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Matteo Salvini e Giorgia Meloni, il retroscena: "Offensiva su due piani", così non li faranno andare al governo

Pietro Senaldi
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Se non toccasse prenderli sul serio, perché tra giudici, intellettuali, economisti, tecnici, Europa e ultimamente perfino grillini, se le inventano tutte pur di governare senza aver vinto le elezioni, ci sarebbe da morire dal ridere. La sinistra non sa più cos' è e cosa rappresenta, ma si ostina a spiegare al centrodestra come dovrebbe essere e cosa dovrebbe fare. La riflessione politica è monopolizzata dalle recenti considerazioni del professor Galli della Loggia. Il cattedratico si rammarica sul Corriere della Sera della mancanza di un centrodestra liberale e auspica un asse tra Berlusconi, Renzi e altri istrioni dello zero virgola per la creazione di un grande centro, come se il tentativo non ci fosse già stato e non fosse fallito. Poco è servito che il Cavaliere abbia risposto "no, grazie", gli stessi che per trent' anni hanno perseguitato il leader di Forza Italia come il Caimano e si sono spesi per far naufragare il referendum di Renzi che voleva cambiare le istituzioni, fanno il tifo per una spaccatura che ammazzi il centrodestra. L'offensiva procede su due piani. Da una parte si torna a rilanciare lo spettro del fascismo, con Sala che chiede al suo rivale per la poltrona di sindaco Bernardo, nipote di un comandante partigiano, di dichiararsi antifascista e Calenda che invita Salvini e Meloni a prendere le distanze nientemeno che dal nazismo e dal Ventennio. Vecchi cavalli di ritorno retorici per leadership di una sinistra incapace di trovare parole, e leader, nuovi.

 

 

 

 

 



LA COSTITUZIONE - Dall'altra parte si suona la grancassa su come questo sia il migliore degli assetti possibili: Mattarella al Quirinale e Draghi a Palazzo Chigi sono dipinti come il dream team del Bel Paese e si auspica la conferma del primo e la prosecuzione dell'incarico straordinario all'ex banchiere anche oltre il voto del 2023, derubricato a fastidiosa scadenza. Echi se ne importa della Costituzione, che prevede un mandato presidenziale di sette anni e un governo eletto dai cittadini, se a camminarci sopra sono gli antifascisti che si proclamano da settant' anni suoi massimo custodi. Il tutto peraltro viene teorizzato e spinto infischiandosene di quel che pensano i due interessati. Mattarella ha detto di voler andare in pensione, ma è ritenuto un vezzo dell'età, una di quelle cose che gli anziani dicono ma che non vanno prese sul serio. Quanto a Draghi, si dà per scontato che voglia continuare a far vivere e litigare i partiti sulle sue spalle e che il massimo per lui sia dialogare quotidianamente con Letta, Conte o Salvini, anziché farsi mandare al Quirinale. Senonché, malgrado tutti i tentativi di ammazzarlo, il centrodestra esiste ed è anche piuttosto compatto, come dimostrano le prossime comunali, dove si presenta ovunque con un solo candidato, a differenza dei giallorossi. Ma più ancora che in quanto coalizione, il centrodestra esiste tra gli elettori, come dimostra il sondaggio di AnalisiPolitica che Libero pubblica in esclusiva. Mentre a sei mesi dal suo insediamento già è a rischio la poltrona di segretario del Pd di Enrico Letta e la stramba incoronazione di Conte ha spaccato i Cinquestelle e lasciato perplesso perfino Grillo, le leadership del centrodestra sono solide. Berlusconi ha la fiducia dell'87% degli elettori di Forza Italia, Salvini è gradito al 78% della base leghista e la Meloni, grazie al recente exploit di Fdi, raccoglie il favore del 97% dei sostenitori del partito. E questo malgrado le ricostruzioni giornalistiche che vorrebbero una classe dirigente leghista facente capo a Giorgetti e ai governatori alternativa al capitano, i tentativi delle ministre azzurre e dei parlamentari sedotti da Brugnaro di rompere l'asse tra Arcore e via Bellerio e gli ingigantiti mal di pancia della destra romana che Giorgia ha accantonato.

 

 

 

 

 



SPINA NEL FIANCO - La differenza di gradimento interno dipende in gran parte dalle strutture dei partiti. La Lega ha governatori di lungo corso e una classe dirigente ultra-trentennale, quindi l'offerta, e la concorrenza a Salvini, è naturalmente superiore. Il fatto che solo il 22% degli elettori preferirebbe un nuovo segretario è in realtà una grande conferma per Salvini. Berlusconi è il padre-padrone di Forza Italia, tant' è che Tajani ha la carica di vicepresidente, e solo l'età del Cavaliere fa sì che un 10% degli elettori azzurri gradirebbe un cambio. Quanto alla Meloni, fondatrice e dominatrice di Fdi, per di più attualmente benedetta dai sondaggi e sola all'opposizione, anche i suoi più grandi critici all'interno del partito non ritengono possibile, né tantomeno opportuno, sostituirla. E in fondo, da trent' anni a questa parte, il centrodestra è cambiato poco, sia in quanto a leader che a direzione. Sono semplicemente cambiati i pesi e si è persa quella rappresentanza ex democristiana incarnata dai vari Casini, Follini, Cesa; quella che Galli della Loggia e soci rimpiangono ma che hanno sempre criticato e irriso quando c'era, salvo usarla come spina nel fianco di Berlusconi. Sarebbe il caso che la sinistra, anziché auspicare una destra liberale, lavorasse a una rivoluzione democratica al suo interno, che non può esaurirsi nel nome o in una nuova, ennesima leadership. Il centrodestra è liberale, e la sua storia degli ultimi trent' anni lo dimostra. I progressisti sono rimasti come i loro genitori comunisti, settari, giustizialisti, moralisti e anti-liberali, solo con una dozzina di milioni di voti in meno. E, come allora, la sola strategia che hanno è la eliminazione dell'avversario con metodi scorretti e, se capita, anche giudiziariamente disinvolti, quando non oltre la legge.

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