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Attacco hacker, Sallusti e le parole di Marco Carrai: "Perché non ci hanno ancora pensato", dove può arrivare il cyber-terrorismo

Alessandro Sallusti
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L’attacco hacker in corso contro il cervellone della Regione Lazio che gestisce tutte le operazioni legate al Covid non è una bravata di qualche ragazzotto supertecnologico. Si tratta del primo atto di cyber terrorismo contro l’Italia. Da che parti arrivi lo sapremo (forse) ma il fatto è che non necessariamente - in questo caso lo escluderei - si deve trattare di uno Stato. È un salto indietro di un paio di secoli, a quando le minacce maggiori e più pericolose alla sicurezza e alla ricchezza di un Paese arrivavano non dagli eserciti ma dai pirati, gente senza patria e tantomeno scrupoli. E purtroppo saranno queste le guerre che ci attendono nel terzo millennio, non più aerei e carri armati, non più divisioni di soldati mandati all’assalto ma pochi click su un computer piazzato chissà dove per scatenare l’inferno.

 

 

Difendere le nostre tecnologie da incursioni nemiche oggi è più importante e urgente che proteggere le frontiere fisiche. Il terrorismo internazionale avrà sempre meno bisogno di armi e kamikaze disposti al martirio, per colpire al cuore il nemico gli basterà bloccare aeroporti, ospedali, comunicazioni e tutto ciò che vive e funziona attraverso connessioni. «Già oggi mani esperte possono fermare per strada anche la tua macchina, se di ultima generazione, e chiuderti dentro», ho sentito dire di recente a Marco Carrai, grande esperto in materia e consulente di cybersicurezza del governo Renzi. Alla mia osservazione: «Ma se già possono fare questo perché ancora non è accaduto?», la risposta era stata gelida. La seguente: «Perché non ci hanno ancora pensato, come prima delle Torri Gemelle nessuno aveva pensato di trasformare gli aerei in bombe nonostante gli aerei fossero a disposizione da un secolo».

 

 

Non più quindi aria, terra e cielo. Le nuove guerre, più o meno piratesche, si combatteranno nel cyberspazio a cui noi stiamo stupidamente affidando tutto ciò che possediamo, compreso il fatto di regalare a chissà chi tutti i nostri dati sensibili in cambio dell’accesso a un social o di una pizza portata a casa ancora calda a tempo di record. Da qualche parte nel mondo c’è un pirata che sa tutto di noi, compreso dove siamo, con uno scarto di pochi centimetri, nel preciso istante in cui decidesse di colpirci. Ma nonostante questo, c’è chi sostiene che il green pass è una limitazione delle nostre libertà e della nostra privacy...

 

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