino di Campanara. Ore 9,15. Il giornalista di La vita in diretta (titolo azzeccato) Giuseppe Di Tommaso si sta recando con la troupe della Rai in auto al casolare dei Tanturli dove si coordinano le ricerche. Ha un attacco di panico, manda via la macchina, vuole respirare, se la farà a piedi. Ma ecco, sente un lamento venire dal dirupo inondato di vegetazione. Non può essere, ma chissà. Grida: «Nicola!». Gli risponde un flebile «Mammaaa». Si butta giù, cade. Non ce la fa. Risale. Ferma la vettura dei carabinieri. Non ci credono: sarà un capriolo. Ribatte che i caprioli dicono mamma solo nelle favole. A farsi carico della missione in quel burrone ostile è il maresciallo Cicarelli. I suoi pensieri? Forse nell'erba quel cucciolo d'uomo, il nostro Mowgli, è morente, sbranato, estenuato. Eccolo il suo faccino serio. Il respiro del maresciallo si allarga nel petto. Chi non avrebbe voluto essere lì in quel momento al posto del maresciallo Cicarelli e sentire intorno al collo le braccine di Nicola che chiama «mamm -mamma»?

 

 

E la Pina, arriva davvero, con il suo grembiule a fiorellini e la felpa viola, e mentre tu glielo porgi, lei te lo ruba dalle mani e lo stringe a sé. E poi accorre papà Leonardo. Ma sì che è il padre, un po' hippy, sembra un cronista da telefilm americano, ma è l'abbigliamento dell'agricoltore biodinamico. Che bella questa Italia quando accadono cose che somigliano a una resurrezione. Il carosello vitale della nostra provincia. Nicola, Pina, Cicarelli, Di Tommaso, Leonardo: nel comune di Palazzuolo sul Senio, Appennino tosco-romagnolo, provincia di Firenze. Tutti quei nomi così familiarmente italiani, e la natura per una volta non sbaglia il suo vestito, ed è tutta verde e azzurra. Non c'eravamo ma è come ci fossimo stati. E diciamo grazie alla tecnologia, ai telefonini e al Web. Le immagini per una volta non sono state quelle sciacallesche della tivù della disperazione ma della vita. Riguardarle fa bene. Riconcilia con il senso delle cose dopo il 40° anniversario della morte di Alfredino, con quella mamma Franca che a Vermicino era circondata da autorità e popolo, ma era sola, solissima.

FICTION E REALTÀ
Delle battute dette intorno a quel pozzo è stata ricavata una fiction. Di Palazzuolo abbiamo filmati autentici dei primi minuti. Fornisco qualche balbuziente trascrizione. Nicola, vestito di rosso, con i sandaletti, sta abbarbicato al collo di un carabiniere. Si sentono respiri affannosi. Un ragazzo in giacca a vento: «Non ci posso credere, ma chi l'avrebbe mai detto». Al telefono il carabiniere dice: «La mamma, dai». Arriva la mamma emozionata, balzellando, Nicola è suo. È proprio lui, è il maresciallo Cicarelli. «Scendevamo dal punto di collegamento, siamo stati fermati da un giornalista. Aveva udito un piccolo lamento, per me era ri conducibile a un animale. Sono sceso nel dirupo. Finché è sbucato dall'erba, era seduto a terra con questi begli occhioni, mi si è aggrappato al collo. Ho controllato se avesse fratture o ferite, ma aveva solo piccoli graffi. Non ha dormito lì, non c'era traccia di essersi fatto una cuccia nell'erba».

Gli domandano cosa ha provato. «È come la nascita di un figlio. Che bambino! Due notti nel bosco, senza mai piangere, io non l'ho visto piangere». Che razza di bambino è, Nicola? La carta di Mowgli l'abbiamo già giocata. È forse allora un mini eroe della Marvel, di quelli con super poteri, un Capitan Mugello insomma? O come un Gesù bambino che cammina sulle acque e placa i lupi di certi vangeli molto apocrifi e di Dario Fo? Proprio questa resistenza precoce, al punto da essersi messo i sandaletti ha suscitato interrogativi all'esame della procura di Firenze. Che i genitori nascondano qualcosa? Perché hanno aspettato nove ore a dare l'allarme? La domanda però si riduce a questa: come mai è sopravvissuto e sta pure bene? Noi qui ci accontentiamo della buona notizia. Constatiamo che Nicola, dicono i testimoni, è cresciuto come il ragazzo selvaggio del film di François Truffaut, vita all'aperto, in giro da solo o con il fratellino di quattro anni, a prendersi il miele con le manine, senza paura del buio e degli uomini cattivi. Temo ci scappi una denuncia ai genitori per abbandono di minore, e già si parla di assistenti sociali e di Nicola in affido. Per favore non rovinate la realtà, è così raro che somigli a una favola. 

 

 

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