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Bollette, rincari del 40%? Ecco il conto delle politiche ambientaliste: chi sono i responsabili

Fausto Carioti
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C’è un numero che spiega bene la scelleratezza italiana in materia di politica energetica: zero. È il numero dei Paesi industrializzati che per produrre elettricità hanno rinunciato alle centrali atomiche, come ha fatto l’Italia, e nello stesso tempo intendono tagliare l'apporto dei combustibili fossili, come l'Italia si è imposta di fare in ossequio agli obiettivi europei, che impongono di raggiungere la «neutralità climatica» entro il 2050. La ragione è che non si può, contemporaneamente, fare a meno del nucleare, ridurre drasticamente l'uso di gas, petrolio e altri fossili e rimanere una potenza industriale. È impossibile dal punto di vista economico, perché comporta costi insostenibili. Non in un futuro lontano, ma adesso, qui.

Del ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, non si può dire che sia un nostalgico del motore a scoppio e dei fumi neri che escono dalle ciminiere degli opifici. Del resto, a volerlo lì, appena sette mesi fa, era stato Beppe Grillo, e se i Cinque Stelle oggi lo detestano è perché hanno scoperto che l'uomo, a differenza loro, ha studiato, conosce i problemi e dice le cose che vanno dette con responsabilità e realismo. È stato lui, ieri, a rendere ufficiale la brutta notizia che girava da tempo: tra pochi giorni, a partire da ottobre, la bolletta elettrica subirà un aumento che dovrebbe andare «dal 31 al 42%». A farne le spese saranno soprattutto «la competitività industriale» dell'Italia e «le fasce più vulnerabili», dunque le imprese esportatrici e le famiglie a basso reddito. Un rincaro mostruoso che si verifica, ha spiegato Cingolani, «perché il prezzo del gas a livello internazionale aumenta», e la produzione di elettricità italiana si basa al 51% sul gas, e «perché aumenta anche il prezzo della CO2 prodotta». Ossia il costo del diritto ad immettere anidride carbonica nell'atmosfera, che le imprese comprano tramite appositi titoli e sale proprio perché l'Unione europea, allo scopo di ridurre le emissioni, vuole rendere quest' operazione sempre più onerosa.

 

 

 

Il prezzo della politica ambientale promossa dalla Commissione von der Leyen e dal parlamento Ue esce così dall'empireo delle discussioni astratte. A quanto ammonta? Secondo Federconsumatori, che mette nel conto anche il rincaro della bolletta del gas, l'impatto sulle famiglie sarà dia 669,80 euro l'anno. Ed è una cifra che rischia di essere sbagliata per difetto, visto che l'associazione ha previsto un aumento dell'elettricità pari "solo" al 20%, dunque assai inferiore a quello paventato dal ministro. Chi chiede a Mario Draghi di "sterilizzare" almeno una parte dei rincari pure stavolta, come ha già fatto con le bollette del terzo trimestre dell'anno, finge di non sapere che quei soldi da qualche parte della contabilità pubblica debbono comunque uscire. Allora furono 1,2 miliardi di euro, per appena tre mesi e per evitare un balzo dei prezzi assai inferiore a quello che si prospetta adesso; stavolta sarebbero molti di più. Soldi che inevitabilmente verrebbero tolti da altri capitoli di spesa, o arriverebbero da nuove tasse o da ulteriore debito pubblico: da questi vincoli non si sfugge.

 

 

Soluzioni di breve periodo, comunque. Cerotti sulle piaghe di un sistema destinato a collassare, anche perché nei prossimi anni le condizioni esterne peggioreranno. Non ci sono dubbi, ad esempio, sul fatto che il prezzo dei permessi di emissione salirà di molto, proprio a causa della politica europea di "decarbonizzazione". Il primo a sapere che la situazione è insostenibile è Cingolani, il quale, infatti, spinge per non chiudere le porte al nucleare di nuova generazione. Pochi politici affrontano l'argomento, anche perché pochissimi lo masticano, ma le scelte di politica energetica condizionano il tenore di vita degli italiani assai più di altre questioni, su cui i partiti litigano ogni giorno.

Aiutano pure a capire certi fenomeni, come quello che vede il Pd, paladino delle politiche ambientaliste europee, ridotto sempre più al rango di "partito della Ztl". Solo quelli che non hanno patito la crisi degli ultimi anni e possono permettersi di ignorare certi aumenti delle bollette, e magari si sono già comprati l'automobile elettrica, riescono ad accettare simili decisioni. Gli altri cercano rifugio altrove, dove nessuno chiede loro di stringere la cinghia o perdere il posto di lavoro in nome della lotta alla CO2. 

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