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Vittorio Feltri: "Sono populista e me ne vanto", chi viene asfaltato

Vittorio Feltri
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Mentre in Italia ogni leader politico, da Giuseppe Conte e Luigi Di Maio agli esponenti di destra, si smarca dal populismo, considerato una sorta di vergognoso marchio, dall'altra parte dell'oceano, dal palco della Conferenza dei Conservatori, l'ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump rivendica con veemenza lo spirito populista trasformando quello che ad altri suona come un atto d'accusa in un motivo di orgoglio. Il tycoon, che secondo gli ultimi sondaggi godrebbe quasi del 70% delle preferenze in riferimento alle elezioni di metà mandato del prossimo novembre, dichiara e poi ripete ancora e ancora: «Siamo populisti. Vogliamo essere populisti». Del resto, la trasformazione del termine "populista" in un insulto è operazione di cui è autrice la sinistra mondiale, la quale, versando in piena crisi di contenuti e di idee, ricorre all'arma (a doppio taglio) della demolizione dell'avversario, costantemente denigrato. Certo, dispiace che le forze di destra subiscano così facilmente l'intimidazione ideologica e culturale della sinistra, tanto da rinnegare qualcosa che un pericolo non è: il populismo.

Basti considerare la radice del vocabolo, che è appunto "popolo". E nulla al mondo più del "popolo" è attinente alla democrazia. Demonizzare i populisti equivale al volere ignorare le istanze che giungono dal ventre della società, provare ripugnanza nei confronti della gente, rifiutarsi di porgere l'orecchio verso il basso. Insomma, tutta roba di sinistra. Ritengo che, nel momento in cui i progressisti vanno all'attacco degli antagonisti tacciandoli di abbracciare il populismo, questi debbano adottare il medesimo comportamento di Trump e proclamare con fierezza: «Sì, proprio così, noi siamo populisti. Noi vogliamo essere populisti».

 

 

 

Nei vocabolari si legge che il populismo è una esaltazione del popolo, visto come depositario di valori. Senza dubbio il popolo non è peggiore di questa classe politica rossa, la quale ha dimostrato di avere a cuore soltanto la poltrona, tanto è vero che da settimane non ci occupiamo che degli inciuci tra Pd e Azione, tra Pd e Sinistra Italiana e Verdi, tra Pd e partito di Luigi Di Maio. Leggo ogni giorno prime pagine dove i titoli di apertura riguardano costantemente Letta e Calenda. Non se ne può più. Circa il programma politico nessun chiarimento. Di fatto ci è dato sapere solamente che l'obiettivo della sinistra è battere la destra-destra, così la chiamano.

 

 

 

Per me il contrario di populismo è elitarismo, che consiste nella tendenza di una minoranza a difendere, curare e salvaguardare unicamente i propri interessi, spesso a danno appunto del popolo. Bene. Chiarito questo, siamo davvero sicuri che rappresenti una ignominia l'essere definiti populisti poiché ci si presta ad essere voce del popolo? O forse non è molto più esecrabile essere voce di una élite parassitaria, pigra, viziosa, ipocrita, litigiosa, incoerente, piena zeppa di contraddizioni stridenti, attaccata con le unghie e con i denti alla cosa pubblica, una cosa pubblica da cui si cerca costantemente di usurpare il suo legittimo titolare, il popolo sovrano? Sì, sono populista anche io. E me ne vanto.

 

 

 

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