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Italia, il Paese dei distinguo: c'è la guerra, ma gli intellettuali spaccano il capello in quattro

Corrado Ocone
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Siamo il Paese dei distinguo, fatto per complicare le cose semplici, oppure noi italiani siamo tanto profondi da vedere sfumature che il pensiero rozzo degli altri nemmeno immaginano? È una domanda che sorge spontanea a considerare le divisioni che ha generato l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia nel nostro demi-monde intellettuale, soprattutto a sinistra. 1. La prima posizione è quella di coloro che ribaltano la realtà e, con una specie di "gioco delle tre carte" fanno della Russia il Paese aggredito, o meglio minacciato, e dell'Ucraina, alleata di fatto con Ue e Nato, l'aggressore. Quella di Putin sarebbe quindi una guerra di difesa. Che forse non è vero che l'Occidente si è espanso sempre più ad Oriente e ha come accerchiato, politicamente e militarmente, Mosca? Il presidente dell'Anpi, Gianfranco Pagliarulo, prima che facesse harakiri, suppergiù la pensava così. E in tempi non sospetti aveva già detto che Kiev provocava e che Putin bene avrebbe fatto a «difendersi».

 

 


2. Ci sono poi coloro che sono disposti ad ammettere che l'aggressione è sbagliata ma, in un sussulto di realismo politico, puntano gli occhi sulle forze in campo e dicono che la Russia è tanto più forte che prima o poi vincerà la guerra. Perché allora prolungare l'agonia? Farlo non significa portare sulla coscienza le migliaia e migliaia di morti che ci saranno? Gli ucraini bene farebbero ad arrendersi subito e noi occidentali non dovremmo rifornirli di armi. Alessandro Orsini, con la sua abile dialettica e indubbia "mediaticità", è il rappresentante più significativo di questa corrente. 3. Ci sono poi i "terzisti", quelli del "né né" che non vogliono schierarsi. Ammettiamo pure - è il loro ragionamento - che la Russia abbia compiuto una operazione al di fuori della legalità internazionale, che abbia attentato alla sovranità nazionale di un Paese indipendente, ma che forse gli Stati Uniti e l'Occidente non hanno fatto lo stesso con le invasioni di Iraq e Afghanistan e con le tante guerre che hanno fomentato in mezzo mondo e che hanno ipocritamente chiamato "umanitarie"? 4. C'è poi il partito della pace senza se e senza ma. Per chi lo rappresenta la guerra è sempre un errore e le armi andrebbero deposte o distrutte, anche unilateralmente. In quest' ottica, la non violenza è l'unica risposta plausibile: se si viene attaccati, l'aggressore lo si disarma, almeno "moralmente", semplicemente porgendogli l'altra guancia. Donatella Di Cesare è la campione di questa posizione.

 

 

5. Ci sono poi gli occidentalisti duri e puri, quasi tutti di area Pd, quelli che hanno cambiato completamente idea sulla nostra parte di mondo ma lo fanno con la stessa enfasi e intolleranza di sempre. Per loro non basta dare armi all'Ucraina e mettere su sanzioni mirate verso la Russia. Bisogna fare di più! Roberto Esposito e Nadia Urbinati hanno persino promosso un appello per suffragare questa tesi. 6. C'è anche poi il partito di chi distingue l'Europa dalla Nato, cioè dall'America che è per sua natura imperialista e guerrafondaia. Bei discorsi quelli sulla "difesa europea", ma la verità è che, spesso per i veti ideologici proprio degli antiamericani, oggi l'Europa non ha né una politica comune né soprattutto una autonomia strategica ed energetica. Mi fermo qui, ma potrei continuare. Alla fine a me sembra che, con tutte le contraddizioni e imperfezioni del caso, la linea tenuta dai nostri governi sia, col suo mix di sanzioni alla Russia e aiuti all'Ucraina, con l'attenzione a non superare mai una certa "linea rossa", la migliore possibile. Come sempre, la politica è un mix di idealismo e realismo. Poiché però certe pulsioni radicali sono presenti anche da noi, è meglio essere sempre vigili. E se proprio vogliamo essere critici con noi stessi, l'unica cosa che possiamo recriminare è di essere stati ciechi e imprevidenti per tanti anni. Con più accortezza, lo stato di crisi attuale si poteva prevenire o smorzare per tempo. 

 

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