Cerca
Logo
Cerca
+

De Masi, la teoria estrema del sociologo: "Censura in Russia? Qui è peggio: chi sono i carnefici"

  • a
  • a
  • a

Dal salotto di Myrta Merlino su La7, a L'aria che tira, il sociologo Domenico De Masi lancia l'allarme sulla "nostra" censura. "State attenti, rischiate senza accorgervene di essere carnefici della censura". E spiega: "Voi continuate a dire che in Russia non c'è libertà di stampa ma in Occidente la censura si fa in modo diverso. Quando dite con tanta gioia che in Russia c'è censura io vi dico che qui è peggio, o comunque altrettanto sottile. Se no distruggiamo 40 anni di studi, è un altro modo di censurare".  De Masi ricorda la Scuola di Francoforte che a partire dagli anni sostenne che anche il pensiero è stato ridotto a merce, e in questa prospettiva la riflessione critica perde anzitutto il suo linguaggio, la sua valenza oppositiva, e che la censura diventa superflua: il pensiero individuale non sa più essere contraddittorio, perché totalmente soggiogato dal sistema produttivo di massa. "Poi vennero dietro tutti gli altri che capirono che ci sono modi di censurare: uno come quello della Russia e un altro quello dell'industria culturale. La censura in Occidente", puntualizza il professore, "si fa in modo diverso che in Oriente, ma non è meno cogente, meno costringente. Qui è altrettanto sottile che in Russia".

 

 

Nel corso dell'intervista, Myrta Merlino e Marco Damilano anche lui ospite de L'Aria che Tira, gli fanno notare che qui da noi i giornalisti non rischiano la vita, in Russia sì. "Questa obiezione fu fatta quarant'anni fa a Max Horkheimer (fondatore della Scuola di Francoforte, la scuola postmarxista che ha giocato - e tuttora gioca un ruolo fondamentale nella critica intellettuale ed etica della società capitalistica, ndr) e lui rispose: quel tipo di censura è una censura terribile, ma ha la forza di creare il contrasto, cioè io coraggioso combatto. Invece la nostra censura snerva: lo aveva descritto benissimo Alexis de Tocqueville". Nel suo “Democrazia in America” (1835), il filoso richiama infatti l’attenzione sui pericoli di una vera e propria tirannide della pubblica opinione ai danni delle minoranze e dei dissenzienti. Sostiene, infatti Tocqueville, che mano a mano che i cittadini diventano più uguali e più simili, aumenta la disposizione di ciascuno a identificarsi nella massa e a credere in essa, e quindi il pubblico “viene a godere di un singolare potere: non fa valere le proprie opinioni attraverso la persuasione, ma la impone attraverso una gigantesca pressione dello spirito di tutti sull’intelligenza di ciascuno”. "Bisogna stare attenti", conclude De Masi, "i giornalisti fanno parte dell'ingranaggio e piuttosto che vittime sono carnefici senza accorgersene".  

 

 

Dai blog