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Istat, un milione di indigenti: così l'Italia si è trasformata in un fabbrica di poveri

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Iuri Maria Prado
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Ma che cosa ha prodotto i milioni di poveri registrati dall'Istat? Non ci piove: è stato il neoliberismo selvaggio, il capitalismo senza freni che ha rivoltato come un calzino la Repubblica democratica fondata sul lavoro dell'uno su sei che lavora. E l'andamento venezuelano della nostra economia da dove viene? Idem: colpa della feroce logica del profitto che ha messo nel nulla decenni di sana giustizia redistributiva.

 

 

Ci fosse uno col coraggio di dirla giusta, e cioè che quei poveri esistono e crescono esattamente per effetto delle politiche illiberali e poveriste che compensano la mancanza di produttività con gli espedienti che la determinano: l'amministrazione pubblica trasformata in postificio, il diritto acquisito a lavorare poco, l'occhio chiuso sull'assenteismo e l'invalidità farlocca, il lavoro nero simultaneamente obbligato e criminalizzato, la deportazione di capitali a fondo perduto dalle regioni produttive a quelle che vivacchiano di provvidenze e illegalità, il sistema fiscale costruito come la rete idrica, pieno di buchi, ma che un paio di volte all'anno si scarica come una bomba d'acqua sui pochi che pagano, sempre i soliti, quelli che tirano il carro nella giungla degli scioperi, dei sussidi, dei contributi, dei timbri, delle concessioni, dei permessi centellinati dagli sportelli pubblici chiusi due giorni su tre, degli enti costituiti per l'emolumento degli zii e dei cugini e poi i settecentonovantaquattro ordini professionali, le infinite galassie di albi, comitati, commissioni, autorità, patronati istituiti in nome di Santa Scartoffia e insomma l'immenso porcaio statalista che ci ha portato all'ultimo posto delle economie avanzate. Sono generati da questa bell'Italia, i poveri che in modo crescente la popolano. 

 

 

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