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Alina Kabaeva, non facciamo come i comunisti: perché dovete tenere giù le mani dall'amante di Putin

Alina Kabaeva

Renato Farina
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È giusto colpire l'amante, la fidanzata o moglie segreta del leader nemico? La domanda non è se sia utile o no, ma se obbedisca a un imperativo morale o sia una mascalzonata. La mia risposta è: no, non si fa, non siamo comunisti come quelli che misero al muro Claretta Petacci. La questione riguarda oggi Alina Kabaeva, legata affettivamente a Vladimir Putin dal 2005, al quale ha dato quattro figli. Ne parliamo perché il Wall Street Journal, nella sua prima pagina di ieri, annuncia che gli americani hanno deliberato contro di lei sanzioni durissime, ma ora ci stanno ripensando. Dopo averle elaborate, le hanno congelate: tengono la spada sollevata sulla testa di lei, cioè di Putin, e glielo fanno sapere, perché si rabbonisca. Ehi, bada a quel che fai, Vladimir, con i tuoi missili e il tuo gas: noi abbiamo in pugno la tua bella, ci rivarremo su di lei. Colpisce che il WSJ, espressione dei sentimenti e dei valori delle classi alte di New York e Washington, non sollevi al riguardo interrogativi etici né attribuisca alla Casa Bianca turbamenti di coscienza. Semplicemente la faccenda è riferita nei suoi risvolti pratici, si analizza il rapporto costi-benefici. Non è che lo Zar, se gli toccano l'amata, adotterà qualche misura uguale e contraria contro i leader degli Usa e della Nato?

COME CLARETTA -  Per prudenza è meglio limitarsi a predisporre la ghigliottina per Maria Antonietta, umettarne la lama, sussurrando che la sentenza è sospesa. Ma intanto far sapere che in testa alla lista nera c'è la famiglia dello Zar. Il quale è tutto meno che scemo. Le sanzioni economiche sono soltanto il velo dicibile, dietro il quale c'è il non detto. Traduco: se esageri, caro Vlad, ammazziamo i tuoi cari. Vado troppo in là? Andò più o meno così con Milosevic, quando per via sotterranea minacciò attentati in Europa durante la guerra del Kosovo nel 1999: «Ci sono due milioni di serbi che vivono in Europa, qualcuno disposto a piazzare bombe in un cinema o in uno stadio lo troviamo».

 

 

La risposta fu: siamo in grado di ammazzare i tuoi figli ovunque si trovino. Ma si trattava della risposta a una minaccia esplicita, comunicata attraverso la diplomazia sotterranea dei servizi segreti. Tirare in ballo a freddo Alina, è un'altra storia. Significa radicalizzare ed eternizzare il conflitto.
(C'è un ricordo personale che mi lega a questa storia. Ero parte della delegazione dei parlamentari italiani al Consiglio d'Europa di Strasburgo, tra il 2008 e il 2013. Tra i deputati russi c'era la medaglia d'oro di ginnastica ritmica di Atene 2004. Non sospettavo chi davvero fosse quella bella, leggerissima ragazza, o era un miraggio? Il suo nome risulta cancellato da tutte le parti, il suo curriculum sparito su qualunque sito ufficiale).

Il WSJ si presta al gioco, e lancia la mongolfiera esplosiva sopra il cielo di Mosca. Va bene così?
Causa la data, il 25 aprile, il caso di Alina, se questa donna sia un bersaglio legittimo oppure no, si è imparentato nella mia mente con quello di Claretta Petacci, liquidata dai partigiani senza che nessuno l'avesse condannata il 28 aprile sulle rive occidentali del lago di Como. Neppure oggi è possibile ricostruire con qualche grado di certezza come e perché costei fu uccisa insieme al suo "Ben". Un femminicidio politico della più turpe specie, perché gratuito, ma che nessuna femminista ha mai chiamato così. Mentre è chiarissima la ragione per cui fu appesa a testa in giù a piazzale Loreto: odio, vendetta, ideologia, comunismo, voyeurismo.

 

 

Mi rendo conto. La questione di Alina è secondaria. Rispetto alla morte di cinquantamila tra soldati, civili, e alcune centinaia di bambini, qualcuno potrebbe ritenerla addirittura futile. Non è però un esercizio di distrazione. Ci sono piccole cose, storie minori, che hanno un valore immenso. Dicono infatti qualcosa su chi siamo, riferiscono con il linguaggio dei segni quali siano le colonne sulle quali si regge la civiltà cui apparteniamo.
Paradossalmente, proprio i tempi di guerra, che in sé sono negazione della civiltà, pura "follia", a funzionare come vaglio di ciò che è davvero fondamento della nostra umanità. La civiltà è quella che si esprime quando tutto pare perduto, e tutto sembra legittimo,e l'unico valore sensato appare essere il "si salvi chi può".

BERSAGLIO MOBILE - E allora che importa l'inezia del caso di Alina? Ci sono milioni di Aline e Irine che hanno diritto di precedenza, perché inermi bersagli di missili che sono i soli a considerarle degne di attenzione. Al diavolo, il riguardo per una stupida privilegiata, come di certo è l'amante di un despota che non ha alcun riguardo per i bambini (degli altri) e lascia che muoiono per conquistare la gloria. Invece no. Alina, il modo di considerarla, da parte della coalizione di cui l'Italia fa parte a pieno titolo, misura chi siamo. Che prezzi siamo disposti a pagare per indebolire l'avversario, trattando le persone a lui care come ostaggi sacrificabili, mentre il cuore (cioè la coscienza: ragione e sentimento) ci dice che non si fa. Esistono cose intangibili. Ad esempio la donna del nemico. Nonostante il nichilismo e il cinismo da cui siamo martellati, lo sappiamo: le persone sono persone, non sono mai fagotti di carne e sangue, sacrificabili per ragioni di appartenenza familiare, sentimentale o razziale. Noi non siamo comunisti. E neanche bounty killer del Texas.

(Qualche notizia su Alina Kabaeva, 39 anni. Figlia di un calciatore professionista e di una giocatrice di basket, fu istradata dai genitori a seguire le loro orme sportive. A tre anni inizio con la ginnastica ritmica. Fu ritenuta inadatta. Troppo grassa. Papà e mamma non si arresero, la portarono a Mosca, riuscirono a convincere una preparatrice a prenderla sotto le sue cure. Divenne un fuscello, era meravigliosamente flessibile. Vince titoli mondiali e un'olimpiade. Nel 2005 smise con lo sport, bella e leggera come una piuma, intraprese la carriera di modella. Conobbe Putin. Forse si sono sposati segretamente. Hanno quattro figli. Si pensava fosse a Lugano, ma ieri è riapparsa a Mosca. E ha detto cose odiose in rima con il "suo" Vlad, ma ha avuto il coraggio di pronunciare la parola "guerra").  

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