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Otto e Mezzo, Travaglio: "Perché per il M5s è un bene perdere", un uomo disperato dalla Gruber

Marco Travaglio

Tommaso Lorenzini
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Mourinho Josè avrebbe etichettato un'operazione simile come «prostituzione intellettuale», ma noi non siamo lo Special One perciò ci limitiamo ad osservare come la perizia di Marco Travaglio nell'usare la penna sia pari alla sua retorica, intesa come arte dell'eloquenza (a volte supercazzola...). Per giustificare lo sprofondo grillino alle elezioni di domenica scorsa, a Otto e Mezzo, il direttore de Il Fatto si è infatti avventurato in una disamina che tecnicamente potremmo definire "arrampicata sugli specchi": «È un bene se M5S non prende voti, significa che gli altri partiti fanno il loro dovere, M5S è nato per supplire alle loro mancanze».

 

 

Straordinario. Dopo decenni di giornate post-voto nelle quali chiunque avesse preso più del 2% si auto-assegnava la vittoria, oggi scopriamo che per i pentastellati è importante perdere, anzi è l'unica cosa che conta. Significa che hanno svolto alla grande il ruolo di cani da guardia del potere, che i politici non rubano più e quindi il cittadino può votare con fiducia qualsiasi partito. Qualsiasi tranne i grillini, che non servono più neanche a loro stessi. A questo punto è chiaro che Giuseppe Conte si ritrovi in stato confusionale, anche dopo aver letto il suo quotidiano di riferimento. Come magnificava proprio Il Fatto (7 giugno), a Palermo nel suo tour elettorale l'ex premier è stato accolto da «bagni di folla e cori». Pensava lo incitassero ad andare avanti, invece lo invitavano a andare a casa. E restarci. 

 

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