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Covid, Wuhan e Bill Gates, Antonio Socci: "Virus letale in laboratorio, chi minaccia l'umanità"

Antonio Socci
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Nei giorni scorsi Bill Gates, fondatore di Microsoft, facendo una donazione per la lotta contro la pandemia di Covid-19, ha giustamente osservato che per il futuro c'è bisogno di garantire a tutti la fornitura di vaccini e occorre predisporre strumenti in grado di circoscrivere subito eventuali focolai: «Nella mia personale lista di obiettivi voglio aggiungere quella di far si che il mondo sia preparato alla prossima pandemia». A questo proposito, secondo le ricostruzioni giornalistiche, Gates ha affermato che il prossimo virus potrebbe essere più letale e più contagioso del Covid. Una previsione che mette i brividi. Anche perché proprio Gates, nel 2015, aveva lanciato un allarme analogo, avvertendo che, dopo Ebola, era necessario che il mondo si preparasse alla prossima epidemia: «Se qualcosa ucciderà più di 10 milioni di persone nei prossimi decenni» aveva detto «non sarà una guerra, ma un virus. Non missili, ma microbi. Perché abbiamo speso cifre enormi in deterrenti nucleari e investito molto poco invece in un sistema che possa fermare un'epidemia. Non siamo pronti». Parole che oggi, dopo due anni di tempesta Covid, appaiono lungimiranti. Dobbiamo credere che Gates sia dotato di doni profetici o abbia accesso a chissà quali segreti? No. Conosceva la situazione che era nota agli addetti ai lavori e ai governanti, ma anche a chiunque avesse approfondito seriamente il problema (pure i media ne avevano parlato). Non erano notizie segrete.

 

 




I COSTI UMANI - L'aumento di epidemie - anche per l'attuale facilità di movimento delle popolazioni - era cosa nota: l'Organizzazione Mondiale della Sanità aveva "censito" 1.483 eventi epidemici, in 172 paesi, solo fra il 2011 e il 2018. Nel settembre 2019 - due mesi prima che in Cina si riconoscessero i primi segni del Covid 19 - il Global Preparedness Monitoring Board, la commissione di esperti istituita da Banca Mondiale e Oms, pubblicava il rapporto annuale, intitolato "Un mondo a rischio", nel quale si metteva in guardia da qualche possibile nuovo virus, analogo a quello dell'influenza spagnola. Vi si calcolavano i costi enormi sia in termini di vite umane (circa 80 milioni di vittime) che di costi economici (si calcolava una riduzione del Pil mondiale del 5 per cento). Il Rapporto avvertiva che il mondo non era preparato ed era urgente prepararsi. Dovevano ascoltare soprattutto i governi che invece non mossero dito. Trovandosi così impotenti, pochi mesi dopo, davanti alla pandemia che era arrivata. Del resto la possibile origine del Covid 19 da un incidente di laboratorio (ancora non si è arrivati a chiarire i fatti) ci fa capire che nuove pandemie possono derivare pure da errori umani e dalla mancanza di efficaci interventi internazionali di regolamentazione. Questa situazione dovrebbe allarmare almeno quanto ci allarmano gli arsenali nucleari. È noto che l'umanità, con armi atomiche che potrebbero distruggere molte volte il nostro pianeta, vive costantemente sull'orlo dell'abisso e che, negli ultimi settant' anni, molte volte si è sfiorato il cataclisma per motivi accidentali. «Pochi fra gli abitanti del pianeta sanno di essere vivi non già per un singolo miracolo, ma per diversi miracoli, mentre l'annientamento atomico stava per materializzarsi a causa di incredibili fraintendimenti, e fu evitato per un soffio», scrive Paolo Barnard in un libro con Steven Quay e Angus Dalgleish, "L'origine del virus" (Chiarelettere), dove però affronta l'altro abisso - poco conosciuto - in cui l'umanità rischia di precipitare.

 

 



VITE APPESE - «È capitato più volte che la vita di milioni di noi» vi si legge «sia stata appesa a errori del tutto umani scaturiti nel contesto di tecnologie di distruzione di massa e ai quali si rimediò per puro caso all'ultimo secondo. Ed è precisamente ciò che non di rado è avvenuto nei laboratori dove si conservano o si manipolano virus pandemici, in particolare nelle istallazioni di ricerca virologica definite Biosafety Level 3 o Level 4, com' è quella di Wuhan. Anche in questi casi fu solo l'elemento fortuito a impedire tragedie globali». Gli autori elencano una serie impressionante di fughe accidentali di virus pericolosi dai laboratori che fortunosamente il caso (ovvero la Provvidenza) ha permesso di circoscrivere per tempo. Secondo Barnard «centoventisei milioni di esseri umani non sanno oggi di vivere nei pressi di un laboratorio di virologia Biosafety Level 4, dove si maneggiano i patogeni più pericolosi del pianeta come Ebola, Vaiolo o l'Aviaria H5N1».

 

 

 



PUBBLICAZIONI - Anche in Europa. Il problema fu posto già con il libro "Cina Covid-19. La chimera che ha cambiato il mondo" (Cantagalli), dal professor Joseph Tritto che, nell'estate 2020, fu tra i primi ad accendere i riflettori sugli esperimenti che si stavano facendo nei laboratori di Wuhan. Tritto spiegava, con molti dettagli, che il problema riguarda non solo la Cina che peraltro «è l'unico grande paese del mondo che ha aderito, ma non ratificato la Convenzione sulle armi biologiche» cosa che «rappresenta un grave problema internazionale per la sicurezza globale». Ma il problema riguarda - secondo Tritto anche altri paesi e laboratori dove si fanno certi tipi di ricerche. C'è un rischio relativo al bioterrorismo e alla possibile fabbricazione di armi per la guerra biologica. E c'è poi il rischio di fughe accidentali di virus (potrebbe essere il caso del Covid 19). «In merito a tante sperimentazioni» scrive Tritto «alcune domande sorgono spontanee: perché vengono eseguite? Qual è il beneficio a fronte del rischio che viene corso? Hanno un'applicazione concreta? Hanno un'importanza rilevante per la salute umana?». Di fatto le regolamentazioni internazionali non sono efficaci e non esiste nemmeno «un accordo tra gli Stati per attribuire un significato univoco ai concetti di Biosafety e Biosecurity». Dopo la tragedia del Covid 19 (tuttora in corso) l'umanità non può continuare a vivere sul crinale dell'abisso. Occorre che anzitutto Onu e Oms, quindi i governi, corrano ai ripari. È necessario che l'opinione pubblica apra gli occhi su questi rischi planetari come a suo tempo accadde per gli arsenali atomici. E occorre che si cominci a far pressione sui governi da parte dei cittadini (e anche da parti di istituzioni come la Chiesa che giustamente da decenni preme per il disarmo e lo smantellamento delle armi nucleari). Se neanche la lezione del Covid 19 ci ha aperto gli occhi, significa che presto vivremo tempi molto cupi.

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